ROBERTO BERLOCO - Lo s’ammetta senza remora. Andare al cinema, per guardare un’opera di Ridley Scott, è
come recarsi alla Prima della Scala di Milano. Un grande onore.
E, una volta seduti davanti allo schermo, a prender fuoco è sempre un’emozione che, partendo dal primo istante della pellicola, si protrae ininterrotta sino all’ultimo. Le ragioni di questo fenomeno, destinato ad occupare capitoli importanti dell’epopea della cinematografia mondiale, sono da attribuire alle raffinate capacità e all’esperienza del cineasta, ma pure ad un’acuta saggezza, tutta di Scott, nella scelta delle trame da immolare al catodo.
Fu così per il primo dei suoi capolavori, un indimenticabile film del 1977 dal titolo “I Duellanti”, ispirato ad un romanzo di Joseph Conrad. E continuerà ad esser così per i seguenti “Alien”, “Blade Runner”, “Legend”, “Thelma & Louise”, “Black Hawk Down”, “Il Gladiatore”, “Le Crociate”, “Robin Hood”, e tanti altri sino agli ultimi di due anni fa, “The last duel” e “House of Gucci”.
Di sangue inglese, sir Ridley Scott rappresenta, probabilmente, il narratore cinematografico più capace nel fare rivivere l’emozione della Storia, rimanendo fedele alla sua verità . Una sorta di testimone eccellente del tempo che fu, non solo per il rispetto portato alla realtà dei corsi storici, ma, pure, per la prodigiosa abilità nel tessere e nell’esaltare l’emotività di personaggi e avvenimenti. Cosicché, grazie alla sua cinepresa, la Storia può venire trasmessa sicura di non essere tradita, e, al tempo, nel suo vestito più bello, perché è sempre bello il sapore del cuore, quand’è vero e qualunque cosa provi. Ed è stato puntualmente così anche per l’ultima delle sue creature, il “Napoleon” uscito proprio durante questa seconda parte di Novembre in tutte le sale europee.
“Napoleon” è un elegante tuffo nella Storia europea, nonché una lente d’ingrandimento ben centrata sopra la figura più esaltante delle fasi iniziali della nuova era partita con la Rivoluzione francese. I princìpi di eguaglianza, fraternità e libertà che l’assalto alla Bastiglia portava con sé, avrebbero difatti plasmato l’anima delle nazioni del Vecchio Continente durante i secoli successivi, fino al momento attuale, così travagliato da indomabili fuochi di guerra.
A Joaquin Phoenix, non nuovo ai lavori di Scott (si ricordi la sua magistrale interpretazione dell’imperatore Commodo ne “Il Gladiatore”), la missione di riportare in vita il condottiero corso. A lui il compito, per niente facile, di far rivivere quel suo geniale spirito così ben immerso nelle vicende del suo tempo e così tanto padrone del loro senso, qualcosa che richiama alla mente solo figure assai più remote, come quelle di Alessandro Magno o Caio Giulio Cesare, le uniche di pari grandezza e tutte insieme, a questi giorni d’oggi talmente votati all’effimero materialismo, assolutamente irripetibili.
“Io non sono fatto come gli altri uomini” - conferma, d’altronde, lo stesso protagonista durante alcuni dei passaggi più avvincenti della proiezione - “io seguo le orme di Alessandro il Grande e Cesare”.
“Io vincerò con il fuoco, io sono destinato alla grandezza” … ogni parola che venga dal personaggio cinematografico è all’altezza della memoria tramandata. Ogni parola è cornice al quadro dell’agire del duce francese, alla tela delle sue azioni. Mirabili, quelle straordinarie. Egualmente significative, quelle ordinarie o di fare comune.
Come durante le sue gloriose cariche a cavallo, le scene si susseguono lanciate in un galoppo impetuoso e inarrestabile, e quando sembrano raggiungere una calma, dedicata agli affetti, alle gioie e ai dolori del sentimento amoroso, è solo perché anche un destriero di razza tiene diritto ai giusti istanti di riposo prima di riprendere la sua corsa.
In questa storia personale che, come poche altre, coincide ad una fetta della Grande Storia, esistono un principio e, ovviamente, una fine. Dopo un lungo arco che copre le sessantuno battaglie complessive combattute dal Bonaparte alla testa di quello che considerava il miglior esercito al mondo, con la telecamera di Scott che ne focalizza le principali, gli occhi dell’ultimo vero Cesare che l’Europa abbia conosciuto si spengono durante un solitario banchetto servitogli davanti all’orizzonte dell’Oceano atlantico, sopra un’altura di una sperduta isoletta di proprietà britannica e con una certezza: le pellicole ispirate al mito di Napoleone sono state tante, questa non sarà l’ultima.
E, una volta seduti davanti allo schermo, a prender fuoco è sempre un’emozione che, partendo dal primo istante della pellicola, si protrae ininterrotta sino all’ultimo. Le ragioni di questo fenomeno, destinato ad occupare capitoli importanti dell’epopea della cinematografia mondiale, sono da attribuire alle raffinate capacità e all’esperienza del cineasta, ma pure ad un’acuta saggezza, tutta di Scott, nella scelta delle trame da immolare al catodo.
Fu così per il primo dei suoi capolavori, un indimenticabile film del 1977 dal titolo “I Duellanti”, ispirato ad un romanzo di Joseph Conrad. E continuerà ad esser così per i seguenti “Alien”, “Blade Runner”, “Legend”, “Thelma & Louise”, “Black Hawk Down”, “Il Gladiatore”, “Le Crociate”, “Robin Hood”, e tanti altri sino agli ultimi di due anni fa, “The last duel” e “House of Gucci”.
Di sangue inglese, sir Ridley Scott rappresenta, probabilmente, il narratore cinematografico più capace nel fare rivivere l’emozione della Storia, rimanendo fedele alla sua verità . Una sorta di testimone eccellente del tempo che fu, non solo per il rispetto portato alla realtà dei corsi storici, ma, pure, per la prodigiosa abilità nel tessere e nell’esaltare l’emotività di personaggi e avvenimenti. Cosicché, grazie alla sua cinepresa, la Storia può venire trasmessa sicura di non essere tradita, e, al tempo, nel suo vestito più bello, perché è sempre bello il sapore del cuore, quand’è vero e qualunque cosa provi. Ed è stato puntualmente così anche per l’ultima delle sue creature, il “Napoleon” uscito proprio durante questa seconda parte di Novembre in tutte le sale europee.
“Napoleon” è un elegante tuffo nella Storia europea, nonché una lente d’ingrandimento ben centrata sopra la figura più esaltante delle fasi iniziali della nuova era partita con la Rivoluzione francese. I princìpi di eguaglianza, fraternità e libertà che l’assalto alla Bastiglia portava con sé, avrebbero difatti plasmato l’anima delle nazioni del Vecchio Continente durante i secoli successivi, fino al momento attuale, così travagliato da indomabili fuochi di guerra.
A Joaquin Phoenix, non nuovo ai lavori di Scott (si ricordi la sua magistrale interpretazione dell’imperatore Commodo ne “Il Gladiatore”), la missione di riportare in vita il condottiero corso. A lui il compito, per niente facile, di far rivivere quel suo geniale spirito così ben immerso nelle vicende del suo tempo e così tanto padrone del loro senso, qualcosa che richiama alla mente solo figure assai più remote, come quelle di Alessandro Magno o Caio Giulio Cesare, le uniche di pari grandezza e tutte insieme, a questi giorni d’oggi talmente votati all’effimero materialismo, assolutamente irripetibili.
“Io non sono fatto come gli altri uomini” - conferma, d’altronde, lo stesso protagonista durante alcuni dei passaggi più avvincenti della proiezione - “io seguo le orme di Alessandro il Grande e Cesare”.
“Io vincerò con il fuoco, io sono destinato alla grandezza” … ogni parola che venga dal personaggio cinematografico è all’altezza della memoria tramandata. Ogni parola è cornice al quadro dell’agire del duce francese, alla tela delle sue azioni. Mirabili, quelle straordinarie. Egualmente significative, quelle ordinarie o di fare comune.
Come durante le sue gloriose cariche a cavallo, le scene si susseguono lanciate in un galoppo impetuoso e inarrestabile, e quando sembrano raggiungere una calma, dedicata agli affetti, alle gioie e ai dolori del sentimento amoroso, è solo perché anche un destriero di razza tiene diritto ai giusti istanti di riposo prima di riprendere la sua corsa.
In questa storia personale che, come poche altre, coincide ad una fetta della Grande Storia, esistono un principio e, ovviamente, una fine. Dopo un lungo arco che copre le sessantuno battaglie complessive combattute dal Bonaparte alla testa di quello che considerava il miglior esercito al mondo, con la telecamera di Scott che ne focalizza le principali, gli occhi dell’ultimo vero Cesare che l’Europa abbia conosciuto si spengono durante un solitario banchetto servitogli davanti all’orizzonte dell’Oceano atlantico, sopra un’altura di una sperduta isoletta di proprietà britannica e con una certezza: le pellicole ispirate al mito di Napoleone sono state tante, questa non sarà l’ultima.