Eziolino Capuano (intervista): 'In questo calcio malato cerco ancora di portare avanti dei principi'


NICOLA RICCHITELLI
– L’ospite di quest’oggi lo introduciamo giusto per formalità ma non ha bisogno di presentazioni. Si è raccontato in un interessante libro autobiografico “Il mondo di Eziolino. Un Mister a modo suo…” che vi invitiamo a leggere, con un'interessantissima prefazione dell’ex attaccante di Sampdoria e Roma, Vincenzo Montella – oggi allenatore della Turchia – ma si è molto speso raccontandosi in risposte alle nostre domande.

Forse è l’ultimo argine e anche l’ultima speranza ad un calcio sempre più marci e malato, oggi tutti ne riconosciamo il valore e noi tutti amanti di questo sport ne custodiamo il prezioso insegnamento.

E allora grazie Mister di esistere, grazie per quello che sei stato, per quello che sei e per quello che sempre sarà… con Taranto sogna la Puglia sportiva tutta, sulle pagine del nostro giornale quest’oggi l’allenatore del Taranto, l’immenso Eziolino Capuano.

Mister, oggi in tanti sembrano scoprire la persona di Eziolino Capuano. Che spiegazione si è data?

R: «Tra i tanti allenatori che albergano il calcio italiano, penso di essere colui che tra i professionisti allena da più tempo, e questo lo ribadisco ancora una volta. Probabilmente è questo ingrandimento del personaggio a me inconscio ha fatto sì che il valore del tecnico, il valore della persona, il valore del professionista, sia passato non in primo piano ma in secondo piano. Essere diventato il personaggio Capuano a me non ha fatto tanto piacere, lo dico con grande onestà. Ho sempre cercato di lavorare 24 ore al giorno solo ed esclusivamente in funzione della città che ho rappresentato e che alleno, questo da 34 anni a questa parte in maniera interrotta. Lo ribadisco per l'ennesima volta. Probabilmente il valore dell'uomo ha superato di gran lunga il valore tecnico».

Tutte partì da quell’audio registrato in un dopo partita ad Arezzo…

R: «Ogni volto che mi risento mi vergogno, lì subentra il mio gemello scemo. Però quella è una cosa che io faccio all'interno dello spogliatoio…è il mio modo di vivere la partita».

Quel modo di vivere il calcio è essenza, a me succedeva anche peggio quando perdevamo male una partita…

R: «Infatti quel giocatore ha smesso di giocare a calcio, quello fu un tradimento. Ricordate sempre che un allenatore ha famiglia, si gioca il posto di lavoro, ha delle responsabilità illimitate, può essere mai sbeffeggiato da un moccioso? Fatemi capire…In quel momento stavo spronando una squadra che aveva fatto malissimo in una partita amichevole, il mio compito era dare stimoli in vista della partita della domenica e debbo pensare che uno può registrare, quindi non è degno ed è irrispettoso e non può stare nel mondo dello sport».

In una gara del campionato Giovanissimi – avevo 15 anni - mi guadagnai un'espulsione in maniera gratuita… non mi andava di giocare la domenica successiva, ricordo il mio mister rincorrermi per tutto il campo.

R: «Infatti sono l'unico allenatore forse in Europa che porta gli squalificati insieme proprio per non dare l'alibi circa i calcoli sulle ammonizioni. Io penso di essere uno che nel calcio ha portato e in questo calcio malato attuale, in questo calcio falso cerca ancora di portare avanti dei principi... Ecco perché in tanti se ne sono accorti in questo momento, io tifoso di una squadra che vivo il sentimento alto della squadra, vivo in funzione del risultato. Io presidente e tifoso vorrei avere sempre Capuano allenatore, a prescindere se è bravo o non è bravo».

Con lei oggi Taranto è tornata a sognare. Quanto la inorgoglisce la cosa?

R: «Taranto è giusto che sogni, ma noi dobbiamo rimanere con i piedi per terra. Con Massimo Giove abbiamo fatto un capolavoro per quello che abbiamo speso, per quello che abbiamo investito e per quello che abbiamo programmato. Dove è il mio più grande successo? Quello di aver ridato senso di appartenenza ai tarantini, alla propria squadra. Io quando sono arrivato c'erano 300 persone allo stadio. Oggi abbiamo una media di 9000, spettatori. Oggi si parla del Taranto. Questo è un successo che non me lo toglierà mai nessuno. Questo è il mio orgoglio a prescindere dai risultati. Sul campo stiamo andando ben oltre quelle che erano le aspettative perché noi abbiamo creato un progetto triennale spendendo 1/10 di quello che hanno speso le altre squadre, sapendo che noi non dobbiamo fare voli pindarici, sapendo che il nostro obiettivo è il mantenimento della categoria, cercando di entrare nei playoff al primo anno. Se questo dovesse accadere abbiamo fatto un capolavoro. Al momento è un capolavoro, però è ancora presto per poter parlare».

A Taranto ci è tornato dopo vent’anni dalla prima esperienza, che città ha ritrovato?

R:« Taranto è cambiata come sono cambiate tutte le città. Ha attraversato tanti anni bui che non meritava… Perché il Taranto ha fatto sempre la D? Ci sono state delle gestioni scellerate da parte di tutti perché una città come Taranto non si sveglia la mattina e porta 10.000 persone allo stadio? Perché arrivano questi 10.000 oggi? Perché hanno vissuto anni di nefandezze, hanno vissuto gli anni brutti, hanno vissuto anni bui. Quindi oggi la città ha riscoperto l'amore verso la squadra e noi lo abbiamo fatto attraverso un lavoro quotidiano, non dormendo la notte, non mangiando, non andando in crociera, non facendo un giorno di vacanza. Oggi ci godiamo questo momento lo ripeto fino all'inverosimile, senza fare nessun volo pindarico, perché il nostro obiettivo è quello di mantenere la categoria, di andare nei play off senza porci dei limiti. Ma il nostro è un viaggio iniziato a luglio, dopo che avevamo fatto un capolavoro l'anno scorso, salvando una squadra, addirittura portandola nella griglia playoff dove siamo usciti per un gol. Ma è normale che viviamo questo entusiasmo e questo ci fa piacere e ci inorgoglisce e vogliamo far sì che questo entusiasmo accresca sempre».

Come spesso è accaduto nella sua carriera a Taranto ci è arrivato per aggiustare un qualcosa nato storto…

R: «Drammatica direi…I fatti non mentono mai e la storia non la si cancella. Io sono arrivato in un momento drammatico dove tutti mi dicevano dove vai? Tanto non arrivano ottobre…tanto la squadra è retrocessa. Quella voglia di riprendermi, quella piazza dopo 21 anni che mi fu scippata, mandato via a un punto dall'Ascoli e ha fatto sì che crescesse in me delle responsabilità, ci sono stati stimoli, c’è stata adrenalina. Sono arrivato attraverso un lavoro col mio staff, abbiamo fatto un capolavoro l'anno scorso, perché poi i fatti dicono che tutti quei giocatori dell'anno scorso giocano tutti nei dilettanti. Qualcuno non gioca tranne un riconfermato. Quindi cosa voglio dire? Che era stata fatta una squadra non degna, spendendo tanto perché probabilmente la squadra dell'anno scorso costa più di quella di quest'anno, è stato fatto un grandissimo danno alla proprietà e quindi parlo di Massimo Giove che è stato vittima di questa situazione ed oggi è giusto che sia lui in primis a prendersi tutte queste soddisfazioni, quest'uomo che con tanti sacrifici non ha mai mollato e oggi si prende le giuste gratificazioni e le giuste soddisfazioni di una città intera».

C'è qualcosa che avrebbe voluto avere dalla sua carriera che però non ha non ha avuto?

R: «Non ho mai barattato la dignità. Questo non lo farò mai…nella mia vita ho combattuto sempre il marcio del calcio e lo continuo a combattere ancora oggi. Ci sono ancora personaggi loschi e ci saranno sempre di più. Io fra qualche anno purtroppo per la mia età dovrò smettere, ma avrò lasciato sicuramente un'immagine pulita, onesta e di grande moralità nel calcio. Nel mio piccolo questo non me lo potrà mai togliere nessuno».

Quale sarebbe la ciliegina sulla torta della sua carriera?

R: «Io sogno di trasmettere emozioni quotidianamente senza pormi dei limiti e a lunga scadenza. Sognare qualcosa di bello? Il sogno te lo porta a quello che tu costruisci e io penso di costruire qualcosa di importante».

Allora lo dico io esplicitamente: come si vedrebbe su una panchina di A o B? Per me potrebbe starci, visto il valore di certi che vi siedono…

R:«Questo non lo posso dire… se devo parlare tecnicamente SI, però se faccio riferimento ai tanti meccanismi che si muovono dietro la serie A alla serie B io penso di NO».

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