M. CELESTE MAUROGIOVANNI - Serafino Boccia, detto Ninni, è un austero
signore che ha la classe di un uomo ben vissuto, colto, che ha ricoperto incarichi
pubblici rilevanti (dal 1983 al 1996 è stato Dirigente dell’Assessorato Cultura, Sport
e Turismo del Comune di Bari), che conosce le cose del mondo e della nostra città e
ha la franchezza e la generosità dello sportivo che ha praticato sul campo (in qualità
di arbitro di calcio) tale attività.
Ninni non è nuovo alla scrittura: qualche anno fa, ricordo alcune pagine dal titolo intrigante, Effluvi di pace, Effluvi di guerra cui era destinato il compito di fissare sulla carta ricordi di quanto la sua famiglia avesse patito durante la seconda guerra mondiale. E questo per ricostruire una trama di memorie comuni di patimenti. Per non dimenticare.
Narrazioni di eventi drammatici che solo la distanza nel tempo e nello spazio addolciscono. Anche noi amici gradimmo molto questo ’diario’ di guerra dal sapore di lessico familiare e i cari nipoti cui aveva dedicato lo scritto - ora adulti e professionisti - gli saranno di sicuro stati riconoscenti perché - non sempre da piccoli forse - si riesce ad apprezzare quanto i ‘grandi’ raccontano.
Ninni si è anche cimentato con un romanzo, Rapsodia di una città, edito da Adda editori nel 2019 dedicato alla impareggiabile compagna di una vita, Lya, ed ora, o meglio durante il Covid, ha scritto e pubblicato il suo secondo romanzo, Mors omnia solvit, stampato da Edizionidipagina, Bari 2023, non in commercio, a tiratura limitata, destinato solo a estimatori e amici, secondo l’uso antico dei libri ‘scritti’ e offerti in ‘dono’ agli ospiti, come suggello di una relazione di intenti e affetti.
Un libro che non si può acquistare, allora, perché parlarne? Perché quanto fatto da Ninni Boccia, se in apparenza può sembrare un’operazione privata, per pochi, in realtà interessa quanti sono legati alla città di Bari, ne amano la storia e le storie, si appassionano agli intrecci romanzeschi e hanno desiderio di essere rapiti da un’accattivante scrittura in una dimensione che ha il sapore dell’antico ma attinge ai linguaggi e alle tecniche espressive della modernità.
Non potremo tutti leggere il testo, ma potremmo invitare l’autore a raccontare quanto scritto, in spazi pubblici e privati, come nei salotti domenicali di un tempo, per ricreare atmosfere che hanno la bellezza del passato e spesso anche la tristezza o gioia.
Un auspicio, il nostro, a riprendere e a ricostruire legami e intese che sulle narrazioni fondano il proprio senso e valore.
Ninni - con questi suoi libri - ci regala un sogno in cui parole e immagini in una sequenza lenta e rasserenante, evocano scenari vicini e lontani: ritratti di città, di campagna pugliese, di giornali d’epoca, di persone, di avventure , di navi di pirati, di viaggi e ritorni che s’intrecciano in un plot avvincente e intricato.
Mors omnia solvit che ho letto con grande piacere più volte è il titolo impegnativo e solenne, tratto dal lessico giuridico del Diritto romano secondo cui la morte annulla ogni forma di controversia o legame ma questa espressione può essere intesa - a mio parere - anche in senso più ampio: la morte scioglie tutti gli enigmi e fa sì che le situazioni trovino il proprio posto nel grande e intricato mosaico della storia delle persone.
E’ un genere letterario in cui noir e memorie s’intrecciano creando uno scenario complesso, con una tecnica a incastro in cui dominano fantasia, divertimento di chi racconta e ci guida in un mondo cristallizzato dalle atmosfere del passato, in una grande città come Bari dei primi anni del Novecento, allorché trionfava la belle epoque che aveva ancora il sapore e gli odori di un’ ‘avvolgente’ provincia nel cui porto e nelle cui strade si annidavano misteri e stranezze.
Il merito dell’autore è quello di scrivere e immaginare - rappresentandole plasticamente al lettore - un bel tempo che fu, in una città, Bari che non viene ritratta da lui con i toni decisi e abbaglianti del bianco e nero ma con quelli sfocati e malinconici del seppia, tipico delle foto d’antan che si ritrovano nei cassetti delle nostre case o nelle cornici che decorano le pareti delle dimore borghesi. Le stesse che impreziosiscono il bel libro di Ninni Boccia, alcune rarissime, autentico documento visivo della storia, anche architettonica e urbana di Bari.
Ninni ci riporta, con questo suo romanzo, in una dimensione lontana dal nostro presente. Siamo nel 1901, agli inizi di un secolo, il XX, carico di trasformazioni, di scoperte, di ottimismo e di povertà. È il secolo del ‘ trionfo della borghesia’, come ci dice Hobsbawn, in cui anche al Sud una classe colta e imprenditoriale - soprattutto manifatturiera - si afferma, senza però riuscire a colmare il divario socio economico esistente tra le classi, proponendo un modello economico perlopiù basato sulla famiglia e sforzandosi di creare una compagine di sistemi produttivi locali capaci di innescare fenomeni di crescita, come affermano studiosi, anche locali, del settore. Ma l’autore, consapevole del futuro, e non volendo tessere solo apologia al nascente secolo, ne delinea scenari che d’un tratto cambieranno il volto del secolo che comincerà a grondare ‘lacrime e sangue’ e che, già all’epoca, i più avvertiti intellettuali, paventavano.
In questo contesto meridionale, anzi barese, che risente fortemente dell’influenza culturale della vicina ex capitale del regno, Napoli, l’autore ambienta una storia popolata da numerosi personaggi: protagonisti, comprimari e comparse, che all’inizio pare ‘lontana’ e ‘semplice’ (per traslare il titolo di un romanzo di Leonardo Sciascia) ma che via via si complica in un intreccio che s’ingarbuglia con storie di ‘rapimenti’ e di eventi che hanno come teatro le coste delle terre che si affacciano sul Mediterraneo che, piano piano, come in una sequenza filmica ricca di flashback, partono da Bari e nella nostra città si concludono.
Il testo è diviso in tre parti solo in apparenza staccate da belle citazioni in epigrafe di grandi autori: in realtà la storia è un unicum che si snoda in spazi, luoghi e ritratti di personaggi e figuranti (divertentissimo l’uso dei soprannomi, diffusi nella nostra tradizione e che meriterebbero, come le splendide foto, un’attenzione particolare).
Di rilievo è la forza narrativa dell’autore che riesce a tenere le fila di questi racconti nel racconto, dei tanti personaggi, delle loro abitudini, dei luoghi frequentati ( e lo ringraziamo come cittadini anche per questo suo richiamarli ‘in vita’) con la lucida determinazione di narrare il passato, ma di intessere, su questo ordito di base, storie ‘altre’ da cui emerge il suo divertito e ironico quadro di una ‘commedia umana’ vissuta in spazi aperti, collettivi che hanno costruito comunità forti.
Un ritratto variopinto cui dà colore l’uso del dialetto barese che si alterna all’italiano ricercato e forbito, quello proprio dell’autore, e a quello misto, alla Catarella, per dirla con Camilleri: un pastiche linguistico, di forte impatto fonico e immaginativo. Sono uomini e donne di vario ceto ed estrazione culturale che restituiscono al lettore il sapore di una società meridionale, quella antica della sacralità del pranzo familiare, del riposo pomeridiano, della passeggiata in carrozza, della serata a Teatro, delle conversazioni tutte maschili ai tavolini dei caffè, delle strade di Bari vecchia popolate e vivaci, della vita del porto e dei suoi traffici, di storie misteriose, di scomparse e delitti.
Una Bari non oleografica né realistica: rivissuta con l’ironia e lo sguardo affettuoso di chi vuole farci rivedere un mondo scomparso di cui noi siamo eredi, senza nostalgia o rimpianti, mosso dal desiderio di appassionare il lettore e lasciare una traccia di sé e di tempo, come quella impressa nelle pagine inedite dei ricordi di guerra di Ninni, donate ad amici e nipoti. Bravo l’autore per la complessità della trama, per la varietà dei registri linguistici, per la ricostruzione rigorosa dell’epoca narrata, per la fluidità della scrittura.
Un’opera avvincente che ci fa gustare il piacere della lettura, ci fa riflettere e sorridere perché ha la ‘leggerezza’ dei bei ricordi e delle fantasie, dei sogni brutti o belli, di quelli che ci lasciano una sensazione di buono, utili per consolarci e darci attimi di gioia.
A Ninni, quindi, un grazie speciale perché vuole scrivere per lasciarci memorie che, altrimenti andrebbero perse e che, soprattutto oggi, molti vorrebbero negarci, ma anche per farci sognare, sempre con il suo gusto e bello stile.
Non tutti potranno leggere questo libro, ma gli interessati lo ritroveranno nelle Biblioteche cui il Nostro di sicuro lo manderà come a quanti, come Ninni, riannodano i fili della memoria per consegnarla al futuro.
Ricordare significa custodire, come afferma Amos Oz, citato in epigrafe all’inizio della seconda parte, “scrivere… è mettere qualche cosa in salvo dalle grinfie del tempo e dell’oblio”.
Ninni non è nuovo alla scrittura: qualche anno fa, ricordo alcune pagine dal titolo intrigante, Effluvi di pace, Effluvi di guerra cui era destinato il compito di fissare sulla carta ricordi di quanto la sua famiglia avesse patito durante la seconda guerra mondiale. E questo per ricostruire una trama di memorie comuni di patimenti. Per non dimenticare.
Narrazioni di eventi drammatici che solo la distanza nel tempo e nello spazio addolciscono. Anche noi amici gradimmo molto questo ’diario’ di guerra dal sapore di lessico familiare e i cari nipoti cui aveva dedicato lo scritto - ora adulti e professionisti - gli saranno di sicuro stati riconoscenti perché - non sempre da piccoli forse - si riesce ad apprezzare quanto i ‘grandi’ raccontano.
Ninni si è anche cimentato con un romanzo, Rapsodia di una città, edito da Adda editori nel 2019 dedicato alla impareggiabile compagna di una vita, Lya, ed ora, o meglio durante il Covid, ha scritto e pubblicato il suo secondo romanzo, Mors omnia solvit, stampato da Edizionidipagina, Bari 2023, non in commercio, a tiratura limitata, destinato solo a estimatori e amici, secondo l’uso antico dei libri ‘scritti’ e offerti in ‘dono’ agli ospiti, come suggello di una relazione di intenti e affetti.
Un libro che non si può acquistare, allora, perché parlarne? Perché quanto fatto da Ninni Boccia, se in apparenza può sembrare un’operazione privata, per pochi, in realtà interessa quanti sono legati alla città di Bari, ne amano la storia e le storie, si appassionano agli intrecci romanzeschi e hanno desiderio di essere rapiti da un’accattivante scrittura in una dimensione che ha il sapore dell’antico ma attinge ai linguaggi e alle tecniche espressive della modernità.
Non potremo tutti leggere il testo, ma potremmo invitare l’autore a raccontare quanto scritto, in spazi pubblici e privati, come nei salotti domenicali di un tempo, per ricreare atmosfere che hanno la bellezza del passato e spesso anche la tristezza o gioia.
Un auspicio, il nostro, a riprendere e a ricostruire legami e intese che sulle narrazioni fondano il proprio senso e valore.
Ninni - con questi suoi libri - ci regala un sogno in cui parole e immagini in una sequenza lenta e rasserenante, evocano scenari vicini e lontani: ritratti di città, di campagna pugliese, di giornali d’epoca, di persone, di avventure , di navi di pirati, di viaggi e ritorni che s’intrecciano in un plot avvincente e intricato.
Mors omnia solvit che ho letto con grande piacere più volte è il titolo impegnativo e solenne, tratto dal lessico giuridico del Diritto romano secondo cui la morte annulla ogni forma di controversia o legame ma questa espressione può essere intesa - a mio parere - anche in senso più ampio: la morte scioglie tutti gli enigmi e fa sì che le situazioni trovino il proprio posto nel grande e intricato mosaico della storia delle persone.
E’ un genere letterario in cui noir e memorie s’intrecciano creando uno scenario complesso, con una tecnica a incastro in cui dominano fantasia, divertimento di chi racconta e ci guida in un mondo cristallizzato dalle atmosfere del passato, in una grande città come Bari dei primi anni del Novecento, allorché trionfava la belle epoque che aveva ancora il sapore e gli odori di un’ ‘avvolgente’ provincia nel cui porto e nelle cui strade si annidavano misteri e stranezze.
Il merito dell’autore è quello di scrivere e immaginare - rappresentandole plasticamente al lettore - un bel tempo che fu, in una città, Bari che non viene ritratta da lui con i toni decisi e abbaglianti del bianco e nero ma con quelli sfocati e malinconici del seppia, tipico delle foto d’antan che si ritrovano nei cassetti delle nostre case o nelle cornici che decorano le pareti delle dimore borghesi. Le stesse che impreziosiscono il bel libro di Ninni Boccia, alcune rarissime, autentico documento visivo della storia, anche architettonica e urbana di Bari.
Ninni ci riporta, con questo suo romanzo, in una dimensione lontana dal nostro presente. Siamo nel 1901, agli inizi di un secolo, il XX, carico di trasformazioni, di scoperte, di ottimismo e di povertà. È il secolo del ‘ trionfo della borghesia’, come ci dice Hobsbawn, in cui anche al Sud una classe colta e imprenditoriale - soprattutto manifatturiera - si afferma, senza però riuscire a colmare il divario socio economico esistente tra le classi, proponendo un modello economico perlopiù basato sulla famiglia e sforzandosi di creare una compagine di sistemi produttivi locali capaci di innescare fenomeni di crescita, come affermano studiosi, anche locali, del settore. Ma l’autore, consapevole del futuro, e non volendo tessere solo apologia al nascente secolo, ne delinea scenari che d’un tratto cambieranno il volto del secolo che comincerà a grondare ‘lacrime e sangue’ e che, già all’epoca, i più avvertiti intellettuali, paventavano.
In questo contesto meridionale, anzi barese, che risente fortemente dell’influenza culturale della vicina ex capitale del regno, Napoli, l’autore ambienta una storia popolata da numerosi personaggi: protagonisti, comprimari e comparse, che all’inizio pare ‘lontana’ e ‘semplice’ (per traslare il titolo di un romanzo di Leonardo Sciascia) ma che via via si complica in un intreccio che s’ingarbuglia con storie di ‘rapimenti’ e di eventi che hanno come teatro le coste delle terre che si affacciano sul Mediterraneo che, piano piano, come in una sequenza filmica ricca di flashback, partono da Bari e nella nostra città si concludono.
Il testo è diviso in tre parti solo in apparenza staccate da belle citazioni in epigrafe di grandi autori: in realtà la storia è un unicum che si snoda in spazi, luoghi e ritratti di personaggi e figuranti (divertentissimo l’uso dei soprannomi, diffusi nella nostra tradizione e che meriterebbero, come le splendide foto, un’attenzione particolare).
Di rilievo è la forza narrativa dell’autore che riesce a tenere le fila di questi racconti nel racconto, dei tanti personaggi, delle loro abitudini, dei luoghi frequentati ( e lo ringraziamo come cittadini anche per questo suo richiamarli ‘in vita’) con la lucida determinazione di narrare il passato, ma di intessere, su questo ordito di base, storie ‘altre’ da cui emerge il suo divertito e ironico quadro di una ‘commedia umana’ vissuta in spazi aperti, collettivi che hanno costruito comunità forti.
Un ritratto variopinto cui dà colore l’uso del dialetto barese che si alterna all’italiano ricercato e forbito, quello proprio dell’autore, e a quello misto, alla Catarella, per dirla con Camilleri: un pastiche linguistico, di forte impatto fonico e immaginativo. Sono uomini e donne di vario ceto ed estrazione culturale che restituiscono al lettore il sapore di una società meridionale, quella antica della sacralità del pranzo familiare, del riposo pomeridiano, della passeggiata in carrozza, della serata a Teatro, delle conversazioni tutte maschili ai tavolini dei caffè, delle strade di Bari vecchia popolate e vivaci, della vita del porto e dei suoi traffici, di storie misteriose, di scomparse e delitti.
Una Bari non oleografica né realistica: rivissuta con l’ironia e lo sguardo affettuoso di chi vuole farci rivedere un mondo scomparso di cui noi siamo eredi, senza nostalgia o rimpianti, mosso dal desiderio di appassionare il lettore e lasciare una traccia di sé e di tempo, come quella impressa nelle pagine inedite dei ricordi di guerra di Ninni, donate ad amici e nipoti. Bravo l’autore per la complessità della trama, per la varietà dei registri linguistici, per la ricostruzione rigorosa dell’epoca narrata, per la fluidità della scrittura.
Un’opera avvincente che ci fa gustare il piacere della lettura, ci fa riflettere e sorridere perché ha la ‘leggerezza’ dei bei ricordi e delle fantasie, dei sogni brutti o belli, di quelli che ci lasciano una sensazione di buono, utili per consolarci e darci attimi di gioia.
A Ninni, quindi, un grazie speciale perché vuole scrivere per lasciarci memorie che, altrimenti andrebbero perse e che, soprattutto oggi, molti vorrebbero negarci, ma anche per farci sognare, sempre con il suo gusto e bello stile.
Non tutti potranno leggere questo libro, ma gli interessati lo ritroveranno nelle Biblioteche cui il Nostro di sicuro lo manderà come a quanti, come Ninni, riannodano i fili della memoria per consegnarla al futuro.
Ricordare significa custodire, come afferma Amos Oz, citato in epigrafe all’inizio della seconda parte, “scrivere… è mettere qualche cosa in salvo dalle grinfie del tempo e dell’oblio”.