Tre tac dicono tumore, ma la diagnosi è sbagliata


FRANCESCO GRECO
- Liste d’attesa, viaggi della speranza, malasanità. Ormai sono criticità spalmate su tutto il territorio nazionale. Mentre la sanità ormai è stata data quasi tutta ai privati: lo Stato trasferisce oltre 40 mld annui.

E’ accaduto ad Andrea Purgatori, giornalista e sceneggiatore: due diagnosi diametralmente opposte. Ma accade anche in periferia, a persone comuni.

Profondo Nord, Emilia Romagna. Lo pneumologo tossisce, si schiarisce la voce, quasi imbarazzato, come se pesasse le parole che sta per pronunciare. Eccole: “Le dò una bellissima notizia, i suoi polmoni sono puliti e sani, non c’è alcuna traccia di malattie neoplastiche… Può tornare tranquillamente a casa sua!”.

Antonio Carrozzo, pugliese, 77 anni a novembre, pensionato delle Poste Italiane (ha lavorato tutta la vita a Gallipoli), non credeva alle sue orecchie, è rimasto un attimo in silenzio, poi è scoppiato in lacrime.

Ha rifatto il trolley e accompagnato dalla figlia, il genero e i nipoti, è andato alla stazione e ha preso il il Rimini-Lecce.

Storie di ordinaria malasanità nel profondo Sud. Non è la prima, e magari fosse l’ultima. Nel caso specifico, ben tre tac avevano diagnosticato una neoplasia ai polmoni. Con invito urgente a procedere all’intervento chirurgico. In un ospedale pugliese di cui non facciamo il nome. Come non diciamo quello dell’ospedale dell’Emilia Romagna che ha ribaltato la diagnosi tranquillizzando il pensionato.

“Sono rinato!”, dice Antonio con la voce che trema agli amici che vanno a trovarlo all’ombra del porticato della sua casa, sorseggiando lentamente un caffè. Ogni mattina va al bar del paese, coltiva gli ortaggi nel giardino: ha ripreso la vita di prima. Storie di ordinaria (mala)sanità.

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