Mafia a Bari: 34 condanne nei clan Mercante-Diomede e Capriati
BARI - Prosegue incessante l'attività di contrasto al crimine sul territorio barese dei carabinieri del Ros che in queste ore stanno eseguendo 34 ordini di carcerazione, emessi dalla procura generale di Bari, poiché sono diventate definitive le sentenze di condanna della Corte d’Appello di Bari nel maxi processo ‘Pandora’. Le persone condannate, appartenenti ai clan Mercante-Diomede e Capriati attivi a Bari e nella provincia Bat, devono espiare complessivamente 222 anni di reclusione. Gli imputati nel processo Pandora erano accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa pluriaggravata, tentati omicidi, armi, rapine, furti, lesioni personali, sequestro di persona e violazioni della sorveglianza speciale.
Lo scorso 10 ottobre la Cassazione ha riconosciuto la complessiva correttezza delle sentenze di primo e secondo grado del Tribunale di Bari e della Corte d’Appello e ha respinto i motivi dei ricorsi, tra cui quelli relativi al collegamento tra i sodalizi criminali e alcuni reati commessi da esponenti del clan Capriati nei confronti di membri del clan Strisciuglio di Bari. La Cassazione ha confermato le due sentenze anche nella parte in cui avevano ritenuto che il clan Capriati, nell’arco di un’attività ultradecennale, si è caratterizzato in un articolato programma criminoso, sviluppando la selezione e il reclutamento in carcere e proiettandosi verso il nord Barese e la provincia Bat. Sette dei condannati per mafia operavano infatti tra le città di Trani, Corato e Terlizzi. L’ufficio esecuzioni penali della procura generale ha anche chiesto per 26 condannati la revoca dei benefici che erano stati concessi (liberazione anticipata, indulto e sospensioni condizionali).
Lo scorso 10 ottobre la Cassazione ha riconosciuto la complessiva correttezza delle sentenze di primo e secondo grado del Tribunale di Bari e della Corte d’Appello e ha respinto i motivi dei ricorsi, tra cui quelli relativi al collegamento tra i sodalizi criminali e alcuni reati commessi da esponenti del clan Capriati nei confronti di membri del clan Strisciuglio di Bari. La Cassazione ha confermato le due sentenze anche nella parte in cui avevano ritenuto che il clan Capriati, nell’arco di un’attività ultradecennale, si è caratterizzato in un articolato programma criminoso, sviluppando la selezione e il reclutamento in carcere e proiettandosi verso il nord Barese e la provincia Bat. Sette dei condannati per mafia operavano infatti tra le città di Trani, Corato e Terlizzi. L’ufficio esecuzioni penali della procura generale ha anche chiesto per 26 condannati la revoca dei benefici che erano stati concessi (liberazione anticipata, indulto e sospensioni condizionali).