TARANTO - Alle prime ore della mattinata odierna, la Polizia di Stato sta dando esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal GIP presso il Tribunale di Taranto, su richiesta della Procura di Taranto, nei confronti di 8 indagati.
L’indagine, condotta dagli investigatori della Squadra Mobile di Taranto sotto l’accurata direzione della Procura di Taranto, si è sviluppata dall’aprile del 2021, a seguito di un incendio, avvenuto nei pressi dell’ingresso principale del cimitero S. Brunone di Taranto, di due automezzi di proprietà di una società che all’epoca dei fatti gestiva, per conto del Comune di Taranto, i servizi cimiteriali.
Grazie anche all’ausilio dei moderni strumenti investigativi, si è riusciti a ricostruire l’intricata vicenda che ha visto come protagonisti alcuni dipendenti del Comune e alcuni soggetti appartenenti ad una Società Cooperativa Sociale, ritenuti presunti responsabili dei reati di turbata libertà degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, anche nei confronti dei corruttori.
Dalle indagini, sarebbe emerso che i soggetti monitorati si accordassero e ponessero in essere molteplici condotte criminali che permettevano alla società cooperativa sociale di aggiudicarsi - illecitamente - la gestione dei servizi cimiteriali in Taranto per alcuni anni, con un importo della gara di appalto di circa 7 milioni di euro.
In particolare, risulterebbe che alcuni dipendenti del Comune di Taranto avessero modificato i punteggi attribuiti alle offerte tecniche ed avrebbero compiuto una serie di altre azioni volte a favorire irregolarmente la società cooperativa sociale a discapito delle altre che avevano partecipato alla gara, in cambio di presunte elargizioni di denaro.
Altresì, la stringente attività di polizia giudiziaria avrebbe fatto emergere anche la presunta esistenza di un’associazione per delinquere, composta da alcuni necrofori in servizio presso il cimitero di San Brunone in Taranto, dipendenti della predetta società , i quali avrebbero posto in essere numerosissimi episodi di estorsione aggravata dall’aver commesso il fatto in più persone riunite, nonché di concussione a danno degli utenti dei cimiteri di Taranto, compiuti nell’ambito dei servizi e delle operazioni cimiteriali, utilizzando per tale scopo anche la “cattiva fama” di un noto esponente di un gruppo criminale tarantino, deceduto dopo la conclusione delle indagini.
In base alle risultanze investigative della Procura e della Polizia Giudiziaria delegata, sarebbe emerso che il gruppo dei necrofori riuscisse ad ottenere dai familiari delle persone decedute, direttamente o attraverso l’intermediazione di agenzie funebri o di dipendenti cimiteriali, somme che variavano dai 100 ai 250 euro per ogni singola procedura di tumulazione o estumulazione.
La Procura della Repubblica, valutati gli esiti investigativi, ha poi avanzato al G.I.P. la richiesta di misure cautelari. Pertanto, tale Autorità Giudiziaria ha ritenuto necessaria l’adozione di custodie cautelari in carcere per un soggetto; gli arresti domiciliari per altre 7 persone; il divieto di esercitare, per 12 mesi, anche per interposta persona, imprese o uffici direttivi della società cooperativa sociale per un altro soggetto ed, infine, la sospensione per 12 mesi dell’esercizio di ogni facoltà inerente il pubblico ufficio di dirigente di ente pubblico per un dipendente comunale.
Un aspetto particolare che si evince dall’attività di indagine è l’odioso “spaccato criminale” nel quale – soprattutto in situazioni di necessità – si è verosimilmente approfittato di sentimenti di affezione e dolore in cui le persone vengono a trovarsi allorché un familiare viene a mancare.
Resta ferma la presunzione d’innocenza per tutti gli indagati fino al passaggio in giudicato della sentenza.
L’indagine, condotta dagli investigatori della Squadra Mobile di Taranto sotto l’accurata direzione della Procura di Taranto, si è sviluppata dall’aprile del 2021, a seguito di un incendio, avvenuto nei pressi dell’ingresso principale del cimitero S. Brunone di Taranto, di due automezzi di proprietà di una società che all’epoca dei fatti gestiva, per conto del Comune di Taranto, i servizi cimiteriali.
Grazie anche all’ausilio dei moderni strumenti investigativi, si è riusciti a ricostruire l’intricata vicenda che ha visto come protagonisti alcuni dipendenti del Comune e alcuni soggetti appartenenti ad una Società Cooperativa Sociale, ritenuti presunti responsabili dei reati di turbata libertà degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, anche nei confronti dei corruttori.
Dalle indagini, sarebbe emerso che i soggetti monitorati si accordassero e ponessero in essere molteplici condotte criminali che permettevano alla società cooperativa sociale di aggiudicarsi - illecitamente - la gestione dei servizi cimiteriali in Taranto per alcuni anni, con un importo della gara di appalto di circa 7 milioni di euro.
In particolare, risulterebbe che alcuni dipendenti del Comune di Taranto avessero modificato i punteggi attribuiti alle offerte tecniche ed avrebbero compiuto una serie di altre azioni volte a favorire irregolarmente la società cooperativa sociale a discapito delle altre che avevano partecipato alla gara, in cambio di presunte elargizioni di denaro.
Altresì, la stringente attività di polizia giudiziaria avrebbe fatto emergere anche la presunta esistenza di un’associazione per delinquere, composta da alcuni necrofori in servizio presso il cimitero di San Brunone in Taranto, dipendenti della predetta società , i quali avrebbero posto in essere numerosissimi episodi di estorsione aggravata dall’aver commesso il fatto in più persone riunite, nonché di concussione a danno degli utenti dei cimiteri di Taranto, compiuti nell’ambito dei servizi e delle operazioni cimiteriali, utilizzando per tale scopo anche la “cattiva fama” di un noto esponente di un gruppo criminale tarantino, deceduto dopo la conclusione delle indagini.
In base alle risultanze investigative della Procura e della Polizia Giudiziaria delegata, sarebbe emerso che il gruppo dei necrofori riuscisse ad ottenere dai familiari delle persone decedute, direttamente o attraverso l’intermediazione di agenzie funebri o di dipendenti cimiteriali, somme che variavano dai 100 ai 250 euro per ogni singola procedura di tumulazione o estumulazione.
La Procura della Repubblica, valutati gli esiti investigativi, ha poi avanzato al G.I.P. la richiesta di misure cautelari. Pertanto, tale Autorità Giudiziaria ha ritenuto necessaria l’adozione di custodie cautelari in carcere per un soggetto; gli arresti domiciliari per altre 7 persone; il divieto di esercitare, per 12 mesi, anche per interposta persona, imprese o uffici direttivi della società cooperativa sociale per un altro soggetto ed, infine, la sospensione per 12 mesi dell’esercizio di ogni facoltà inerente il pubblico ufficio di dirigente di ente pubblico per un dipendente comunale.
Un aspetto particolare che si evince dall’attività di indagine è l’odioso “spaccato criminale” nel quale – soprattutto in situazioni di necessità – si è verosimilmente approfittato di sentimenti di affezione e dolore in cui le persone vengono a trovarsi allorché un familiare viene a mancare.
Resta ferma la presunzione d’innocenza per tutti gli indagati fino al passaggio in giudicato della sentenza.