Enrico Vanzina (intervista): 'Gli italiani hanno perso il senso dello scherzo'

PIERO CHIMENTI - Ospite del Giornale di Puglia è il regista e produttore, Enrico Vanzina, che ha incontrato il pubblico all’Iconic Space by alesaracino, sito presso la Cooperativa OltreAmici, per presentare il suo nuovo libro Cadavere del Canal Grande, che chiude una trilogia di opere noir ambiatate tra Roma, Milano e Venezia. L'evento, moderato da Giuseppe Gallo, direttore di AnyName News, è stato occasione per il noto regista di ricordare suo fratello Carlo scomparso nel 2017 e di parlare della sua gioventù quando, grazie al padre Steno, ha avuto l'opportunità di frequentare icone del cinema italiano come Totò ed Alberto Sordi, non risparmiandosi in aneddoti divertenti che hanno contraddistinto la propria carriera. Prima della conferenza stampa, Enrico Vanzina ha gentilmente risposto alle nostre domande:

In una passata intervista hai dichiarato che "l'umorismo ci salverà". Gli italiani sanno ancora prendersi in giro?

Gli italiani sono molto cambiati. Sono diventati noiosi, seriosi, hanno perso la dimensione dello scherzo. Sono cresciuto in un Paese in cui si scherzava, si subivano e si facevano gli scherzi. Questo aiutava a vivere meglio perché quando ti accorgevi che facevi uno scherzo ridevi eri felice e permetteva di abbassare l'aggressività, abbassava la permalosita, ci metteva a contatto con l'incongruenza della vita facendoci accettare meglio. Oggi la gente non scherza più, è tutto preso sul serio è tutto un realit ormai.

Nel 2023 hai vinto il David di Donatello alla carriera. Come hai vissuto un traguardo così importante? Un riscatto per la carriera?

Ho anche ricevuto delle critiche meravigliose, solo che come diceva Fraiano: "Quando hai un minimo di successo non te lo perdonano". L'ho vissuta bene perché è anche un premio alla mia famiglia a mio padre, a mio fratello. Siamo una famiglia che ha portato buonumore, l'attenzione, l'osservazione di questo Paese e soprattutto sono felice che questo premio lo vince qualcuno per la commedia che è sempre stato considerato un genere minore in questo Paese serio dove regna il drammatico in tutti i sensi ed invece la commedia è stato il punto di forza del cinema italiano.
Hai pubblicato il Cadavere del Canal grande. Come è nato questo romanzo noir ambientato a Venezia?

È il terzo di una serie di racconti che ho iniziato con La sera a Roma con la Mondadori che è diventato un Oscar seguito da Una sera di Nebbia a Milano. Ho fatto moltissima commedia nella mia vita, però sono molto portato per le storie gialle, noir. Non a caso con mio fratello abbiamo fatto uno dei pochi film italiani andati all'estero come uno dei pochi noir vero che era Sotto il vestito niente. È una vena che c'ho che mi piace moltissimo. Sullo schermo è un po' più complicato perché il cinema italiano non frequenta quel genere, sbagliando perché eravamo maestri nel genere. Mi prendo una piccola rivincita che non posso fare al cinema ma solo sulla carta stampata.

Hai mai pensato realizzare un film della tua opera?

No, perché quando scrivo un libro penso che se l'avessi voluto realizzare a film l'avrei scritto come un film ed invece l'ho scritto come romanzo. Se qualcuno lo vuol fare volentieri.

Progetti futuri?

Cercherò di stare un po' lontano dalle piattaforme perché vorrei tornare a fare cinema in sala.

I lettori del Giornale di Puglia, per me che sono anche i miei idoli, sono i miei idoli perché continuare a leggere fa vivere meglio e porta avanti la democrazia.

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