BARI - “Per noi è stato chiaro sin da subito che la scelta di puntare sulla multinazionale franco-indiana Arcelor Mittal per rilanciare lo stabilimento siderurgico di Taranto, era un errore che avrebbe avuto ricadute nefaste sulla produzione, sui lavoratori e sull’ambiente. Alla Regione Puglia è sempre stata chiara l’intenzione, da parte della multinazionale franco-indiana, di portare lo stabilimento ad uno stato di consunzione, azzerando la concorrenza nel nostro Paese e nel mercato dell’acciaio”. Il Consigliere regionale Michele Mazzarano interviene a poche ore dall’incontro romano tra Governo e organizzazioni sindacali, quando la vertenza ex Ilva è in uno dei suoi momenti più delicati.
“L’investitore privato - prosegue - ha sempre dimostrato di non avere alcun interesse al rilancio produttivo della fabbrica e a renderla sicura e compatibile con l’ambiente. L’ultima e definitiva conferma è giunta nell’ultima assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia di lunedì scorso, quando ArcelorMittal ha confermato di volersi disimpegnare e di non voler fare il minimo investimento. Il Governo Meloni non ha una politica industriale degna di questo nome e non ha mai espresso chiaramente la sua idea di rilancio della fabbrica di Taranto e della produzione di acciaio nel novero degli impegni assunti con l’Europa in materia di riduzione di emissioni e di decarbonizzazione. Il Governo ha alternato in questi mesi posizioni radicalmente contrapposte, generando confusione e perdita di tempo, soprattutto da parte di Ministri unicamente ispirati dall’ossessione di fare polemica con i Governi precedenti e di dover fare, soprattutto sui grandi dossier, il contrario dei propri predecessori. Segno di scarsa capacità e cultura di governo. Oggi il “dado è tratto” e il Governo Meloni deve solo raccogliere i cocci e provare ad evitare lo scontro legale. Ora il nostro territorio, che paga il prezzo delle conseguenze economiche sociali e ambientali, pretende di sapere dal Governo italiano qual è l’idea di futuro per la fabbrica. Non ci sono alternative alla nazionalizzazione della fabbrica, ma questo implica una chiara ed inequivocabile assunzione di responsabilità da parte dello Stato verso le drammatiche condizioni dello stabilimento. Lo dimostrano i presidi degli autotrasportatori che vanno avanti dal 2 gennaio, la forte preoccupazione che serpeggia nell’appalto con le aziende non si vedono rinnovare le commesse, e conseguentemente non rinnovano i contratti ai lavoratori. La situazione per tutti i circa 20mila lavoratori legati all’acciaieria non è più sostenibile. Le condizioni ambientali e di sicurezza peggiorano vistosamente anche alla luce dei dati che parlano di aumento di emissioni di benzene e polveri sottili. Oggi il Governo è chiamato a dare risposte precise ed efficaci, su più fronti e a farlo nel più breve tempo possibile".