BARI - “Uno dei problemi della giustizia italiana, purtroppo non il solo, è lo smodato protagonismo di tanti magistrati. Non ha saputo sottrarsi a questa deplorevole tentazione neppure il dottor Biagio Mazzeo, capo della Procura di Asti, che si è preso la briga di commentare ripetutamente con la stampa la spropositata condanna a 17 anni del gioielliere Mario Roggero per l’omicidio di due rapinatori". Lo dichiara il deputato della Lega, Davide Bellomo, componente della Commissione Giustizia.
"Al dottor Mazzeo vorrei ricordare che - prosegue Bellomo -, secondo il decreto legislativo che elenca gli illeciti disciplinari dei magistrati, è fatto ‘divieto di rilasciare pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimenti non soggetti a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui’. Il comportamento del procuratore di Asti, dunque, in palese violazione della norma, non solo ha ignorato il principio costituzionalmente garantito della presunzione d’innocenza, ma ha anche potenzialmente influenzato l’opinione pubblica in un momento in cui la riservatezza e l’oggettività dovrebbero essere sovrane. Il senso di impunità e di arroganza che ne traspare - spiega Bellomo - è una evidente deriva autoritaria che, come tale, deve essere sottoposta ad una sanzione disciplinare. Coloro che sono incaricati di applicare la legge devono essere anche i primi a rispettarla. E se così non fosse, le conseguenze per la fiducia nel nostro sistema giudiziario sarebbero davvero preoccupanti. Una fiducia che è già messa a dura prova da condanne come quella ai danni di Roggero, che aggravano la percezione che lo Stato sia dalla parte dei rapinatori e non della gente onesta che viene aggredita. Non si può infatti ignorare la situazione estrema nella quale il gioielliere si è venuto a trovare. La reazione, seppur tragica, deve essere inquadrata e compresa nel contesto di un fatto traumatico che ha messo a rischio la sua vita e quella dei suoi familiari. La fredda applicazione delle norme, senza considerare tutte le ‘circostanze (rectius: attenuanti)’, diventa una forma di ingiustizia e fa passare un messaggio fuorviante. Anche per questo, e non solo per questo, il procuratore di Asti avrebbe fatto bene a scegliere la via della riservatezza. Quella che, almeno sulla carta, gli sarebbe imposta per legge. E per tali ragioni è quanto mai opportuno che il procuratore di Asti venga sottoposto al relativo procedimento disciplinare per violazione della norma che disciplina e punisce il comportamento dei magistrati nella gestione del proprio ufficio” conclude Bellomo.
"Al dottor Mazzeo vorrei ricordare che - prosegue Bellomo -, secondo il decreto legislativo che elenca gli illeciti disciplinari dei magistrati, è fatto ‘divieto di rilasciare pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimenti non soggetti a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui’. Il comportamento del procuratore di Asti, dunque, in palese violazione della norma, non solo ha ignorato il principio costituzionalmente garantito della presunzione d’innocenza, ma ha anche potenzialmente influenzato l’opinione pubblica in un momento in cui la riservatezza e l’oggettività dovrebbero essere sovrane. Il senso di impunità e di arroganza che ne traspare - spiega Bellomo - è una evidente deriva autoritaria che, come tale, deve essere sottoposta ad una sanzione disciplinare. Coloro che sono incaricati di applicare la legge devono essere anche i primi a rispettarla. E se così non fosse, le conseguenze per la fiducia nel nostro sistema giudiziario sarebbero davvero preoccupanti. Una fiducia che è già messa a dura prova da condanne come quella ai danni di Roggero, che aggravano la percezione che lo Stato sia dalla parte dei rapinatori e non della gente onesta che viene aggredita. Non si può infatti ignorare la situazione estrema nella quale il gioielliere si è venuto a trovare. La reazione, seppur tragica, deve essere inquadrata e compresa nel contesto di un fatto traumatico che ha messo a rischio la sua vita e quella dei suoi familiari. La fredda applicazione delle norme, senza considerare tutte le ‘circostanze (rectius: attenuanti)’, diventa una forma di ingiustizia e fa passare un messaggio fuorviante. Anche per questo, e non solo per questo, il procuratore di Asti avrebbe fatto bene a scegliere la via della riservatezza. Quella che, almeno sulla carta, gli sarebbe imposta per legge. E per tali ragioni è quanto mai opportuno che il procuratore di Asti venga sottoposto al relativo procedimento disciplinare per violazione della norma che disciplina e punisce il comportamento dei magistrati nella gestione del proprio ufficio” conclude Bellomo.
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