BARI - “Risanamento ambientale e bonifiche incompiute, produzione e livelli occupazionali ai minimi storici, aziende dell'appalto che attendono il pagamento di prestazioni e forniture effettuate da mesi. E' il peggior scenario immaginabile quello che si sta delineando per l'ex Ilva di Taranto". Così il consigliere regionale Vincenzo Di Gregorio (PD).
"Forte - prosegue - è la preoccupazione di tutti i settori produttivi e sociali per una vicenda che, non va dimenticato, ha come principale obiettivo la riduzione dell'impatto ambientale generato dalla produzione di acciaio. Tutte le scelte e le decisioni non possono derogare da questo presupposto che, anzi, va collocato in cima alle politiche che riguardano il futuro dello stabilimento siderurgico di Taranto.
In queste ore dinanzi alle portinerie degli impianti ionici si vivono ore drammatiche. Sulle aziende dell'appalto incombe lo spettro del 2015, quando a seguito della precedente procedura di amministrazione straordinaria, le imprese videro andare in fumo 150 milioni di fatture inevase. Un colpo durissimo, a seguito del quale molte aziende non sono sopravvissute o sono sopravvissute con grandi sacrifici dei lavoratori.
Ora quella paura ritorna. Secondo Aigi, Casartigiani e Confapi i crediti che le imprese vantano nei confronti di Acciaierie d'Italia al 31 dicembre 2023, ammontano a 120 milioni di euro. Il timore è che una nuova procedura di amministrazione straordinaria possa bruciare questi crediti. Questa volta, però, le conseguenze sarebbero ancora più drammatiche. Siamo sull'orlo di una catastrofe economica e sociale per le imprese e per le 4000 famiglie tarantine che traggono sostentamento dall'indotto. Chi ha responsabilità di governo non può ignorare questa situazione, non può calpestare i diritti acquisiti, non può ignorare le ferite di un intero territorio” conclude Di Gregorio.
"Forte - prosegue - è la preoccupazione di tutti i settori produttivi e sociali per una vicenda che, non va dimenticato, ha come principale obiettivo la riduzione dell'impatto ambientale generato dalla produzione di acciaio. Tutte le scelte e le decisioni non possono derogare da questo presupposto che, anzi, va collocato in cima alle politiche che riguardano il futuro dello stabilimento siderurgico di Taranto.
In queste ore dinanzi alle portinerie degli impianti ionici si vivono ore drammatiche. Sulle aziende dell'appalto incombe lo spettro del 2015, quando a seguito della precedente procedura di amministrazione straordinaria, le imprese videro andare in fumo 150 milioni di fatture inevase. Un colpo durissimo, a seguito del quale molte aziende non sono sopravvissute o sono sopravvissute con grandi sacrifici dei lavoratori.
Ora quella paura ritorna. Secondo Aigi, Casartigiani e Confapi i crediti che le imprese vantano nei confronti di Acciaierie d'Italia al 31 dicembre 2023, ammontano a 120 milioni di euro. Il timore è che una nuova procedura di amministrazione straordinaria possa bruciare questi crediti. Questa volta, però, le conseguenze sarebbero ancora più drammatiche. Siamo sull'orlo di una catastrofe economica e sociale per le imprese e per le 4000 famiglie tarantine che traggono sostentamento dall'indotto. Chi ha responsabilità di governo non può ignorare questa situazione, non può calpestare i diritti acquisiti, non può ignorare le ferite di un intero territorio” conclude Di Gregorio.