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Il libro della De Gregorio è stato presentato, a cura del Centro Italiano Femminile Metropolitano Bari, venerdi 15 dicembre nelle sale del Museo Civico - Bari: Cristina Maremonti ha dialogato con l’Autrice mentre l’introduzione è stata affidata a Benedetta Sasanelli. Letture a cura di Marileda Maggi. Dedicato ai nipoti e a tutto i bimbi del mondo colpisce subito la citazione di A. Einstein: “Se volete che vostro figlio sia intelligente, Raccontategli delle fiabe, se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più“.
E così ho ricordato che zia Tina per farmi addormentare mi raccontava due o tre fiabe tutte le sere. Allora come ora se non si fa notte fonda non riesco ad abbandonarmi al mondo dei sogni. Oggi purtroppo non c’è più zia Tina ma c’è Madonna Poesia che tra il sonno e la veglia mi conduce dolcemente nelle braccia di Morfeo. Ovviamente non sto affermando di essere intelligente, così come da citazione di Einstein: assolutamente no . Ma riflettendo devo affermare che i racconti delle fiabe mi emozionavano: gioia, stupore, dolore, paura, apprensione, identificazione con i protagonisti e così via. Ecco, Ignacio Matte Blanco, il grande psicoanalista cileno ad indirizzo kleiniano, con la sua teoria dell’inconscio come sistemi infiniti ha sempre sostenuto che “ l’emozione è la madre del pensiero“.
L’inconscio non rispetta le regole della cosiddetta ragione così come non le rispettano le Arti che dall’inconscio in interazione con la cosiddetta realtà traggono nutrimento e suscitano emozioni . Le Arti portano ad esistere parti di sé, determinando così il senso dell’essere al mondo e attraverso l’emozione costruiscono il pensiero e il discorso. Pensare infatti non sempre è un atto volontario, anzi noi non sappiamo mai fino in fondo che cosa stiamo pensando poiché le radici del pensare sono profonde e abissali, scaturiscono dal tessuto onirico diurno e notturno, dalle emozioni. Non è casuale infatti che oggi si tenda ad annientare ogni emozione sì che alla fine dei conti non si pensi se non con un pensiero unico o peggio binario. E dunque stereotipato così come deciso dai poteri dominanti il mondo economico che per esistere necessita di masse informi, obbedienti al mercato e al consumismo.
Non sono molti coloro che sono consapevoli che gli assunti della psicoanalisi sono rilevabili nei miti, nelle fiabe, nella poesia e nelle arti: ed è per queste ragioni che nel libro da me scritto con Domenica Girasoli dal titolo “ Piccoli risvegli. La fiaba nel percorso diagnostico e psicoterapeitico” Schena editore 1999 abbiamo affermato che “Nella fiaba, quale grande metafora delle dimensioni intrapsichiche, “intersoggettive” e culturali, molte volte riconosciamo parti di noi stessi, dei nostri sogni, del nostro passato e del nostro desiderare un futuro. Non a caso René Kaës ha affermato che «la fiaba è la rappresentazione e la narrazione di formazioni e di processi della realtà psichica». Essere svegli significa essere vigili e soprattutto avere la possibilità di ascoltare profondamente se stessi, ma è tra il sogno e la veglia che l’individuo può, forse, veramente risvegliarsi e scoprire nuovi intimi scenari oltre che il senso del proprio “essere nel mondo”. La fiaba, fatta per essere narrata ed ascoltata, è un sogno ad occhi aperti che facilita i piccoli risvegli e forse anche la nascita di una nuova coscienza di sé. Qualcosa di perduto ed improvvisamente ritrovato.” E nello stesso lavoro con Andreas Giannakoulas, il ben noto psicoanalista purtroppo scomparso così ho scritto : “Il significato e l’importanza della fiaba, sia per l’adulto che per il bambino, sono stati riconosciuti attraverso i secoli. Alcune fiabe sono persino suggerite come una specie di cibo cognitivo o di saggezza emotiva. Vanno, però, presi in considerazione anche i molteplici aspetti inerenti al messaggio dell’adulto verso il bambino attraverso la fiaba: come per esempio vari messaggi di ordine religioso, moralistico o manipolativo. Le fiabe possono essere anche, sia da parte del bambino che dell’adulto, la possibilità di esprimere ansie o desideri.
Possono anche alternativamente essere riconosciute da parte dell’adulto differenze di ordine evolutivo, storico, personale, sessuale, e aggressivo, di asserzioni da parte del bambino privilegiando periodicamente messaggi di crescita o di proibizione; in questo senso una parte della creatività e del contributo del bambino rischia di essere sacrificato.
Il poter tollerare la mancanza dell’oggettività della razionalità inerente ad ogni fiaba permette non solo uno scambio di comunicazioni più profonde, ma anche la possibilità di elaborazione da parte del bambino o del paziente di alcune fantasie arcaiche o conflitti più profondi. In questo senso i concetti di holding, di Io ausiliare da parte dell’ambiente sono di grande importanza.
Allora la fiaba può diventare un mediatore, qualcosa come un oggetto transizionale sia per il contributo del bambino che dell’adulto. Spesso può diventare una specie di gioco di traduzioni allegoriche, condiviso solennemente dal bambino con l’ambiente o dal paziente con il terapeuta. Perfino in queste situazioni la fiaba può permettere al bambino di giocare “istruendo” l’adulto. Winnicott attraverso il gioco e il concetto dell’illusione ci aiuta a comprendere l’importanza di poter condividere e sostenere l’illusione che è una delle caratteristiche della fiaba.
Tutte le buone fiabe hanno significati a vari livelli; solo il bambino può sapere quale significato è importante per lui in quel momento“.
Nel mito ritroviamo quei sistemi archetipici che appartengono alla nostra originaria natura , non a caso questi sono universali. Nella fiaba o nella favola che non sono evidentemente sinonimi tant’è che leggiamo nella Treccani che: “ La favola è di regola scritta da un autore, ha per protagonisti animali e alla fine contiene una morale con la quale si vuole insegnare un comportamento o condannare un vizio umano. La fiaba invece ha origini popolari antichissime, risale addirittura alla preistoria, e non ha una morale”, proiettiamo parti di noi contribuendo alla progressiva consapevolezza di problematiche emotivo-affettive nonché cognitive.
Come si può osservare da queste mie semplici considerazioni, non essendo questa la sede per ampliare un discorso così complesso ,l’intelligere in senso etimologico può essere facilitato nei bambini dalla narrazione delle fiabe o delle favole con la giusta intonazione di voce perché noi tutti prima di giungere alla pienezza della comprensione cognitiva “ sentiamo “ le parole dentro di noi . Questo sentire, che scaturisce dalla sospensione del tempo e dello spazio tipico delle aree ludiche e transizionali, più che il significato successivo al sentire come tale, suscita emozione, quella emozione che ci fa sentire vivi e creativi … E a questo punto qui di seguito cito quando da me e Domenica Girasoli è stato scritto (Op.cit): “È abitudine pensare e credere che la fiaba trovi il suo ambiente nel giardino fatato dell’infanzia, ovvero nella terra dell’angoscia, perché alimentata dall’energia vitale di un’età ricca di metafore. In realtà la fiaba ha origini molto più antiche: le sue radici si nutrono del corpo materno, si perdono nell’immaginario prenatale condiviso tra madre e bambino. La nascita della fiaba coincide con gli albori della civiltà .
In tale dimensione misteriosa e sfuggente, senza spazio e senza tempo, emerge la voce della madre fatta di suono, di ritmo, di musica... di emozioni: per il bambino si tratta della prima impercettibile rappresentazione del mondo. ( omissis) Non a caso Bettelheim scrive che «i personaggi delle fiabe non sono ambivalenti: non buoni e cattivi nello stesso tempo, come tutti noi siamo nella realtà ». Le fiabe possono essere “ri-scritte” dai bambini, ma anche dagli adulti che con le loro parti infantili possono riscoprire e ripercorrere alcune tappe fondamentali del percorso di ogni uomo: nascita, infanzia, adolescenza... (omissis).
D’altra parte, come dice B. Bettelheim: «La fiaba rassicura, garantendo che la buona volontà o le buone azioni possono annullare tutto il male procurato dai cattivi desideri...». E io mi permetto di aggiungere che i registri narrativi della fiaba sono molteplici così come noi esseri umani siamo complessi e sconosciuti a noi stessi. E in tal senso non c'è " intelligenza artificiale" che possa mai sostituire la nostra unitarietà di corpopsichemente...