VITTORIO POLITO - Quali sono le tradizioni baresi per la notevole ricorrenza di
Natale? Le ricorda il grande Giovanni Panza (1916-1994), nel suo best-seller edito
nel 1989 da Schena di Fasano (BR), “La checine de nononne - u mangià de li barise
d’aiire e de iosce”, nel quale descrive con dovizia di particolari quello che i baresi, e
non solo, si accingono a gustare nel periodo natalizio, il più lungo periodo festivo
dell’anno ma, Panza, non si ferma solo a Natale e riporta nel suo libro le pietanze di
tutti i periodi dell’anno, scritti in italiano e nel dialetto di casa nostra, il barese. Un
libro che secondo Franco Sorrentino è un «...Bellissimo volume scritto con un amore
e con una maestria che lo rendono degno di ogni casa barese».
L’autore descrive dettagliatamente quello che si mangia a Natale e Pasqua e nelle cosiddette “feste terribele” (feste terribili), cioè le festività più importanti dell’anno, in occasione delle quali si prepara un lungo corteo di piatti in perfetto ossequio alle tradizioni culinarie cittadine. Per l’occasione mi limiterò a descrivere il pranzo di Natale, rimandando i lettori all’opera originale per le altre festività e per gli altri periodi dell’anno che Panza definisce “u mangià de la vatregne” ovvero le pietanze dei giorni feriali. L’autore ricorda che “la cucina barese è una cucina semplice, niente affatto sofisticata. È una cucina genuina, saporita, non perché manchino piatti elaborati (come la lasagna imbottita), ma questi sono piatti che si preparano solo nei giorni di festa, nelle più solenni ricorrenze, le «feste terribele» - appunto - come si chiamano a Bari”.
Vigilia di Natale
Spaghetti con il gronco (pesce di mare affine all’anguilla o al capitone, o con frutti di mare (noci, cozze, datteri, muscoli, o seppie, ecc.); capitone allo spiedo con foglie di alloro; frutta di mare cruda, comacchio (anguille e capitone fritti conservati in salamoia a base di aceto); baccalà e pesciolini fritti e sott’aceto; verdura cruda, cartellate, castagnelle, paste reali, occhi di Santa Lucia (tarallini natalizi ricoperti di glassa), torrone, liquore di limone o di mandarino, anisetta, strega, amaro, ecc.).
Natale
Brodo di tacchino con verdura, riso o altro; lesso di tacchino con contorno di insalata verde; carciofi e lampascioni indorati e fritti; frutta di mare eventualmente avanzata; verdura cruda, frutta di stagione e tutto il resto come il giorno della vigilia.
Santo Stefano
Timballo al forno, carne a ragù, agnello alla brace con contorno di patatine fritte; il resto come i giorni precedenti). Va detto che per i baresi sono irrinunciabili gli antipasti di mare come l’aliscette (alicette); l’alliive (seppioline); le calamariidde (calamaretti); la meroske (piccoli pesci); le pulperizze (piccoli polpi arricciati); le rizze (i ricci) e, dulcis in fundo, u ccrute (il crudo), rappresentato dalla varietà di frutti di mare (cozze pelose, noci, ostriche, canestrelle, tartufi di mare, ecc.). Tutte prelibatezze marine da consumare rigorosamente crude.
È d’obbligo dare atto a Giovanni Panza per il suo particolare attaccamento a Bari ed
ai valori storici e morali ad essa collegati, nonché alle tradizioni culinarie miranti a
far risaltare il dialetto e le tradizioni, insieme alle sue preziose ricette tanto utili alla
casalinga barese, e non solo, e tanto salutari per la dieta mediterranea, ampiamente
riconosciuta da dietologi e nutrizionisti.
L’autore descrive dettagliatamente quello che si mangia a Natale e Pasqua e nelle cosiddette “feste terribele” (feste terribili), cioè le festività più importanti dell’anno, in occasione delle quali si prepara un lungo corteo di piatti in perfetto ossequio alle tradizioni culinarie cittadine. Per l’occasione mi limiterò a descrivere il pranzo di Natale, rimandando i lettori all’opera originale per le altre festività e per gli altri periodi dell’anno che Panza definisce “u mangià de la vatregne” ovvero le pietanze dei giorni feriali. L’autore ricorda che “la cucina barese è una cucina semplice, niente affatto sofisticata. È una cucina genuina, saporita, non perché manchino piatti elaborati (come la lasagna imbottita), ma questi sono piatti che si preparano solo nei giorni di festa, nelle più solenni ricorrenze, le «feste terribele» - appunto - come si chiamano a Bari”.
Vigilia di Natale
Spaghetti con il gronco (pesce di mare affine all’anguilla o al capitone, o con frutti di mare (noci, cozze, datteri, muscoli, o seppie, ecc.); capitone allo spiedo con foglie di alloro; frutta di mare cruda, comacchio (anguille e capitone fritti conservati in salamoia a base di aceto); baccalà e pesciolini fritti e sott’aceto; verdura cruda, cartellate, castagnelle, paste reali, occhi di Santa Lucia (tarallini natalizi ricoperti di glassa), torrone, liquore di limone o di mandarino, anisetta, strega, amaro, ecc.).
Natale
Brodo di tacchino con verdura, riso o altro; lesso di tacchino con contorno di insalata verde; carciofi e lampascioni indorati e fritti; frutta di mare eventualmente avanzata; verdura cruda, frutta di stagione e tutto il resto come il giorno della vigilia.
Santo Stefano
Timballo al forno, carne a ragù, agnello alla brace con contorno di patatine fritte; il resto come i giorni precedenti). Va detto che per i baresi sono irrinunciabili gli antipasti di mare come l’aliscette (alicette); l’alliive (seppioline); le calamariidde (calamaretti); la meroske (piccoli pesci); le pulperizze (piccoli polpi arricciati); le rizze (i ricci) e, dulcis in fundo, u ccrute (il crudo), rappresentato dalla varietà di frutti di mare (cozze pelose, noci, ostriche, canestrelle, tartufi di mare, ecc.). Tutte prelibatezze marine da consumare rigorosamente crude.
Le cartellate della Pasticceria Fanelli |