Libri: il veterinario Smaldone ci racconta la sua conoscenza umana e professionale con gli animali



LIVALCA
- Quando, domenica scorsa, l’amico Marco Matteo Ciccone - il professore navigato esperto di Cardiologia e Angiologia, ormai beniamino indiscusso di tutti i frati domenicani residenti nella Basilica di San Nicola, e per noi del ‘Gruppo Amici di San Nicola’ uomo di cuore a tutto tondo, nel senso che i suoi slanci sono sempre dettati dalla delicatezza e sensibilità con cui si porge al prossimo (qualcuno ha affermato che il nostro cuore si trova a sinistra per consentirci, in caso di scambio di abbracci con qualcuno, di verificare il battito del loro cuore al cospetto del nostro lato vuoto) - mi ha omaggiato del volume del dott. Marco Smaldone «Il GIURAMENTO DI ARISTOTELE. Esperienze di un medico veterinario» (ADDA Editore, Bari 2023, pp. 286, ill., € 20,00) sono rimasto ‘impressionato’ dal titolo. La frase di Aristotele «La natura non fa mai nulla di inutile» fa del filosofo greco di Stagira (384-322 a.C.) uno dei primi ‘ambientalisti’ convinti, senza dire che il sottoscritto, il secolo scorso, si è occupato della sua celebre “Storia degli animali” scoprendo che era fortemente interessato alla biologia, tanto è vero che ha dato vita a “Piccoli trattati naturali” in cui si è occupato de “Il modo di camminare degli animali”, “Le parti degli animali” e “Il moto degli animali” e altri che non ricordo (ho fatto ricorso al mio famoso quaderno rubricato di appunti… constatando che manca la A e la B, ossia parte dalla C… il tempo sarà anche galantuomo, ma non sempre rimette ogni cosa al suo posto).

Nella mia memoria non vi era spazio per “Il giuramento di Aristotele”, ma per fortuna il dott. Smaldone precisa che si tratta di un rito di recente formulazione, divenuto parte integrante del Nuovo Codice Deontologico approvato dal Consiglio Nazionale F.N.O.V.I il 12 giugno 2011 a Terrasini (PA): «Entrando a far parte della professione e consapevole dell’importanza dell’atto che compio, prometto solennemente di dedicare le mie competenze e le mie capacità alla protezione della salute dell’uomo, alla cura e al benessere degli animali, favorendone il rispetto in quanto esseri senzienti; di promuovere la salute pubblica e la tutela dell’ambiente; di impegnarmi nel mio continuo miglioramento, aggiornando le mie conoscenze all’evolvere della scienza; di svolgere la mia attività in piena libertà e indipendenza di giudizio, secondo scienza e coscienza, con dignità e decoro, conformemente ai principi etici e deontologici proprio della Medicina Veterinaria».

Il volume è una significativa ricostruzione della vita dell’autore partendo dal luogo nativo Grassano, comune in provincia di Matera, situato a circa 500 metri s.m. di 5000 abitanti, intersecato tra le valli del Basento e del Bilioso. A Grassano sono stato nei primi anni ’70 del secolo scorso perché, dovendo incontrare delle persone a Irsina, che dista circa venti chilometri, che avevano realizzato a più mani uno studio su una ‘Madonna lignea’ di Andrea Mantegna sita in una chiesa di cui non ricordo il nome, mio padre mi chiese anche di accompagnare un professore che doveva svolgere una commissione in quel paese. Questo signore nativo, se non ricordo male, di Grottole mi riferì che a Grassano vi erano dei bravissimi artigiani del legno, autentici artisti, cui lui commissionava lavori portando uno schizzo che loro riproducevano con maestria. Qualora Marco Smaldone possedesse notizie al riguardo, sarei lieto li condividesse con me.

Marco, con il fratello gemello Lucio, ha vissuto, fin da piccolo, a contatto con gli animali, ma in lui era così sviluppato il legame con essi che, ben presto, si è cimentato nel curarli, in modo da alleviare quelle pene cui nessun essere vivente può ‘sottrarsi’.

Trasferitosi con la famiglia a Bari il nostro Marco ebbe finalmente il suo primo cane di nome ‘Bobi’, che si rivelò una ‘cavia’ perfetta: il cane fu sfiorato da un treno e se la cavò con la rottura del femore che, il nostro futuro veterinario, curò in maniera ‘artigianale’ con delle canne spezzate adoperate come stecche; il cane si riprese e a tal proposito vi confermo che, all’epoca, in questi casi la soluzione si chiamava eutanasia. Fu nella città di San Nicola che Smaldone riscoprì una vecchia passione per l’atletica leggera, nella specialità chiamata ‘mezzo fondo’, e decise di iscriversi al glorioso CUS (Centro universitario sportivo). Il non ancora veterinario ricorda di aver partecipato ad una gara interregionale in cui giunse quarto: precisa che il primo fu un ragazzo che correva per l’AVIS Barletta, il cui nome era Pietro Mennea. Pietro Mennea, nato a Barletta il 28 giugno del 1952, vinse all’età di venti anni il 4 settembre del 1972 a Monaco - Olimpiade ricordata per i tragici eventi - la medaglia di bronzo: Valerij Borzov oro, Larry Black argento.

In seguito il nostro Smaldone si è tolto la soddisfazione di vincere una gara di ‘mezzo fondo’ nel suo paese nativo Grassano, avendo come unico rappresentante della sua famiglia ad assistere all’impresa il nonno Marco, e fu premiato dal sindaco dell’epoca Bonelli: nel libro vi è una foto eloquente che attesta il tutto… ogni oltre autorevole dubbio (… peccato non ci sia per Mennea).

Giovani che mi seguite con attenzione vi concedo il privilegio e l’opportunità di aggiornarvi sui libri o in rete sulla storia di questo immenso campione Mennea Pietro: evitate di provare invidia per il successo degli altri e, meditate, che, con sudore e sacrifici in qualsiasi campo, potreste raggiungere traguardi. Come sempre a volte sono gli avvenimenti che decidono per te: il padre di Smaldone muore a 49 anni, lasciando 4 figli in età scolastica; in questo modo vennero a mutare le priorità e, se non incise sulla qualità della vita, la famiglia dovette, comunque, procedere a qualche rinuncia. Marco, coadiuvato dal fratello Lucio, decise di mettere a frutto l’esperienza accumulata con gli animali (ci tiene a precisare di essere stato un pioniere nel far conoscere a tutti la razza del cane pastore tedesco) e creò un canile in modo da contribuire alla gestione della famiglia. 

In seguito in largo Nitti Valentini, dal lato di piazza Garibaldi in cui termina via Piccinni, i fratelli Smaldone aprirono una ‘toilette’ di bagni e tosatura per cani e gatti, che li rese già seri protagonisti del settore e fu un ‘lavoro’ foriero di conoscenze e competenze che si acquistano con la pratica quotidiana. Nel 1977 Marco Smaldone fu uno dei primi laureati della facoltà di Medicina veterinaria di Bari e decise di realizzare il suo sogno di una clinica per animali in via Giulio Petroni, 37/E (…so bene, infatti quando andavo a prendere il fratello di mio padre, zio Dino, che abitava nella stessa strada al 37/F era difficile parcheggiare, anzi a partire dalla curva vi era una lunga fila di auto in doppia fila con … animali in attesa di consulto). Ancor oggi il nostro veterinario passa le sue giornate in quella sede, sostenuto dall’amore della moglie Katia che, amando gli animali, non ha avuto difficoltà a sostenere anche sotto il ‘profilo lavorativo’ il marito, forte di quel detto: “un amico dei cani è fedele di natura”.

La lettura del libro scorre veloce e tanti sono i casi citati dal suo autore: tutti vissuti in prima persona e non sempre conclusisi come chi legge vorrebbe: ma questo è il prezzo da pagare, non solo in senso metaforico, ai libri autobiografici. Come non ricordare la triste storia del mastino napoletano ‘Vulcan’ che, ammalatosi di ‘cimurro’, non fu possibile curare per mancanza della seconda dose del vaccino trivalente (cimurro-epatite-leptospirosi); del parto cesareo di ‘Bella’, cagna di razza Schnauzer gigante che si era accoppiata con un Alano arlecchino, che diede alla luce venti cuccioli per la ‘disperata’ felicità dei suoi… padroni; del puma ‘Indi’ salvato con una fantastica operazione e che il nostro Smaldone vide anni dopo ‘ospite’ al Maurizio Costanzo Show; di una tigre, un maschio adulto, del circo di Nando Orfei, ‘risuscitata’ con indomito coraggio dal nostro Marco, tanto che fu in grado in seguito di camminare, nonostante il peso, su un cavo d’acciaio: in quella speciale occasione l’Orfei regalò al nostro professionista una colorita espressione, in perfetto stile circense, che così suonava: «Non ho mai incontrato un veterinario con due palle così».

Smaldone ci parla anche della ‘Pet Therapy’: una terapia assistita in cui l’animale da compagnia, quasi sempre cane o gatto, diventa co-terapeuta, contribuendo con la sua presenza a curare, agevolare e rendere migliore la qualità di vita del paziente, sia nel caso si tratti di male fisico che psichico.

Il libro va letto dai nonni ai nipoti, ma anche dai ragazzi ai genitori perché tanti sono gli insegnamenti che ci offre, senza mai essere invadente e ‘parsimonioso’, ma partendo da Omero e la sua “Odissea” in cui il cane Argo, prima di morire, aspetta di rivedere il suo padrone, passando per il notissimo Rin Tin Tin e il caporale Rusty e per finire a Livalca e ai suoi Pucci, Loba e Sansone (quest’ultimo un anziano meticcio bellissimo, intelligentissimo ed amatissimo, ma purtroppo poco ospitale con gli estranei) il cane ha sempre fatto parte della famiglia dell’essere umano.

Quella famiglia che aveva ispirato Pablo Neruda per la sua “Ode al cane”, una lunga poesia che termina con questi versi: «… la felicità/ d’essere cane e d’essere uomo/ trasformata/ in un sol animale/ che cammina muovendo/ sei zampe/ e una coda/ con rugiada». Spero che il mio Sansone, non a caso fa rima con Smaldone, abbia inteso il senso… delle sei zampe.