MOLFETTA - Finiscono di nuovo nel mirino della Guardia di Finanza i lavori di messa in sicurezza del nuovo porto commerciale di Molfetta. Stamani le Fiamme gialle, coadiuvate da personale del I Gruppo Bari e dal Reparto Operativo Aeronavale del capoluogo, hanno dato esecuzione, nelle province di Bari e Barletta-Andria-Trani, a misure cautelari nei confronti del rappresentante legale della società fornitrice di materiale lapideo, Giuseppe Dell’Erba. L’uomo è stato posto agli arresti domiciliari. Sospesi invece il direttore operativo dell’ufficio della direzione dei lavori, Giuseppe Loliva, e un dirigente dell’Ente locale responsabile del procedimento, Alessandro Binetti, che non potranno esercitare pubblici uffici e servizi insieme al divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale per il tempo massimo consentito dalla legge.
Nei confronti di due società , quella fornitrice e subappaltatrice del materiale, e al rappresentante legale di una di esse è stato disposto il sequestro del profitto dei reati contestati, quantificato complessivamente in 250mila euro tra beni e disponibilità finanziarie, insieme al sequestro impeditivo delle aziende e delle quote societarie delle società il cui attivo patrimoniale complessivo è stato stimato in circa 10 milioni di euro.
Il provvedimento rappresenta l’epilogo di una complessa ed articolata indagine di polizia giudiziaria, condotta dalla Compagnia di Molfetta, avviata nell’ottobre del 2021, attraverso l’esecuzione di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni telefoniche, l’installazione di numerose telecamere e l’analisi della copiosa documentazione acquisita, acquisita presso il cantiere nel febbraio 2022. L’inchiesta avrebbe messo in luce “un collaudato sistema di frode”, spiega la Guardia di Finanza, nell’ambito dell’opera di completamento del molo di sopraflutto, ovvero una “diga a gettata per proteggere il bacino portuale, consistente nella posa di più strati in blocchi, naturali o artificiali”, per cui i “materiali richiesti dovevano essere chimicamente inalterabili e meccanicamente resistenti, compatti e con un elevato peso specifico, come desumibile dal Capitolato Speciale di Appalto ed era prevista la fornitura e posa in opera di circa 106 tonnellate di materiale da cava, dei quali circa il 60% costituito da tout venant necessario per la costruzione del nucleo e il restante 40% da massi in scogliera”.
I reati contestati sono frode nelle pubbliche forniture, truffa, gestione illecita di rifiuti. Numerosi gli elementi di prova acquisiti che hanno finora consentito di ritenere le operazioni di carico dei materiali, sui camion e il loro conferimento all’interno del cantiere del nuovo porto, non conformi. Così come, ulteriore conferma è stata acquisita dalle conversazioni telefoniche intercettate. Ulteriori frasi indiziarie sono state captate al momento dell’accesso al cantiere da parte dei finanzieri. In particolare, mentre era in corso l’acquisizione documentale della Guardia di Finanza, gli indagati si sarebbero adoperati, fattivamente, per cercare di nascondere le prove che potevano condurre alle loro responsabilità .
Nei confronti di due società , quella fornitrice e subappaltatrice del materiale, e al rappresentante legale di una di esse è stato disposto il sequestro del profitto dei reati contestati, quantificato complessivamente in 250mila euro tra beni e disponibilità finanziarie, insieme al sequestro impeditivo delle aziende e delle quote societarie delle società il cui attivo patrimoniale complessivo è stato stimato in circa 10 milioni di euro.
Il provvedimento rappresenta l’epilogo di una complessa ed articolata indagine di polizia giudiziaria, condotta dalla Compagnia di Molfetta, avviata nell’ottobre del 2021, attraverso l’esecuzione di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni telefoniche, l’installazione di numerose telecamere e l’analisi della copiosa documentazione acquisita, acquisita presso il cantiere nel febbraio 2022. L’inchiesta avrebbe messo in luce “un collaudato sistema di frode”, spiega la Guardia di Finanza, nell’ambito dell’opera di completamento del molo di sopraflutto, ovvero una “diga a gettata per proteggere il bacino portuale, consistente nella posa di più strati in blocchi, naturali o artificiali”, per cui i “materiali richiesti dovevano essere chimicamente inalterabili e meccanicamente resistenti, compatti e con un elevato peso specifico, come desumibile dal Capitolato Speciale di Appalto ed era prevista la fornitura e posa in opera di circa 106 tonnellate di materiale da cava, dei quali circa il 60% costituito da tout venant necessario per la costruzione del nucleo e il restante 40% da massi in scogliera”.
I reati contestati sono frode nelle pubbliche forniture, truffa, gestione illecita di rifiuti. Numerosi gli elementi di prova acquisiti che hanno finora consentito di ritenere le operazioni di carico dei materiali, sui camion e il loro conferimento all’interno del cantiere del nuovo porto, non conformi. Così come, ulteriore conferma è stata acquisita dalle conversazioni telefoniche intercettate. Ulteriori frasi indiziarie sono state captate al momento dell’accesso al cantiere da parte dei finanzieri. In particolare, mentre era in corso l’acquisizione documentale della Guardia di Finanza, gli indagati si sarebbero adoperati, fattivamente, per cercare di nascondere le prove che potevano condurre alle loro responsabilità .
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