LIVALCA - Di Andrea Buquicchio ricordavo gli occhi profondi, intensi, appassionati
con cui accompagnava quel suo discorrere sempre sobrio, misurato, controllato,
moderato che gli permetteva di esporre punti di vista spesso condivisibili, ma mai
insignificanti.
Certo è passato più di mezzo secolo dall’ultima volta che ci siamo visti e … improvvisamente, una mattina di un freddo dicembre del 2023, si è presentato con un libro in cui aveva stilato una dedica: «A Gianni nel ricordo dei tempi del Flacco, con stima, simpatia e grande affetto, Bari 14-XII-23». Proprio nella parola affetto vi è tutto il ‘personaggio’ Andrea: era un confessore di fiducia, ma io non ho mai ‘abusato’ della sua tolleranza… anni fa mi inviò una mail perché aveva saputo di un mio problema di salute… era pronto a consigliarmi. Di Andrea, come di quasi tutti coloro che poi hanno studiato Medicina della sezione ‘D’ di quei tempi, si sapeva che la sua professione sarebbe stata quella di curare e ‘migliorare’ il prossimo… per il mondo ci penseranno i giovani di domani e, per restare in argomento, vi regalo un messaggio ‘angelico’ di Alexandre Dumas: «La speranza è il miglior medico che io conosca».
Andrea si è laureato a Bologna, come i miei cugini Pacilli di Sannicandro Garganico che hanno frequentato la stessa facoltà nel medesimo periodo, specializzandosi in Chirurgia plastica a Torino, dove attualmente vive. In pensione dal lavoro ospedaliero, oggi continua la libera professione nella città della Mole Antonelliana. Ha praticato molti sport: equitazione (per evidenti motivi di ‘conflitto di scuderia’ si tratta di sport da chi scrive evitato), tennis (non so se facciamo in tempo a sfidarci), nuoto (a Bari siamo tutti nuotatori), tiro a segno (mi limito a far… ‘segna’re la mia squadra del cuore), arti marziali (… a libera interpretazione “Alea iacta est”).
Buquicchio nel mese di ottobre di quest’anno ha pubblicato, per le Edizioni Giuseppe Laterza s.r.l. di Bari il volume «La difesa di Angelica» (pp. 196, € 20,00), il suo primo romanzo che si avvale di una prefazione di Pietro Casella: caso singolarissimo il prefatore ha conosciuto l’autore del libro solo dopo aver letto il manoscritto. Il buon Erminio Macario, torinese amante del gianduiotto e notissimo attore di una comicità intelligente nella sua apparente insipienza, avrebbe esclamato: «Ho ereditato dai nonni un milione e voglio conservarlo come… ricordo».
Ho dedotto che Casella fosse un torinese dall’incontro, avvenuto in un bar della città in cui la Juventus vince ma il Torino resta sempre ‘GRANDE’, tra Andrea e colui che ha firmato la prefazione. Ho chiesto ad un vecchio amico giornalista che vive da anni a Settimo Torinese notizie e mi ha risposto: si tratta di attore di qualità, Andrea mi aveva detto il poeta Casella. Deduzione: si tratta di un attore-poeta che con grande capacità comunicativa invoglia il potenziale lettore ad avventurarsi in quel percorso che si chiama viaggio nel pianeta carta. Casella mi è risultato subito simpatico perché si schiera fra i sostenitori del libro da sfogliare e parla di ultima ‘difesa’ nei confronti dell’intelligenza artificiale (il discorso è complesso e parte dall’educazione a confrontarsi, senza riserve, con il mondo di ieri alla luce delle scoperte di oggi).
Certo qualcuno può rimproverarmi di incoerenza dato che scrivo su un giornale che annovera una moltitudine di lettori, pur essendo on-line. Premesso che non navigo mai in rete e che consulto solo libri di carta, io affermo da sempre che la traccia cartacea è indispensabile per crearsi un proprio mondo in cui apprendere e riflettere e poi ben venga il futuro: non per distruggere, ma per aiutarci a vivere meglio anche il rapporto con coloro che ameranno sempre il libro di carta.
Vi riporto fedelmente quello che ha scritto Casella perché in tre periodi, da attore provetto e da poeta abituato a confrontarsi con le parole, vi illumina sull’impianto del testo: «Lo stratagemma fondamentale su cui è articolata la narrazione è un tentativo di stupro ad opera di due ragazzi che inseguono una vettura occupata da quattro amiche, tra cui due sorelle, Angelica e Teresa, mentre rientrano a casa dopo una festa di compleanno, Il tema è attuale e, trattandosi di adolescenti, spinge il lettore a schierarsi immediatamente in difesa delle ragazze. Il delitto tentato non ha esito favorevole, grazie all’abilità delle due sorelle, entrambe praticanti di arti marziali, ed anzi, per un accidente, uno dei due, colpito, cade rovinando su di una pietra e si fa molto male, a tal punto da finire in rianimazione con prognosi riservata».
L’editore Giuseppe Laterza firma, al termine del volume, una nota in cui ci comunica che «Dall’incontro di denominatori comuni è nata una forte empatia» per testimoniare al chirurgo-romanziere la sua totale disponibilità: prova ne sia che ha pubblicato il testo nella collana di narrativa “I Menhir”… costringendomi a dare qualche informazione al riguardo ai nostri lettori, che spesso chiedono per sapere… il ‘quaero’ di nostra vecchia conoscenza liceale.
In Puglia abbiamo censito quasi un centinaio - per gli studiosi 79 - di Menhir a partire da Terlizzi fino alla costa salentina, ma il termine deriva dal bretone men (pietra) e hir (lunga) e si tratta di un enorme blocco di pietra inserito nel terreno, spesso posti in fila indiana o circolare, e che potevano in altezza andare anche oltre i 20 metri. In sintesi monumenti megalitici risalenti all’Età dei Metalli che, per gli abitanti dell’epoca, avevano una funzione religiosa: l’Età dei Metalli, che segna la fine di quella della Pietra, si riassume: in Età del Rame (6000-3000 a.C.), Età del Bronzo (3000-1000 a.C.) e Età del Ferro dal 1000 a.C. in avanti.
Mi sono occupato di arti marziali il secolo scorso perché scrissi di un volume curato da Joe Santangelo dal titolo “Tattica e teoria nell’arte del combattimento.
Karate-Kick boxing” (Levante-Bari, 1995) in cui risaltava un sapiente intervento del prof. Erasmo Dattoli - ortopedico, esperto di medicina orientale e cultore arti marziali - di cui vi riporto l’incipit iniziale: «Le arti marziali sono disciplinate da un complesso di conoscenze tecniche specifiche; sono altresì fondate sull’esperienza, sull’abilità e sulle genialità di chi la esercita; al contempo sono attività mentale, attività razionale e razionalizzante». Il testo di Andrea Buquicchio, per tutti i LIX capitoli del libro, cerca di dimostrare proprio questa particolarità mentale-razionale delle arti marziali, servendosi della testimonianza di un maestro di origini vietnamite, di nome Giang (fiume): questo simpatico personaggio non si fregia di titoli accademici o sportivi, ma della notevole pratica-conoscenza-esperienza acquisita dal padre e dai fratelli in Vietnam e che si potrebbe sintetizzare in ‘legge di sopravvivenza’. Le arti marziali hanno tutte origini antichissime e ricordo che vi è una disputa fra Cina e India sulla ‘vecchiaia’, ma concordano sul fatto che l’individuo per la propria autodifesa debba utilizzare le mani, le braccia e le gambe, forse agli inizi era consentito l’uso della spada. Il loro bacino di sviluppo è stato il Giappone, nazione in cui si è potenziato ricorrendo a pratiche religiose e filosofiche per approdare ad una perfetta simbiosi tra corpo e spirito.
Il maestro di chirurgia plastica Andrea Buquicchio nel corso del racconto vi dimostrerà quanto sia maestro anche nello sviluppare (plastica…mente) la sua cultura di arti marziali.
1 10 minuti di orologio che Andrea mi ha concesso nella sua visita (era impegnato in un ‘tour’ di parenti ed amici da concludere in giornata), perché poi aveva presentazioni già programmate per far conoscere «La difesa di Angelica», non mi hanno permesso di chiedergli di chi è stata l’idea di dividere il libro in capitoletti…ben 59. Il mio pensiero è volato al volume “La leonessa” di Giorgio Saponaro (Levante-Bari, 1990), un volume raffinato anche nella cura artigianale di ogni particolare: dovevamo, come si faceva quasi sempre per i volumi cartonati, inserire un segnalibro in seta abbinandolo al colore della copertina, ma l’autore, forte di quell’amicizia consolidatasi nel novembre del 1989 quando accettai ogni sua richiesta per l’ennesima ristampa aggiornata del volume «Bari impossibile» (Levante-Bari), mi fece capire che quel piccolo pezzetto di stoffa gli dava l’dea dell’impiccagione e… approdammo ai ‘capitoletti’.
Per cui il volume “La leonessa” già pronto nel 1989 fu rinviato all’anno successivo (… vi fu in aggiunta il motivo che Giorgio, contravvenendo ad un impegno preso con il sottoscritto, pubblicò nello stesso anno «La grotta della libertà» e «La donna del commissario» con i Fratelli Laterza). Tornando ai capitoletti del libro di Saponaro dagli iniziali 70, approdarono ai famosi 580… ossia un numero che aiutava i lettori a ripartire dopo la sospensione, evitando quelle piccole pieghe agli angoli delle pagine (dog ears in inglese, recchjitèdde in barese).
Nei primi mesi del 1990 ecco “La leonessa” finalmente vedere la luce e Giorgio felice mi annunciò che un altro suo racconto era uscito in contemporanea con Schena di Fasano: telefonai a Nunzio Schena che, con la consueta signorilità ed amicizia, mi disse: «… Giorgio è ‘disturbato’ per queste cose». In seguito capii il perché: il volume che Saponaro aveva pubblicato con Schena aveva per titolo “Il sogno disturbato”. Ebbi un incontro serio con Giorgio e gli feci vedere le lettere inviate per trasformare “La leonessa” in una pellicola… con regista, sceneggiatori e attori pugliesi. Fu Pasquale Sorrenti, di cui a marzo dello stesso anno fu pubblicato “Pittori, scultori, architetti e artigiani pugliesi dall’antichità ai nostri giorni”(Levante- Bari,1990) a farmi notare che Saponaro aveva pubblicato da pochi giorni da Giuseppe e Stefano Laterza sotto la sigla Fratelli Laterza “Lontano una città”.
In Andrea Buquicchio ho visto la stessa ansia da pubblicazione… “quasi pronto il secondo romanzo”, per cui da ‘consumato incompetente’ mi permetto di invitarlo a continuare a diffondere il suo “La difesa di Angelica”: testo con un ottimo impianto narrativo che avvince fin dall’inizio e quando sembra assecondare l’aspettativa del lettore, come un giallo edulcorato con sagacia, apre una nuova finestra… senza sbattere la porta.
Sarà merito delle arti marziali? Non saprei, ma mi frulla nella testa, rivedendo quella foto scattata il 14 dicembre per immortalare l’incontro, che il suo sorriso è adatto a «Castigat ridendo mores», ossia celiando prova a rettificare i costumi.
Proprio per questo mi permetto di fare un piccolo appunto alla conclusione cui approda uno dei protagonisti del romanzo: il dottor Rattazzi. Tutto lascia supporre che receda dal suo proposito, che l’autore del libro fa intendere già prestabilito, solo perché ‘ricattato’ da un invio anonimo: da ragazzo e ancor oggi sono cresciuto, vissuto e così continuerò a fare fino alla fine, considerando la magistratura come l’intendeva il politico e giurista ateniese Solone ( 638-558 a.C.): «La società funziona quando i cittadini obbediscono ai magistrati e i magistrati alle leggi». Non vorrei che qualcuno pensasse che sono vissuto in un altro mondo: ho lavorato nel privato, facendo prima gli interessi dello Stato e poi, anche pagando di persona, quelli dell’azienda di famiglia.
Andrea Buquicchio è stato per due legislature consigliere regionale in Piemonte per un partito fondato da un magistrato e forse potrebbe spiegarmi quanto sia difficile… accontentare tutti, ma resto dell’idea che si può essere persone affidabili in qualsiasi lavoro. Voglio pensare che il magistrato Rattazzi abbia preso la sua decisione, nonostante conoscesse la collega e quindi già prevedendo gli sviluppi, solo perché realmente malato e, da sano, avrebbe agito secondo la sua coscienza… perché come diceva Ugo Foscolo: «Tutto si deve sacrificare alla coscienza».
La stessa coscienza che il maestro Giang ha cercato di plasmare nelle sue allieve Angelica e Teresa: come vi potrà confermare il chirurgo plastico Andrea Buquicchio, la sua perizia professionale nulla può con la coscienza.
Sono convinto che Andrea, Gianni e Giuseppe (due vecchi compagni di liceo e un editore) in coscienza… concordino.
PS: Andrea, forse con l’aiuto dell’editore Giuseppe, potrai realizzare l’obiettivo di trasformare il tuo parto di fantasia in una pellicola… ecco per cui ti chiedo di attendere per il bis, lo esige anche la tua predilezione per le… ‘arti’ marziali, dove l’attesa è fondamentale.
Certo è passato più di mezzo secolo dall’ultima volta che ci siamo visti e … improvvisamente, una mattina di un freddo dicembre del 2023, si è presentato con un libro in cui aveva stilato una dedica: «A Gianni nel ricordo dei tempi del Flacco, con stima, simpatia e grande affetto, Bari 14-XII-23». Proprio nella parola affetto vi è tutto il ‘personaggio’ Andrea: era un confessore di fiducia, ma io non ho mai ‘abusato’ della sua tolleranza… anni fa mi inviò una mail perché aveva saputo di un mio problema di salute… era pronto a consigliarmi. Di Andrea, come di quasi tutti coloro che poi hanno studiato Medicina della sezione ‘D’ di quei tempi, si sapeva che la sua professione sarebbe stata quella di curare e ‘migliorare’ il prossimo… per il mondo ci penseranno i giovani di domani e, per restare in argomento, vi regalo un messaggio ‘angelico’ di Alexandre Dumas: «La speranza è il miglior medico che io conosca».
Andrea si è laureato a Bologna, come i miei cugini Pacilli di Sannicandro Garganico che hanno frequentato la stessa facoltà nel medesimo periodo, specializzandosi in Chirurgia plastica a Torino, dove attualmente vive. In pensione dal lavoro ospedaliero, oggi continua la libera professione nella città della Mole Antonelliana. Ha praticato molti sport: equitazione (per evidenti motivi di ‘conflitto di scuderia’ si tratta di sport da chi scrive evitato), tennis (non so se facciamo in tempo a sfidarci), nuoto (a Bari siamo tutti nuotatori), tiro a segno (mi limito a far… ‘segna’re la mia squadra del cuore), arti marziali (… a libera interpretazione “Alea iacta est”).
Buquicchio nel mese di ottobre di quest’anno ha pubblicato, per le Edizioni Giuseppe Laterza s.r.l. di Bari il volume «La difesa di Angelica» (pp. 196, € 20,00), il suo primo romanzo che si avvale di una prefazione di Pietro Casella: caso singolarissimo il prefatore ha conosciuto l’autore del libro solo dopo aver letto il manoscritto. Il buon Erminio Macario, torinese amante del gianduiotto e notissimo attore di una comicità intelligente nella sua apparente insipienza, avrebbe esclamato: «Ho ereditato dai nonni un milione e voglio conservarlo come… ricordo».
Ho dedotto che Casella fosse un torinese dall’incontro, avvenuto in un bar della città in cui la Juventus vince ma il Torino resta sempre ‘GRANDE’, tra Andrea e colui che ha firmato la prefazione. Ho chiesto ad un vecchio amico giornalista che vive da anni a Settimo Torinese notizie e mi ha risposto: si tratta di attore di qualità, Andrea mi aveva detto il poeta Casella. Deduzione: si tratta di un attore-poeta che con grande capacità comunicativa invoglia il potenziale lettore ad avventurarsi in quel percorso che si chiama viaggio nel pianeta carta. Casella mi è risultato subito simpatico perché si schiera fra i sostenitori del libro da sfogliare e parla di ultima ‘difesa’ nei confronti dell’intelligenza artificiale (il discorso è complesso e parte dall’educazione a confrontarsi, senza riserve, con il mondo di ieri alla luce delle scoperte di oggi).
Certo qualcuno può rimproverarmi di incoerenza dato che scrivo su un giornale che annovera una moltitudine di lettori, pur essendo on-line. Premesso che non navigo mai in rete e che consulto solo libri di carta, io affermo da sempre che la traccia cartacea è indispensabile per crearsi un proprio mondo in cui apprendere e riflettere e poi ben venga il futuro: non per distruggere, ma per aiutarci a vivere meglio anche il rapporto con coloro che ameranno sempre il libro di carta.
Vi riporto fedelmente quello che ha scritto Casella perché in tre periodi, da attore provetto e da poeta abituato a confrontarsi con le parole, vi illumina sull’impianto del testo: «Lo stratagemma fondamentale su cui è articolata la narrazione è un tentativo di stupro ad opera di due ragazzi che inseguono una vettura occupata da quattro amiche, tra cui due sorelle, Angelica e Teresa, mentre rientrano a casa dopo una festa di compleanno, Il tema è attuale e, trattandosi di adolescenti, spinge il lettore a schierarsi immediatamente in difesa delle ragazze. Il delitto tentato non ha esito favorevole, grazie all’abilità delle due sorelle, entrambe praticanti di arti marziali, ed anzi, per un accidente, uno dei due, colpito, cade rovinando su di una pietra e si fa molto male, a tal punto da finire in rianimazione con prognosi riservata».
L’editore Giuseppe Laterza firma, al termine del volume, una nota in cui ci comunica che «Dall’incontro di denominatori comuni è nata una forte empatia» per testimoniare al chirurgo-romanziere la sua totale disponibilità: prova ne sia che ha pubblicato il testo nella collana di narrativa “I Menhir”… costringendomi a dare qualche informazione al riguardo ai nostri lettori, che spesso chiedono per sapere… il ‘quaero’ di nostra vecchia conoscenza liceale.
In Puglia abbiamo censito quasi un centinaio - per gli studiosi 79 - di Menhir a partire da Terlizzi fino alla costa salentina, ma il termine deriva dal bretone men (pietra) e hir (lunga) e si tratta di un enorme blocco di pietra inserito nel terreno, spesso posti in fila indiana o circolare, e che potevano in altezza andare anche oltre i 20 metri. In sintesi monumenti megalitici risalenti all’Età dei Metalli che, per gli abitanti dell’epoca, avevano una funzione religiosa: l’Età dei Metalli, che segna la fine di quella della Pietra, si riassume: in Età del Rame (6000-3000 a.C.), Età del Bronzo (3000-1000 a.C.) e Età del Ferro dal 1000 a.C. in avanti.
Mi sono occupato di arti marziali il secolo scorso perché scrissi di un volume curato da Joe Santangelo dal titolo “Tattica e teoria nell’arte del combattimento.
Karate-Kick boxing” (Levante-Bari, 1995) in cui risaltava un sapiente intervento del prof. Erasmo Dattoli - ortopedico, esperto di medicina orientale e cultore arti marziali - di cui vi riporto l’incipit iniziale: «Le arti marziali sono disciplinate da un complesso di conoscenze tecniche specifiche; sono altresì fondate sull’esperienza, sull’abilità e sulle genialità di chi la esercita; al contempo sono attività mentale, attività razionale e razionalizzante». Il testo di Andrea Buquicchio, per tutti i LIX capitoli del libro, cerca di dimostrare proprio questa particolarità mentale-razionale delle arti marziali, servendosi della testimonianza di un maestro di origini vietnamite, di nome Giang (fiume): questo simpatico personaggio non si fregia di titoli accademici o sportivi, ma della notevole pratica-conoscenza-esperienza acquisita dal padre e dai fratelli in Vietnam e che si potrebbe sintetizzare in ‘legge di sopravvivenza’. Le arti marziali hanno tutte origini antichissime e ricordo che vi è una disputa fra Cina e India sulla ‘vecchiaia’, ma concordano sul fatto che l’individuo per la propria autodifesa debba utilizzare le mani, le braccia e le gambe, forse agli inizi era consentito l’uso della spada. Il loro bacino di sviluppo è stato il Giappone, nazione in cui si è potenziato ricorrendo a pratiche religiose e filosofiche per approdare ad una perfetta simbiosi tra corpo e spirito.
Il maestro di chirurgia plastica Andrea Buquicchio nel corso del racconto vi dimostrerà quanto sia maestro anche nello sviluppare (plastica…mente) la sua cultura di arti marziali.
1 10 minuti di orologio che Andrea mi ha concesso nella sua visita (era impegnato in un ‘tour’ di parenti ed amici da concludere in giornata), perché poi aveva presentazioni già programmate per far conoscere «La difesa di Angelica», non mi hanno permesso di chiedergli di chi è stata l’idea di dividere il libro in capitoletti…ben 59. Il mio pensiero è volato al volume “La leonessa” di Giorgio Saponaro (Levante-Bari, 1990), un volume raffinato anche nella cura artigianale di ogni particolare: dovevamo, come si faceva quasi sempre per i volumi cartonati, inserire un segnalibro in seta abbinandolo al colore della copertina, ma l’autore, forte di quell’amicizia consolidatasi nel novembre del 1989 quando accettai ogni sua richiesta per l’ennesima ristampa aggiornata del volume «Bari impossibile» (Levante-Bari), mi fece capire che quel piccolo pezzetto di stoffa gli dava l’dea dell’impiccagione e… approdammo ai ‘capitoletti’.
Per cui il volume “La leonessa” già pronto nel 1989 fu rinviato all’anno successivo (… vi fu in aggiunta il motivo che Giorgio, contravvenendo ad un impegno preso con il sottoscritto, pubblicò nello stesso anno «La grotta della libertà» e «La donna del commissario» con i Fratelli Laterza). Tornando ai capitoletti del libro di Saponaro dagli iniziali 70, approdarono ai famosi 580… ossia un numero che aiutava i lettori a ripartire dopo la sospensione, evitando quelle piccole pieghe agli angoli delle pagine (dog ears in inglese, recchjitèdde in barese).
Nei primi mesi del 1990 ecco “La leonessa” finalmente vedere la luce e Giorgio felice mi annunciò che un altro suo racconto era uscito in contemporanea con Schena di Fasano: telefonai a Nunzio Schena che, con la consueta signorilità ed amicizia, mi disse: «… Giorgio è ‘disturbato’ per queste cose». In seguito capii il perché: il volume che Saponaro aveva pubblicato con Schena aveva per titolo “Il sogno disturbato”. Ebbi un incontro serio con Giorgio e gli feci vedere le lettere inviate per trasformare “La leonessa” in una pellicola… con regista, sceneggiatori e attori pugliesi. Fu Pasquale Sorrenti, di cui a marzo dello stesso anno fu pubblicato “Pittori, scultori, architetti e artigiani pugliesi dall’antichità ai nostri giorni”(Levante- Bari,1990) a farmi notare che Saponaro aveva pubblicato da pochi giorni da Giuseppe e Stefano Laterza sotto la sigla Fratelli Laterza “Lontano una città”.
In Andrea Buquicchio ho visto la stessa ansia da pubblicazione… “quasi pronto il secondo romanzo”, per cui da ‘consumato incompetente’ mi permetto di invitarlo a continuare a diffondere il suo “La difesa di Angelica”: testo con un ottimo impianto narrativo che avvince fin dall’inizio e quando sembra assecondare l’aspettativa del lettore, come un giallo edulcorato con sagacia, apre una nuova finestra… senza sbattere la porta.
Sarà merito delle arti marziali? Non saprei, ma mi frulla nella testa, rivedendo quella foto scattata il 14 dicembre per immortalare l’incontro, che il suo sorriso è adatto a «Castigat ridendo mores», ossia celiando prova a rettificare i costumi.
Proprio per questo mi permetto di fare un piccolo appunto alla conclusione cui approda uno dei protagonisti del romanzo: il dottor Rattazzi. Tutto lascia supporre che receda dal suo proposito, che l’autore del libro fa intendere già prestabilito, solo perché ‘ricattato’ da un invio anonimo: da ragazzo e ancor oggi sono cresciuto, vissuto e così continuerò a fare fino alla fine, considerando la magistratura come l’intendeva il politico e giurista ateniese Solone ( 638-558 a.C.): «La società funziona quando i cittadini obbediscono ai magistrati e i magistrati alle leggi». Non vorrei che qualcuno pensasse che sono vissuto in un altro mondo: ho lavorato nel privato, facendo prima gli interessi dello Stato e poi, anche pagando di persona, quelli dell’azienda di famiglia.
Andrea Buquicchio è stato per due legislature consigliere regionale in Piemonte per un partito fondato da un magistrato e forse potrebbe spiegarmi quanto sia difficile… accontentare tutti, ma resto dell’idea che si può essere persone affidabili in qualsiasi lavoro. Voglio pensare che il magistrato Rattazzi abbia preso la sua decisione, nonostante conoscesse la collega e quindi già prevedendo gli sviluppi, solo perché realmente malato e, da sano, avrebbe agito secondo la sua coscienza… perché come diceva Ugo Foscolo: «Tutto si deve sacrificare alla coscienza».
La stessa coscienza che il maestro Giang ha cercato di plasmare nelle sue allieve Angelica e Teresa: come vi potrà confermare il chirurgo plastico Andrea Buquicchio, la sua perizia professionale nulla può con la coscienza.
Sono convinto che Andrea, Gianni e Giuseppe (due vecchi compagni di liceo e un editore) in coscienza… concordino.
PS: Andrea, forse con l’aiuto dell’editore Giuseppe, potrai realizzare l’obiettivo di trasformare il tuo parto di fantasia in una pellicola… ecco per cui ti chiedo di attendere per il bis, lo esige anche la tua predilezione per le… ‘arti’ marziali, dove l’attesa è fondamentale.