LIVALCA - «Raccontare la storia dell’olivo è come raccontare la storia dell’uomo e
del Mediterraneo che per secoli ne è stata la culla. Subito dopo il I° millennio l’olivo
è già affermato come simbolo di pace (occorre una stabilità politica per coltivare una
pianta che dona frutti solo dopo molti anni) e di conoscenza, soprattutto in materia
religiosa come confermano le menzioni del Vecchio e del Nuovo Testamento: dal
volo della colomba di Noè alle meditazioni nell’orto di Getsemani il cui nome,
peraltro, significa frantoio, luogo dove si ricava l’olio» questo scriveva Giuseppe
Marcario - Presidente dell’Associazione Volontaria Provinciale Produttori Olivicoli -
nel 2002 come presentazione ad una pubblicazione dal titolo “Olio extravergine di
oliva, ricchezza della Terra di Bari” curata da Raffaele Valentini e Luciano Sechi
(Levante-Bari su progetto grafico di Pagina).
All’epoca quando Luciano mi parlò dell’operazione ero convinto di poter inserire poesie dedicate all’olivo: avevo selezionato tre poesie brevi di Federico Garcia Lorca, Eugenio Montale e di un caro amico, i cui versi erano stati scritti su mia richiesta. Le cose poi andarono diversamente perché ci fu portato il progetto pronto per la stampa. Al mio amico restituii la poesia e, alla mia telefonata di ieri, in cui chiedevo se volesse pubblicarla… ha risposto: “… divorata dalla Xylella”.
La sua battuta - dando per scontato lo fosse - mi costringe a precisare che il batterio della xylella, questa la versione ufficiale, probabilmente è giunto da noi nel 2008, ospitato in una piantina di caffè di provenienza dalla Costa Rica; comunque dal 2013 il batterio è diventato oggetto di studio, con relative cure e azioni messe in atto per debellarlo, sempre con alterni risultati.
In seguito all’articolo pubblicato su questo giornale il 29 ottobre c.a. dal titolo «Gli Olivi e Oleastri di Manlio Chieppa» (l’opera che vedete riprodotta della serie CHIANCALUNA è stata estratta dal catalogo pubblicato da ADDA Editore a ottobre 2023) molti hanno contattato la redazione per sapere perché olivi e non ulivi: la dizione esatta è olivi, ma ulivi non è errata, anche se meno adoperata. Pare che in Toscana, e parte della Liguria, sia più frequente ulivi, anche se devo, come vi dimostrerò fra poco, constatare che nella sempre per me magnifica Conversano vi è un medico-poeta che opta per ulivi.
Cielo azzurro
Campo giallo
Monte azzurro
Campo giallo
Per la pianura deserta
Sta camminando un olivo
Un solo
Olivo FEDERICO GARCIA LORCA
Lorca - nato nel 1898 a Fuente Vaquero-Granada da una famiglia agiata - poeta e drammaturgo venne fucilato, a soli 38 anni, a Granada (VÃzna) durante la guerra civile spagnola (1936-39): aveva raggiunto la notorietà nel 1928 con «Romancero gitano» a tal punto che fu nominato ministro della Pubblica Istruzione dal Governo Repubblicano. Va ricordato che Lorca prese parte, insieme ad altri scrittori noti come «Generazione del ’27», alle manifestazioni promosse dall’Università di Siviglia per il terzo centenario della morte del poeta Luis de Gongora, il sacerdote famoso per le 62 ottave che compongono l’opera “Polifemo”.
Pure colline chiudevano d’intorno
marina e case; ulivi le vestivano
qua e là disseminati come greggi,
o tenui come il fumo di un casale
che veleggi
la faccia candente del cielo.
Tra macchie di vigneti e di pinete,
petraie si scorgevano
calve e gibbosi dorsi
di collinette: un uomo
che là passasse ritto s’un muletto
nell’azzurro lavato era stampato
per sempre - e nel ricordo EUGENIO MONTALE
Montale - Genova 1896, Milano 1981 - nominato senatore a vita nel 1967 e vincitore del premio Nobel nel 1975, viene ricordato come il poeta degli «Ossi di seppia»: quei versi scabri, forse irregolari, essenziali erano fedele testimonianza di una terra che perdeva sicurezza e l’essere umano avvertiva perplessità per un futuro che si preannunciava inquietante, anzi tragico. Anche in questo caso, alla luce degli sviluppi che l’umanità sta ‘coltivando’ negli ultimi due lustri, molti ‘opinionisti’ - Papa Francesco compreso - paventano una Terza Guerra Mondiale per cui, chi scrive, si ostina a ripetere una frase del parigino Baudelaire: «Il mondo è composto da gente che non può pensare, se non in comune» che riassume una corretta esigenza cui tutti i Paesi dovrebbero sottomettersi con sano spirito di sacrificio. La vita è fatta di piccoli episodi, spesso ‘frutto’ di ricordi: quando Luciano Sechi mi chiese nel 2002 perché avessi scelto quella poesia di Montale risposi con sincerità : ero rimasto folgorato-ammaliato da quel verso che per me rappresentava la poesia di una vita intera “nell’azzurro lavato era stampato per sempre”… ancora non prevedevo, in vita mio padre, l’imminente “Acta est fabula”.
Di Montale vi è una frase: «La poesia è come la musica: uno sfogo individuale che per alcuni diventa anche un beneficio, una confessione» che può aiutare a capire perché il piacere di vivere nasce dalla ripetizione di certi gesti e di certe abitudini come affermava il poeta che dopo aver pubblicato la raccolta di versi «Occasioni», nel 1956 diede vita a «La bufera». Forse prevedendo quella piccola passeggera ‘bufera’ che dopo la sua morte lo vide involontario protagonista in una civile contesa. Montale nel 1968 entrò in amicizia con un’artista milanese, poetessa e pittrice, di nome Annalisa Cima di 27 anni, mentre lui andava per i 72. Il rapporto è durato fino alla morte del poeta avvenuta a Milano nel 1985. Montale era vedovo dal 1963 della scrittrice Drusilla Tanzi, la cui sorella Lidia sarà la mamma di Natalia Ginzburg. Montale tra le sue disposizioni testamentarie lasciò ad Annalisa Cima l’incarico di pubblicare, trascorsi cinque anni dalla sua morte, le 84 poesie inedite composte tra il 1969-79: la qual cosa avvenne con il titolo di «Diario postumo». Ci fu qualcuno, come Dante Isella, che avanzò dubbi sull’autenticità della fonte, mentre Rosanna Bettarini e Maria Corti avallarono il tutto. Nel 2019 è scomparsa la signora Cima.
Mentre stavo pensando di inserire dei versi di Grazia Stella Elia, la poetessa degli olivi di Trinitapoli, ho trovato una mail del 24 ottobre 2023 di Angelo Ramunni, medico-poeta di Conversano, con la scritta testo corretto: in sostanza Angelo mi avvisava che il nuovo testo sostituiva il precedente per la serie ‘un verso può sempre essere ‘aggiornato’. Letta, forse riletta, la composizione la mia attenzione è stata catturata da “… quei maestosi ulivi/secolari che dispiegano…”.
Tempo fa feci presente a Ramunni che ero in sintonia con le poesie brevi ed elogiai «Tratti fuggenti»: “Vorremmo tanto ripercorrere,/ come fotogramma,/ tratti fuggenti/ della nostra storia/ istante dopo istante./ Attimi vissuti/ nella speranza/ di ciò che sarebbe stato,/ renderebbero ancora più straordinario,/ il viverli ancora”.
Per tutta risposta lui ora invia liriche molto lunghe: carissimo Angelo ho dovuto scartare una poesia sublime di Pablo Neruda, in cui descriveva degli ulivi di Anacapri e di Chacabuco in Cile, per la lunghezza non comune… ti prego resta più tempo in compagnia degli ulivi (Ramunni come Montale e Neruda propende per il termine ulivi) della tua terra in agro dell’antica Norba: da loro potrai attingere, in compagnia di Livalca, che il silenzio è il primo messaggio dei portatori di PACE, quella pace che lo storico padovano Tito Livio, morto nel 17 dopo Cristo, ben 2000 anni fa affermava “che una pace certa era più sicura di una sperata”.
Lo scorso mese mi sono fatto accompagnare a Castellana, per effettuare una risonanza nucleare magnetica aperta, e ho chiesto gentilmente di passare da Conversano per far fermare la macchina davanti al «Crescamus in illo per omnia» vivo nel mio ricordo: ho rivisto, anno 1969, il professore Fantasia che voleva presentarmi mons. Luigi Gallo e l’insigne intellettuale rispondere: “Conosco Gianni”.
Nel 1988 ricordai al preside, presidente e assessore l’accaduto: l’occasione fu la pubblicazione del libro «I racconti della prigionia», un testo che andrebbe letto da nonni, genitori e figli perché gli esempi di vita vissuta, diversi da quelli solo raccontati, valgono più di ogni pur lodevole esempio.
Ritengo che il libro di carta sia come un frantoio: benedetto colui che sa piantare olivi, nel tempo, con lavoro e fatica, raccoglierà le olive; onore a chi stamperà libri - anche con il digitale - perché una piccola lieve (come il girare una pagina di un testo) gratificazione arriverà , nel tempo, da colui che verrà in possesso del libro. Pensare che la ormai famosa xylella abbia attaccato gli olivi, per insidiare il frantoio- tipografia di un tempo, serve solo ad innestare polemiche inutili: il futuro on-line andrà avanti, ma olive e libri saranno sempre presenti sulla tavola del terzo millennio.
BAGLIORE ARGENTEO
Una valigia,
un treno,
una speranza nel cuore,
un correre verso la stazione,
in una nuvolosa
prima mattina
d'autunno inoltrato.
Capelli al vento,
gocce di pioggia
che rigano, provvidenzialmente,
un viso,
celando qualche lacrima,
ma non c'è il tempo
per fermarsi
un solo attimo.
E si sale in carrozza,
tra valige,
studenti, libri,
voci, pendolari,
anziani,
coppie in vana ricerca
di un angolo riservato...
Poi, la decisione di non correre
a cercar posto in carrozza,
ma di restare lì,
in piedi,
nello stesso spazio
di entrata,
per continuare ad osservare,
dal vetro della porta,
quei maestosi ulivi
secolari che si dispiegano,
da sempre,
nella amata campagna barese...
Immagine destinata
a restare indelebile
nella propria anima.
Ma ecco che il maestrale,
concordandosi all'unisono,
con un fascio di luce,
riuscito a farsi spazio
tra le nuvole,
muove,
improvvisamente,
quelle fronde,
in un istante di infinito,
virando
il loro verde scuro
in un bagliore argenteo.
Sotto la chioma
dai fitti rami ondeggianti,
restano, immobili,
gli antichi tronchi
dai crespi tratti,
da lineari a nodosi,
contorti
dai secoli,
come per mimare il saluto
di mia madre
e promettere
la loro presenza,
in quello stesso luogo,
al mio ritorno!
Angelo Ramunni, 24 ottobre 2023.
All’epoca quando Luciano mi parlò dell’operazione ero convinto di poter inserire poesie dedicate all’olivo: avevo selezionato tre poesie brevi di Federico Garcia Lorca, Eugenio Montale e di un caro amico, i cui versi erano stati scritti su mia richiesta. Le cose poi andarono diversamente perché ci fu portato il progetto pronto per la stampa. Al mio amico restituii la poesia e, alla mia telefonata di ieri, in cui chiedevo se volesse pubblicarla… ha risposto: “… divorata dalla Xylella”.
La sua battuta - dando per scontato lo fosse - mi costringe a precisare che il batterio della xylella, questa la versione ufficiale, probabilmente è giunto da noi nel 2008, ospitato in una piantina di caffè di provenienza dalla Costa Rica; comunque dal 2013 il batterio è diventato oggetto di studio, con relative cure e azioni messe in atto per debellarlo, sempre con alterni risultati.
In seguito all’articolo pubblicato su questo giornale il 29 ottobre c.a. dal titolo «Gli Olivi e Oleastri di Manlio Chieppa» (l’opera che vedete riprodotta della serie CHIANCALUNA è stata estratta dal catalogo pubblicato da ADDA Editore a ottobre 2023) molti hanno contattato la redazione per sapere perché olivi e non ulivi: la dizione esatta è olivi, ma ulivi non è errata, anche se meno adoperata. Pare che in Toscana, e parte della Liguria, sia più frequente ulivi, anche se devo, come vi dimostrerò fra poco, constatare che nella sempre per me magnifica Conversano vi è un medico-poeta che opta per ulivi.
Cielo azzurro
Campo giallo
Monte azzurro
Campo giallo
Per la pianura deserta
Sta camminando un olivo
Un solo
Olivo FEDERICO GARCIA LORCA
Lorca - nato nel 1898 a Fuente Vaquero-Granada da una famiglia agiata - poeta e drammaturgo venne fucilato, a soli 38 anni, a Granada (VÃzna) durante la guerra civile spagnola (1936-39): aveva raggiunto la notorietà nel 1928 con «Romancero gitano» a tal punto che fu nominato ministro della Pubblica Istruzione dal Governo Repubblicano. Va ricordato che Lorca prese parte, insieme ad altri scrittori noti come «Generazione del ’27», alle manifestazioni promosse dall’Università di Siviglia per il terzo centenario della morte del poeta Luis de Gongora, il sacerdote famoso per le 62 ottave che compongono l’opera “Polifemo”.
Pure colline chiudevano d’intorno
marina e case; ulivi le vestivano
qua e là disseminati come greggi,
o tenui come il fumo di un casale
che veleggi
la faccia candente del cielo.
Tra macchie di vigneti e di pinete,
petraie si scorgevano
calve e gibbosi dorsi
di collinette: un uomo
che là passasse ritto s’un muletto
nell’azzurro lavato era stampato
per sempre - e nel ricordo EUGENIO MONTALE
Montale - Genova 1896, Milano 1981 - nominato senatore a vita nel 1967 e vincitore del premio Nobel nel 1975, viene ricordato come il poeta degli «Ossi di seppia»: quei versi scabri, forse irregolari, essenziali erano fedele testimonianza di una terra che perdeva sicurezza e l’essere umano avvertiva perplessità per un futuro che si preannunciava inquietante, anzi tragico. Anche in questo caso, alla luce degli sviluppi che l’umanità sta ‘coltivando’ negli ultimi due lustri, molti ‘opinionisti’ - Papa Francesco compreso - paventano una Terza Guerra Mondiale per cui, chi scrive, si ostina a ripetere una frase del parigino Baudelaire: «Il mondo è composto da gente che non può pensare, se non in comune» che riassume una corretta esigenza cui tutti i Paesi dovrebbero sottomettersi con sano spirito di sacrificio. La vita è fatta di piccoli episodi, spesso ‘frutto’ di ricordi: quando Luciano Sechi mi chiese nel 2002 perché avessi scelto quella poesia di Montale risposi con sincerità : ero rimasto folgorato-ammaliato da quel verso che per me rappresentava la poesia di una vita intera “nell’azzurro lavato era stampato per sempre”… ancora non prevedevo, in vita mio padre, l’imminente “Acta est fabula”.
Di Montale vi è una frase: «La poesia è come la musica: uno sfogo individuale che per alcuni diventa anche un beneficio, una confessione» che può aiutare a capire perché il piacere di vivere nasce dalla ripetizione di certi gesti e di certe abitudini come affermava il poeta che dopo aver pubblicato la raccolta di versi «Occasioni», nel 1956 diede vita a «La bufera». Forse prevedendo quella piccola passeggera ‘bufera’ che dopo la sua morte lo vide involontario protagonista in una civile contesa. Montale nel 1968 entrò in amicizia con un’artista milanese, poetessa e pittrice, di nome Annalisa Cima di 27 anni, mentre lui andava per i 72. Il rapporto è durato fino alla morte del poeta avvenuta a Milano nel 1985. Montale era vedovo dal 1963 della scrittrice Drusilla Tanzi, la cui sorella Lidia sarà la mamma di Natalia Ginzburg. Montale tra le sue disposizioni testamentarie lasciò ad Annalisa Cima l’incarico di pubblicare, trascorsi cinque anni dalla sua morte, le 84 poesie inedite composte tra il 1969-79: la qual cosa avvenne con il titolo di «Diario postumo». Ci fu qualcuno, come Dante Isella, che avanzò dubbi sull’autenticità della fonte, mentre Rosanna Bettarini e Maria Corti avallarono il tutto. Nel 2019 è scomparsa la signora Cima.
Mentre stavo pensando di inserire dei versi di Grazia Stella Elia, la poetessa degli olivi di Trinitapoli, ho trovato una mail del 24 ottobre 2023 di Angelo Ramunni, medico-poeta di Conversano, con la scritta testo corretto: in sostanza Angelo mi avvisava che il nuovo testo sostituiva il precedente per la serie ‘un verso può sempre essere ‘aggiornato’. Letta, forse riletta, la composizione la mia attenzione è stata catturata da “… quei maestosi ulivi/secolari che dispiegano…”.
Tempo fa feci presente a Ramunni che ero in sintonia con le poesie brevi ed elogiai «Tratti fuggenti»: “Vorremmo tanto ripercorrere,/ come fotogramma,/ tratti fuggenti/ della nostra storia/ istante dopo istante./ Attimi vissuti/ nella speranza/ di ciò che sarebbe stato,/ renderebbero ancora più straordinario,/ il viverli ancora”.
Per tutta risposta lui ora invia liriche molto lunghe: carissimo Angelo ho dovuto scartare una poesia sublime di Pablo Neruda, in cui descriveva degli ulivi di Anacapri e di Chacabuco in Cile, per la lunghezza non comune… ti prego resta più tempo in compagnia degli ulivi (Ramunni come Montale e Neruda propende per il termine ulivi) della tua terra in agro dell’antica Norba: da loro potrai attingere, in compagnia di Livalca, che il silenzio è il primo messaggio dei portatori di PACE, quella pace che lo storico padovano Tito Livio, morto nel 17 dopo Cristo, ben 2000 anni fa affermava “che una pace certa era più sicura di una sperata”.
Lo scorso mese mi sono fatto accompagnare a Castellana, per effettuare una risonanza nucleare magnetica aperta, e ho chiesto gentilmente di passare da Conversano per far fermare la macchina davanti al «Crescamus in illo per omnia» vivo nel mio ricordo: ho rivisto, anno 1969, il professore Fantasia che voleva presentarmi mons. Luigi Gallo e l’insigne intellettuale rispondere: “Conosco Gianni”.
Nel 1988 ricordai al preside, presidente e assessore l’accaduto: l’occasione fu la pubblicazione del libro «I racconti della prigionia», un testo che andrebbe letto da nonni, genitori e figli perché gli esempi di vita vissuta, diversi da quelli solo raccontati, valgono più di ogni pur lodevole esempio.
Ritengo che il libro di carta sia come un frantoio: benedetto colui che sa piantare olivi, nel tempo, con lavoro e fatica, raccoglierà le olive; onore a chi stamperà libri - anche con il digitale - perché una piccola lieve (come il girare una pagina di un testo) gratificazione arriverà , nel tempo, da colui che verrà in possesso del libro. Pensare che la ormai famosa xylella abbia attaccato gli olivi, per insidiare il frantoio- tipografia di un tempo, serve solo ad innestare polemiche inutili: il futuro on-line andrà avanti, ma olive e libri saranno sempre presenti sulla tavola del terzo millennio.
BAGLIORE ARGENTEO
Una valigia,
un treno,
una speranza nel cuore,
un correre verso la stazione,
in una nuvolosa
prima mattina
d'autunno inoltrato.
Capelli al vento,
gocce di pioggia
che rigano, provvidenzialmente,
un viso,
celando qualche lacrima,
ma non c'è il tempo
per fermarsi
un solo attimo.
E si sale in carrozza,
tra valige,
studenti, libri,
voci, pendolari,
anziani,
coppie in vana ricerca
di un angolo riservato...
Poi, la decisione di non correre
a cercar posto in carrozza,
ma di restare lì,
in piedi,
nello stesso spazio
di entrata,
per continuare ad osservare,
dal vetro della porta,
quei maestosi ulivi
secolari che si dispiegano,
da sempre,
nella amata campagna barese...
Immagine destinata
a restare indelebile
nella propria anima.
Ma ecco che il maestrale,
concordandosi all'unisono,
con un fascio di luce,
riuscito a farsi spazio
tra le nuvole,
muove,
improvvisamente,
quelle fronde,
in un istante di infinito,
virando
il loro verde scuro
in un bagliore argenteo.
Sotto la chioma
dai fitti rami ondeggianti,
restano, immobili,
gli antichi tronchi
dai crespi tratti,
da lineari a nodosi,
contorti
dai secoli,
come per mimare il saluto
di mia madre
e promettere
la loro presenza,
in quello stesso luogo,
al mio ritorno!
Angelo Ramunni, 24 ottobre 2023.