Nella lunga storia dell’intelligenza artificiale, che nasce ufficialmente nel 1956 durante la conferenza al Dartmouth College, nel New Hampshire in America, questi ultimi anni saranno ricordati come quelli in cui su scala globale si è diffuso il ricorso alle sue potenzialità e, soprattutto, se ne è parlato tanto da renderla un argomento familiare al grande pubblico. Le applicazioni di IA sono sempre più usate in settori diversi per semplificare, affinare, velocizzare tanto i processi decisionali che quelli produttivi.
È un guadagno? Dipende: una cosa è usarla, altra cosa è farsi usare. Nel 2017, durante il Web Summit di Lisbona, Stephen Hawking metteva in guardia da un uso incauto dell’IA. “L’intelligenza artificiale potrebbe sviluppare una volontà tutta sua” disse, e superarci nell’arco di pochi decenni. Di qui l’invito ad avere “un giusto approccio alla scienza, per creare un mondo migliore per l’intera razza umana”.
Intanto, quanto già incide sulle nostre vite? Le informazioni che arrivano dal web, miliardi, sono infinitamente al di sopra delle nostre capacità di rielaborazione e memoria, possiamo considerarne solo qualcuna, in genere senza approfondirla e prestando sempre meno attenzione.
Per una legge primordiale, ciò che scarseggia ha più valore. Oggi a scarseggiare è proprio l’attenzione e per questo è diventata la “merce” di maggior valore.
Nei social, ad esempio, personaggio pubblico e cittadino comune la ricercano con l’intento di suscitare interazioni ed essere considerati dall’algoritmo, pena la condanna all’irrilevanza.
Ricercano l’attenzione anche le imprese per emergere nel mercato. Chi produce sa di agire su una scena globale, in cui tanti altri propongono cose simili alle sue. Il mantra è “differenziarsi” e catturare l’attenzione del pubblico nei pochi secondi che dura il primo approccio. Una volta conquistata, fino a quando riusciranno a tenerla viva generando interesse, incrementeranno le possibili soddisfazioni in termini di prestigio e di fatturato. Non è né facile né scontato ma è possibile: appoggiarsi a dei professionisti apre a possibilità che altrimenti rimarrebbero inesplorate.
Ne parliamo con Ingigni, agenzia di marketing con sedi a Bari e Lucera.
Il difficile equilibrio fra IA ed attenzione nell’era dell’ipersollecitazione
Al crescere del flusso di informazioni provenienti dal web corrisponde una proporzionale diminuzione di attenzione da parte degli utenti con la conseguente delega di scelta sempre più ampia all’intelligenza artificiale. Che futuro ci aspetta se le lasciamo modellare il nostro mondo e la nostra vita?
In un'epoca come questa, il concetto di “economia dell'attenzione”, teorizzato da Herbert Simon nel 1969, assume una rilevanza straordinaria. Con l'avvento dell'intelligenza artificiale, il modo in cui percepiamo e consumiamo le informazioni è radicalmente cambiato. In queste righe esploreremo come la società odierna reagisce al bombardamento incessante di informazioni e come l'IA stia giocando un ruolo cruciale nel rimodellare le nostre vite.
1. L'infodemia contemporanea nasce dal diluvio di dati presenti nel web. Secondo un report di “statista.com” nel 2020 sono stati prodotti a livello globale oltre 64 zettabyte di dati, qualcosa come 64 trilioni di gigabyte. Per quanto mostruosa sia già una mole di questa portata, si prevede che continuerà a crescere a ritmi esponenziali alimentata da siti web, social media, applicazioni e dispositivi smart. Nel 2025 il volume si prevede triplicato rispetto al 2020.
2. L'economia dell'attenzione. Simon aveva capito che nel mondo che si stava prefigurando non sarebbero mancate le informazioni ma sarebbe drasticamente diminuita l’attenzione alle informazioni.
Spiegò il fenomeno con la storia dei due conigli, una femmina ed un maschio, che i suoi vicini di casa avevano regalato alla figlia per il compleanno. La coppia generò in poco tempo una comunità di conigli e la lattuga, che prima abbondava, adesso non bastava più. Simon intendeva dire che, in un sistema, se un elemento cresce, un altro deve necessariamente diminuire per mantenere il tutto in equilibrio.
In un'epoca come la nostra, in cui un tweet può scatenare una tempesta finanziaria o una fake news può diventare virale, mantenere alta l’attenzione è un atto di responsabilità.
3. L'intelligenza artificiale ha cambiato le regole del gioco mentre si stava giocando, una cosa che spiazza, ma siamo solo agli inizi. L'IA sta ridefinendo il modo in cui interagiamo con il mondo digitale. Dai suggerimenti di prodotti personalizzati su piattaforme e-commerce ai feed curati sui social media, l'IA sta modificando le nostre esperienze anche nella vita reale influenzando questioni significative come decisioni di carriera, pratiche sanitarie o preferenze politiche. E non solo.
4. Esempi nella vita di tutti i giorni. L'IA ci affianca come assistente vocale, ci raccomanda i film da vedere sulle piattaforme streaming, ci spiega come si fa una pasta al forno, come ci si veste ad un matrimonio; sa leggere una risonanza magnetica, catalogare le merci in un magazzino, garantire la sicurezza bancaria, tradurre testi in automatico…
L’IA ci semplifica la vita e in cambio ottiene una miriade di informazioni su di noi: abitudini, gusti, comportamenti, capacità di spesa, livello culturale, provenienza geografica, simpatie politiche e religiose, tendenze sessuali…Su di noi sa anche più di noi e poi è in grado di usare una dettagliatissima profilazione di cui è venuta in possesso per sensibilizzare le scelte degli utenti ed offrire un’esperienza sempre più personalizzata.
5. E domani? come sarà la società nell'era post-informazione? Mentre navighiamo in questo mare di dati, ci troviamo ad affrontare questioni etiche e pratiche. Come possiamo bilanciare il desiderio di informarci con la necessità di preservare la nostra attenzione ed il nostro spirito critico? Qual è il ruolo della responsabilità individuale e collettiva nel moderare il consumo di informazioni? L'IA ci starà di fianco o ci sopravanzerà?
6. Possiamo fidarci? Dipende. Quelli di seguito sono due casi che esortano alla riflessione.
Il primo riguarda una clamorosa scoperta in campo medico. Nel 2020, grazie all’utilizzo dell’IA - o meglio del machine learning o apprendimento automatico dell’IA - che aveva saputo cogliere relazioni sfuggite all’osservazione umana, gli scienziati del MIT scoprirono l’halicina (nome ispirato al computer “HAL 9000” nel film “2001: odissea nello spazio” di Stanley Kubrick), un antibiotico capace di uccidere batteri fino ad allora resistenti a qualunque altro antibiotico. Il tutto in un tempo brevissimo.
Può anche succedere che un avvocato cerchi di risparmiare tempo chiedendo all’intelligenza artificiale di fornirgli casi analoghi a quelli del proprio assistito volti a suffragare la tesi difensiva. Peccato che almeno 6 tra quelli presentati alla corte non esistessero in alcun archivio legale poiché inventati di sana pianta. Questo caso di eccessivo affidamento ha avuto un esito infelice e gli avvocati Steven A. Schwartz e Peter LoDuca di New York sono stati condannati a pagare una sanzione di 5.00 dollari. Un brutto colpo anche per la reputazione dello studio legale.
Conclusione. Sono tutte questioni aperte: la relazione con l’IA, la progressiva perdita di attenzione, l’ipersollecitazione che subiamo ogni giorno, l’incidenza nel nostro modo di elaborare le informazioni. Sono tutte domande con poche risposte.
Siamo nel bel mezzo di un cambiamento epocale e l’IA merita di essere osservata, ascoltata, sperimentata senza pregiudizi e con la consapevolezza che sempre più giocherà un ruolo determinante nel quotidiano impattando su tutti gli ambiti dell’esperienza umana.