FRANCESCO GRECO - “Chi dimentica il passato è condannato a
riviverlo” (George Santayana).
Morì il 14 aprile 1944, in Germania, Stalag VI G di Duisdorf-Bonn (il lazzaretto di Hardthobe). Un posto sudicio e squallido “fatto di scatoloni di fango con un coperchio opaco di nubi, albe tarde non seguite da un sole, tramonti bigi anticipati e notti insonni, interminabili, senza luce, su giacigli duri, freddi e infestati da parassiti... temperature invernali con punte di meno 15 gradi, anche fino a meno 30. Baracche fatiscenti di ammucchiate da 50 a 200 corpi, scaldate a calore d’uomo e da qualche stufetta semi spenta per poca torba e magari con ghiaccioli dai tetti sconnessi...”.
Un inferno da cui in pochi uscirono vivi e che poi testimoniarono tanto orrore disumano racchiuso anche in un’infinità di pubblicazioni, fra cui una delle più drammatiche “Se questo è un uomo” , di Primo Levi (chimico, partigiano, scrittore) che, sopraffatto dai fantasmi, si tolse la vita l’11 aprile del 1987 a Torino.
Quella del fante IMI (Internati Militari Italiani) Donato Alemanno dalla Puglia (Alessano, Lecce), nato l’8 agosto del 1907 è tenuta viva dalla figlia Antonia (Tetta), che aveva appena quattro anni quando perse il genitore, dai nipoti Elio e Valeria e i pronipoti Francesco e Maria Chiara.
Che anni fa anni traslarono le spoglie mortali dalla Germania (Amburgo) nel cimitero cittadino, dove a poca distanza riposa anche don Tonino Bello e uno dei suoi fratelli: Giacinto Carmine Antonio, morto di infarto a Milano il 3 ottobre 1944 e i cui resti giunsero nel gennaio del 2020.
A ottanta anni dalla morte, sabato 27 “Giornata della Memoria” , a mezzogiorno, al Liceo “Girolamo Comi” di Tricase, una pietra d’inciampo sarà dedicata alla memoria di Donato Alemanno morto in un lager.
Morì il 14 aprile 1944, in Germania, Stalag VI G di Duisdorf-Bonn (il lazzaretto di Hardthobe). Un posto sudicio e squallido “fatto di scatoloni di fango con un coperchio opaco di nubi, albe tarde non seguite da un sole, tramonti bigi anticipati e notti insonni, interminabili, senza luce, su giacigli duri, freddi e infestati da parassiti... temperature invernali con punte di meno 15 gradi, anche fino a meno 30. Baracche fatiscenti di ammucchiate da 50 a 200 corpi, scaldate a calore d’uomo e da qualche stufetta semi spenta per poca torba e magari con ghiaccioli dai tetti sconnessi...”.
Un inferno da cui in pochi uscirono vivi e che poi testimoniarono tanto orrore disumano racchiuso anche in un’infinità di pubblicazioni, fra cui una delle più drammatiche “Se questo è un uomo” , di Primo Levi (chimico, partigiano, scrittore) che, sopraffatto dai fantasmi, si tolse la vita l’11 aprile del 1987 a Torino.
Quella del fante IMI (Internati Militari Italiani) Donato Alemanno dalla Puglia (Alessano, Lecce), nato l’8 agosto del 1907 è tenuta viva dalla figlia Antonia (Tetta), che aveva appena quattro anni quando perse il genitore, dai nipoti Elio e Valeria e i pronipoti Francesco e Maria Chiara.
Che anni fa anni traslarono le spoglie mortali dalla Germania (Amburgo) nel cimitero cittadino, dove a poca distanza riposa anche don Tonino Bello e uno dei suoi fratelli: Giacinto Carmine Antonio, morto di infarto a Milano il 3 ottobre 1944 e i cui resti giunsero nel gennaio del 2020.
A ottanta anni dalla morte, sabato 27 “Giornata della Memoria” , a mezzogiorno, al Liceo “Girolamo Comi” di Tricase, una pietra d’inciampo sarà dedicata alla memoria di Donato Alemanno morto in un lager.
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