ph: Manuela Giusto |
In primo piano l’amara rappresentazione della volgarità della televisione e della pubblicità , che nel 1986 Federico Fellini portò sul grande schermo con Giulietta Masina e Marcello Mastroianni. Amelia Bonetti e Pippo Botticella, in arte Ginger e Fred, due ex ballerini un tempo famosi, sono invitati a partecipare allo show di Natale di una televisione privata. Accettano nell’idea di ritrovare la magia del palcoscenico e forse, almeno per Amelia, un sentimento negato in gioventù. Scaricati in un piazzale deserto davanti a un albergo a cui è andata via la luce, si ritrovano insieme a un gruppo di sosia con cui pensano inizialmente di non avere nulla in comune. Prima che il teatro diventi lo studio dello show e il presentatore, come il domatore di un circo, la faccia entrare, questa piccola umanità di personaggi bizzarri si imporrà intenerendo il pubblico per la realtà delle loro vite fatte di solitudine, piccole ambizioni e basse aspirazioni.
Un dedalo come un calderone indistinto, sul quale Fellini fa stagliare magnificamente la dolcissima e crepuscolare poesia dei due protagonisti. Un tempo era il loro talento a essere ammirato, a brillare sotto le luci dei riflettori, erano loro a effondere luce. Adesso sono lì per ritrovare quel filo nascosto che aveva tessuto la trama della loro coppia artistica e forse pure intima a cui, per età e convenzioni, Ginger aveva rinunciato lasciando Fred solo e spaesato. Si ritrovano e cercheranno di riannodare quel filo mentre Fellini fotografa con impressionante realismo la meccanica spietata del carrozzone televisivo. Così, ai due nostalgici protagonisti, non resta che quell’ultima danza per sentirsi ancora vivi e non più relitti di una società che sprofonda nell’indifferenza. Prima che la luce si spenga e la realtà torni a essere un’accolita di fantasmi.
Ginger e Fred balleranno e per un momento saranno di nuovo insieme, come nel ricordo, in quel tempo che non c’è più: tutto comico e tragico allo stesso tempo, nell’esaltazione di un’attesa che li porterà per pochi attimi sotto le luci dei riflettori. «La mia - ha detto Monica Guerritore - non è una mera trasposizione scenica ma una vera e propria rilettura ‘politica’ dell’intuizione felliniana oggi più che mai attuale. La battaglia di Fellini va oltre l’interruzione di un racconto, un film, che è un’opera finita e per questo intoccabile, ma mette l’accento soprattutto sulla potenza del bombardamento pubblicitario che trasforma lo spettatore in consumatore rendendolo ignoto anche a se stesso». Perché, mentre lo show continua sotto il peso greve di grandi e prevaricanti interessi, ai margini si stagliano come ombre viventi pezzi di umanità che aspirano a un attimo di felicità e una storia cui il palcoscenico restituisce dignità , anche solo per un attimo. E quando parte la musica e lo spettacolo si interrompe per un blackout, Fellini fa dire a Fred quello che lui stesso vuole dire a noi, al pubblico, al mondo: «Siamo due fantasmi che vengono dal buio e nel buio se ne vanno...». Il loro mondo fatto di incanto, come la luna di carta che Fred ha chiesto al macchinista di far apparire magicamente durante il ballo, fatalmente declina e scompare. Scrive il filosofo Walter Benjamin: «C’era una volta l’aura, l’unicità , l’incanto. Oggi c’è lo shock, l’urto, l’impressione».
«Il tempo costa in tv - ha aggiunto Monica Guerritore - e il tempo in tv rende. Fretta, fretta. Niente ha il tempo di generarsi, maturarsi, emergere: tutto è di seconda mano, tutto è approssimativo, tutto è orecchiato. Da qui la mia scelta di immaginare lo show televisivo a cui parteciperanno come la serata dei sosia, una umanità minore, ribalda e affamata, che per esistere si rispecchia nella tv, ne assume l’iconografia e il lessico. Non ci sono buoni e cattivi, Pippo e Amelia, Ginger e Fred, inizialmente fuori posto in quel gruppo di gente che assomiglia a qualcun altro, sono anche loro di seconda mano: ballano su passi creati da altri. Ma a loro non basta la luce dei riflettori, è la magia portata dalla bellezza di quell’attimo sul palco che vogliono ritrovare. Con questa aspettativa i due affrontano le ore che precedono la registrazione dello show, parte di un gruppo che non li conosce e nel quale, inizialmente estranei, durante l’attesa si integrano».
Al centro dell’affresco felliniano un piccolo popolo, fatto di vite disvelate durante le ore di attesa che mostrano tutta la loro umanità prima di essere rubricate come ‘caricature’ e inviate al massacro. Il mondo di Fellini è illusione e suggestione. La scena non descrive ma allude, indica uno spazio ‘altro’: le luci di una festa finita da tempo, le insegne di una discoteca riminese. È quello il mondo che accoglie Ginger e Fred. E che ne racconta la fine.