Il pensiero di Mario Cavalli, Carlo Bo, Pietro Marino e Raffaele Nigro sui libri 'usa e getta'
(1978 ROMA - Mario Cavalli ritira un significativo premio) |
Uomini come me, Sorrenti, Maurogiovanni, cito lui come rappresentante di una categoria che non si perde dietro ‘improbabili sogni di gloria’, sono il miglior esempio di una vita fatta di coerenza ed umiltà in modo da essere sempre in pace con la propria coscienza … in questo modo può anche arrivare il successo, quello, grande, immenso, la tua vita non cambierà. Spero che mio figlio Gianni, che ha varato una collana di narrativa denominata “Del leone” con lo scopo di portare autori pugliesi all’attenzione del pubblico nazionale, riesca a trovare tra queste righe un motivo valido per essere più vicino agli ‘uomini veri’ della magnifica terra che gli ha dato i natali. Pietro Marino nella presentazione del libro ha definito il regno di Sorrenti ‘un negozietto di libri usati’, ferendo l’amor proprio del ‘nostro’ solo per quell’aggettivo ‘usato’; per il resto Sorrenti ci tiene ad essere considerato un libraio autentico, di quelli che suggeriscono, consigliano, rintracciano libri introvabili, il tutto in una dimensione umana. In questo modo Sorrenti è riuscito a scrivere una ventina di libri e altri sono in cantiere. La libreria grandiosa, tipo emporio degli anni ’90, con migliaia di libri che è sempre più difficile inventariare, trova in Sorrenti un acerrimo nemico. Carlo Bo ha scritto recentemente che oggi il libro appena pubblicato, nel caso in cui arrivi in libreria, ci resta al massimo una settimana e poi scompare. Forse Pasquale Sorrenti, pur con i limiti che la sua onestà gli impone di ammettere, ci indica una strada. Meditiamo tutti … e non pensiamo al ‘successo’».
Questo scriveva Mario Cavalli, mio padre, ben 34 anni or sono. Prima una doverosa precisazione: il sottoscritto Gianni non era contrario al volume di Pasquale, ma volevo privarlo di qualche mancanza-imperfezione che un lavoro del genere comporta e avevo fatto notare a Pasquale le schede su cui intervenire. La sua reazione fu amichevolmente-dura: va stampato subito nel modo in cui è stato da me scritto (in verità aveva da poco perso la sua fedele compagna di vita, infatti il libro porta questa dedica: “A mia moglie che tanto avrebbe gioito” e ciò lo rendeva refrattario a dare ascolto a chiunque). Mio padre, che aveva assicurato Sorrenti sul fatto che avremmo stampato celermente rispettando la sua volontà di non intervento, con la sua eccezionale saggezza accumulata in tanti anni di paziente lavoro in cui aveva imparato a conoscere e rispettare l’imprevedibilità del genere umano… figli compresi, pensò bene di rivolgersi per una presentazione al prof. Pietro Marino.
Di quella arguta, penetrante, intelligente presentazione di Marino vi riporto tre periodi: «Pasquale Sorrenti è da una vita un personaggio autentico di Bari….. Quest’ultimo monumentale repertorio di ‘pittori scultori artigiani e architetti’ raccoglie anni e anni di ricerche condotte artigianalmente da Sorrenti, senza l’ausilio di computer, archivi elettronici, banche dati. Roba da lasciare sbigottiti. Non mi sentirei perciò di stare a cavillare nemmeno per un istante sui contenuti delle schede, sulla maggiore o minore attendibilità o completezza delle notizie in esse raccolte, sulle possibili omissioni …. Ne risulta uno strumento di utile consultazione. Ma più ancora una specie di piccolo monumento celebrativo dell’inventività, della creatività, della produzione immaginaria del nostro ‘popolo di formiche’».
Pensate che fin dal 1976 avevo sempre accompagnato mio padre ovunque: in quell’occasione seppi che era stato presso la sede della “Gazzetta del Mezzogiorno” a trovare il professore Marino da solo. Mi lamentai con mio madre e la sua risposta fu la solita: “Tuo padre sa sempre quello che fa”. Con sorpresa scoprii che il libro veniva pubblicato con due presentazioni: Pietro Marino e Mario Cavalli (Pasquale è stato sempre poco disposto verso le presentazioni e, con grande fatica, nel 1992 sono riuscito per «Il FUTURISMO PUGLIESE» a fargli accettare una di Egidio Pani). Tornando a noi mio padre aveva scomodato il senatore a vita - nominato nel 1984 - Carlo Bo (1911-2001), notissimo critico letterario oltre che docente di Letteratura francese e rettore dell’Università di Urbino, perché entrambi ripetevano sempre che un libro in meno edito, era una garanzia di uno in più in seguito pubblicato con meno ‘sviste’ e più rigore. Quante persone mi hanno detto in seguito tuo padre aveva ragione. Sorrenti? La classica eccezione, giustificata dal fatto che partiva da un lavoro di ricerca pazzesco e si temeva che qualche altro ‘pazzo’ potesse bruciarlo sul tempo. Il senatore Bo era stato chiarissimo nel 1990… “il libro appena pubblicato, nei casi in cui arrivi in libreria, ci resta al massimo una settimana e poi scompare”.
Nel giugno del 2021 Raffaele Nigro sulla Gazzetta del Mezzogiorno parlando del libro, in un periodo in piena emergenza Covid, con oltre trent’anni di ritardo sulla tabella di marcia rispetto a Bo e Mario Cavalli, parlava di libro “usa e getta” arrivando alla conclusione che il percorso di vita di un libro durava tre mesi (in verità il calcolo del Raffaele da Melfi era velato da sano ottimismo e forse si riferiva a testi di autori già un poco noti… oggi 2024 i libri che raggiungono la libreria sono una minima parte rispetto a una produzione… senza respiro). Nigro rispolverava la famosa previsione manzoniana dei 25 lettori e, spero di ricordare bene, arrivava al paradosso di affermare che non li voleva più nemmeno la Biblioteca Nazionale. In verità il micidiale PDF (Portable document format) ha cambiato il percorso della storia del libro di carta: certo il viaggio aveva avuto dei periodi di sosta-distacco, innovazione-tradizione, curva-rettilineo, stampa tipografica-litografica-offset, ma era pur sempre partito dal famoso incendio della Biblioteca di Alessandria d’Egitto nel 48 a.C. quando presero fuoco quasi duecentomila volumi tutti scritti a mano in copia unica (L’invenzione della stampa si fa risalire al 1439… coloro che vogliono approfondire possono cliccare in rete Gianni Cavalli “PENTAGRAMMI…LA STORIA DELLA STAMPA” e si inoltreranno in una vicenda appassionante, coinvolgente che partendo da Giovanni Gutenberg a Magonza, passando per Subiaco nell’alta valle dell’Aniene, poi a Venezia con Panfilo Castaldi - medico a Venezia tipografo a Milano - ed ancora con Aldo Manuzio che, nato a Velletri, si trasferì a Venezia per sposare la figlia del tipografo Andrea Torresano, ecc. ecc. fino alla ‘pratica’, ma mai amata stampa digitale). Oggi le Università, non solo gli studiosi o studenti, chiedono il pdf di un libro mai stampato: nato, cresciuto e sviluppatosi solo nella forma anonima di PDF. Pensate lo stesso giornalista Pietro Marino in quella presentazione di cui sopra - 1990 anno di grazia - ci regalava un altro periodo che oggi suona profetico: «La cultura consumistica dell’«usa e getta» rischia di produrre in questo senso effetti più devastanti di quelli prodotti dalle invasioni barbariche e dalla scarsità dei mezzi di comunicazione». L’intento di Marino era quello di far capire quanto il nostro compito - ossia dei contemporanei - fosse quello di far da anello di congiunzione tra il passato e il presente e il libro di Sorrenti rispondeva in maniera superba a questa esigenza. In sintesi era lo stesso concetto espresso da Nigro nel suo articolo dell’estate 2021; infatti l’uomo che passò dalla “Basilicata tra Umanesimo e Barocco” del Premio Basilicata al Supercampiello 1987 de “I fuochi del Basento” arrivava a concludere che la memoria è fuori moda… come i sentimenti, anzi si allargava fino ai genitori, parenti, conoscenze, origini, principi, usanze, tradizioni, costumi, memorie. Spero di non errare nel ricordo - ultimamente Raffaele ha avuto ragione con il sottoscritto su una cosa che è così scolpita nella mia memoria in un determinato modo che ritengo che lui sia sceso a patti con il Padreterno pur di poter dire ‘Gianni hai torto’ - affermando che si spinge a ipotizzare che viviamo ai confini di una discarica - su questo termine verrà costruito non il nostro futuro, ma quello delle successive generazioni - concreta e immaginaria. Ricordo, non posso sbagliare, che di spalla alla continua dI Nigro - l’articolo partiva in prima pagina - vi era la rubrica ‘Il guastafeste’ curata da Lino Patruno che cercando di spiegare l’uso eccessivo di whatsapp affermava più o meno ‘”parleremo senza parlarci, ci vedremo senza vederci, ci innamoreremo senza toccarci” … che non saprei se considerare una ‘lezione di sviluppo all’Italia’, dopo aver ‘attraversato il deserto’, per convincere il globo che… dal Sud hanno sempre da imparare.
Mio padre in dialetto - evito di scriverlo dal momento che per affetto resto legato al “Nuovo dizionario dei baresi” di Enrica e Lorenzo Gentile”- ripeteva una frase che scriverò in italiano «Il futuro spetta a tutti gli essere viventi, ma non appartiene a nessuno»… per cui anche l’«usa e getta» farà il suo corso perché come affermava Mahatma Gandhi: «Se ritieni che il mondo sia sbagliato ricordati che contiene esseri come te».