Anche il dialetto barese nella ‘Puglia Mitica’ di De Martino
VITTORIO POLITO - Un decennio fa vide la luce un corposo testo
curato da Francesco De Martino, già professore ordinario di
Letteratura greca nell’Università di Foggia, “Puglia Mitica”
(Levante Editori), al quale contribuirono una lunga serie di
collaboratori di ogni estrazione culturale: docenti universitari e di scuola,
letterati, politici, commediografi, artisti, registi, scrittori e giornalisti per
evidenziare il più possibile la varietà di quelle che sono state le nostre
origini, anche attraverso la narrazione fantastica, riferite essenzialmente
alla nostra bella Puglia.
La Puglia Mitica narrata in questo volume è soprattutto quella di chi quei
miti non li ha dimenticati e in forme talora scontate o paludate li
ha rievocati nei propri scritti o nelle proprie opere d’arte, la Puglia degli
scrittori e degli artisti mitologici. Un lavoro, quello di De Martino,
arduo per la difficoltà di recuperare letteratura e arte mitologica, ma
soprattutto per la vastità della «tanta abundantia», di una produzione
rivelatasi inaspettatamente corposa, marginale e sommersa, dispersa in
biblioteche, un patrimonio ibrido, fatto di beni disparati con grandi e
piccoli gioielli messi insieme a molta bigiotteria, ma prezioso e
ingiustamente dimenticato da chi ci ha preceduto.
Il volume si divide in tre grandi parti: la prima, anche se preliminare, è
dedicata ai Miti connessi a centri grandi e piccoli, offrendo un panorama
diversificato, benché tutti confermino la centralità che i miti hanno avuto
nella costruzione delle origini delle città. Accanto ai miti ci sono anche le
Storie, che hanno avuto anch’esse un ruolo decisivo, come ad esempio
quella di Annibale nella piana di Canne (216 a.C.). La parte seconda
esplora la proliferazione dei prodotti letterari che attingono ai miti ed alla
storia mitizzata, molto vasta, scandita in tre estesi ambiti che fanno capo
ai grandi generi letterari, nella quale il curatore tratta dell’epica, della
lirica, del teatro ed anche della narrativa. La parte terza, articolata
anch’essa in più settori, è dedicata alle arti tradizionali, alla pittura ed
alla scultura, al cinema, alla pubblicità, alla televisione ed alla musica. Un cenno merita l’Arte dell’eleganza, alla quale è stato dedicato nel
febbraio 2012 l’evento “Archetipi mitici dell’eleganza”, svoltosi nelle
splendide sale del Circolo Unione di Bari, attualmente presieduto da
Giacomo Tomasicchio, attraverso l’esposizione di vari capi di moda
ispirati al mito.
Anche il dialetto barese non manca in questa importante opera (da
collezione): sono ricordati infatti scrittori e poeti del calibro di Giovanni
Panza (1916-1994) con “La Capasedde”, Domenico Triggiani (1929-
2005) e Rosa Lettini Triggiani con “Da Adàme ad Andriòtte” (Schena);
Giuseppe Gioia (1937-2020) con “I Cantari mitologici”, ecc.
Nella mitologia greca, il vaso di Pandora rappresenta il leggendario
contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua
apertura: “La “Capasedde”, appunto, farsa quasi mitologica dell’edizione
critica basata sulla copia d’autore, messa a disposizione da Emanuele
Panza e curata da chi scrive in collaborazione con Rosa Lettini Triggiani
e Giuseppe Gioia. Si parla del poema epico nel quale si susseguono
personaggi mitologici come Saturno (u uattane), Giove o Cronos (u
figghie), Pandora chiamata Eva (la uagnedde), Caino (Coline), Abele
(Cilluzze), e tanti altri. Ma provate a immaginare gli interpreti di certe
personalità parlare il nostro bel dialetto come, ad esempio, Eva che
chiudendo la ‘capasedde’ si rivolge ad Adamo con questa frase: «Fa
mbrime a cresce cà nù senze de te non petime cambà. Crisce figghie; e
acquanne sì cresciute, tanne jisse pure tu da la capasedde e va sop’o
munne. Fa accapì a l’emene ca de tutte le diaue ca stevene jind’a la
capasedde, cudde ca conde chiù de tutte sì asselute tu: la speranza». (Fa
presto a crescere che noi senza di te non possiamo vivere. Cresci figlio e
quando sarai cresciuto, allora esci pure dalla “capasedde” e va sulla terra.
Fa capire agli uomini che fra tutti i diavoli che stavano nella
“capasedde”, quello che conta più di tutti sei solamente tu: la speranza).
Non manca la citazione de “La uerre di Troia” (Unione Tipografica), una
sorta di metafrasi in versi, simpatica, amichevole e benevola di Omero,
relativa all’Iliade e all’Odissea, che Giovanni Panza ha magistralmente
tradotto in dialetto barese.
E non mancano all’appello neanche Gaetano Savelli con “La chemmedie
de Dante veldat’a a la barese” (Savarese), Vito Carofiglio con “La
fèmmena qualùngue” (Edizioni Dal Sud), Giuseppe De Benedictis
(Giudebbe) con “L’infinito” di Leopardi (da “Chiange, rite e… pijnze”,
Schena).
La copertina riporta “Il Trionfo delle Muse” di Raffaele Armenise che
decora il Salone del Circolo Unione di Bari, mentre i risguardi (disegni
ad inchiostro di china acquerellati) sono dell’artista Carlo Fusca.