FRANCESCO GRECO - Pur lontano dai “santuari” dell’editoria, e dalle patinate pagine culturali dei giornali, sempre con meno autorevolezza (e anche lettori), possiamo considerare il romanzo “Nessuno mi vuole e ne vado fiera” (Il Raggio Verde edizioni, Lecce 2023, pp. 148, euro 15) romanzo d’esordio della scrittrice e giornalista meridionale (nata in Calabria, vive in Puglia, a Parabita, Lecce) Maria Teresa Giaffreda il “caso” letterario del 2023.
Parla della donna, l’identità , le relazioni, la percezione del proprio corpo e immaginario, i rapporti con l’uomo, le mancate sintonie, la distanza, l’afasia dei sentimenti, le patologie, di un momento storico in cui tutto pare relativizzato, anche in materia di dialettica interpersonale, ma senza che si sappia dove donne e uomini vogliono andare.
Un romanzo che, nelle sue varie declinazioni e stratificazioni, riecheggia mondi lontani, anche classici e rinascimentali: da Semiramide a Didone, Elena, Ipazia e Cassandra, da Artemisia Gentileschi sino a Jane Austen e le sorelle Bronte e Simone Weil, per cirarne solo alcune. Temi delicatissimi, che affrontiamo con pudore, con la scrittrice.
D. Domanda inevitabile: tutta biografia?
R. “Il libro si divide in due parti, una storia vera, frutto di una biografia che abbraccia circa dieci anni di vita e una massiccia parte saggistica che si mescola al mio vissuto, in una sorta di riflessione costante e che chiude gli ultimi tre capitoli del manoscritto”.
D. Possiamo dire, per sommi capi, che la violenza pervasiva e la multiformità dei modelli imposti da media, industria culturale e marketing confonde sia donne che uomini?
R. “Come spesso accade l'uomo non si limita mai ad utilizzare gli strumenti del progresso in maniera funzionale e se da una parte ritengo i media elettronici e digitali come una grande occasione di condivisione e abbattimento delle barriere spazio-temporali, dall'altra le strategie comunicative di un marketing, anche sociale oltre che commerciale, hanno creato certamente una persuasione delle masse, omologate a modelli pre-impostati”.
D. E’ anche un romanzo sui differenti linguaggi usati da uomini e donne del III Millennio, lo smarrimento di una koinè comune?
R. “Un termine che ricorre spesso nel mio libro è quello di 'mercificazione', una mercificazione soprattutto dei sentimenti, dove il mercato materiale è diventato anche e soprattutto un mercato umano, in cui l'uomo stesso e ridotto a merce e come tale riconosciuto. Un nuovo modo di concepire i rapporti interpersonali che possiamo sintetizzare con questo termine, figlio dell'industrializzazione e della globalizzazione che diventa sempre più diffuso in termini sociali”.
D. I maschi appaiono in crisi rispetto al loro ruolo tradizionale, ma si ha l’impressione che siano intimiditi dalla forza e la coscienza del proprio essere e ruolo nella società della donna del XXI secolo e che ciò sia ormai una patologia della psiche: o no?
R. “La favoletta dell'uomo intimidito dalla donna forte e indipendente non mi ha mai convinta. A mio modo di vedere tutto si riduce ad un nuovo modo di interpretare i legami sentimentali, in cui il contesto culturale ci ha, ormai, abituati a ritmi sempre più veloci, a una non sedimentazione dei ricordi e delle emozioni e per tanto a sostituire rapidamente gli oggetti, quanto le persone”.
D. Nel suo bel romanzo si legge anche una sottintesa critica alla società barbarica e darwiniana che abbiamo costruito, e anche sue ruoli che sono stati ridefiniti, distante anni-luce da quella ereditata dai genitori: è così?
R. “Il mondo si evolve, non rimane mai fermo, ogni rivoluzione comporta decenni di piccoli cambiamenti ma altrettanto costanti, nel frattempo la società si plasma. Probabilmente ora viviamo ancora i retaggi di una cultura patriarcale, ma fortunatamente il cambiamento se pur lento avviene sempre e sono fiduciosa, dunque, nella totale ridefinizione del ruolo della donna, se pur la strada è ancora lunga e in salita”.
D. Mai il patriarcato è apparso così debole (e perciò aggressivo e violento), tanto che, a fronte di un nuovo e diffuso protagonismo storico della donna, si potrebbe parlare di matriarcato…
R. “Escludo una società matriarcale intesa come sottomissione o violenza. Noi donne chiediamo solo di camminare affianco agli uomini acquisendo gli stessi diritti e doveri, soprattutto nel settore economico e lavorativo, oltre che in quello sociale che ritengo fondamentale in quanto genera la cultura, il senso comune, la mentalità e la public opinion”.
D. Ma l’uomo appare smarrito dal fatto che adesso non deve confrontarsi solo con la fisicità della donna, ma anche con la sua dimensione intellettuale che talvolta lo sovrasta: è così?
R. “Se l'intelletto femminile spaventa gli uomini è un problema di cultura in cui si può intervenire solo con una rieducazione della società . Per dirla in altri termini, come l'essere umano ha scoperto di non essere al centro dell'universo, ora l'uomo, inteso come genere, pare stia scoprendo che non è al centro del mondo”.
D. Detta meglio: prima si imponeva con la forza e aveva il sopravvento anche perché la donna non aveva un reddito, oggi deve competere con la sua sfera culturale e sociale e una nuova consapevolezza dell’essere donna e non è facile per lui…
R. “Il reddito per una donna rimane fondamentale e dev'essere al pari di quello dell'uomo. È proprio la violenza economica, infatti, che scoraggia molto spesso le donne a scappare da un partner violento non avendo i mezzi e gli strumenti per farlo”.
D. E’ possibile una diciamo riappacificazione, una nuova dialettica fra i due mondi, gratificante e costruttiva per entrambi o l’alienazione e la crasi del senso sono ormai culturali e definitive?
R. “Come ho già anticipato prima solo una rieducazione della società potrà creare una dialogo critico e razionale tra i due mondi e in questo caso la funzione pedagogica dei media, soprattutto giornalistici, dev'essere una responsabilità che si intreccia con le istruzioni, la scuola e la famiglia all'interno di una rete in cui veicolano informazioni che mirano al rispetto e alla libertà ”.
D. E tuttavia, almeno in Occidente, ci sono donne che rifiutano la maternità a prescindere…
R. “La maternità è una scelta, il ruolo delle donne inteso solo come incubatrici è al tramonto. Fortunatamente la donna ha tanti e diversi ruoli all'interno della società , tutti primari esattamente come la maternità , non vista più come qualcosa di 'obbligatorio'”.
D. Quali poetesse, scrittrici, pensatrici, personaggi della Storia hanno influenzato la sua formazione?
R. “Darwin, Freud, Aristotele, Alda Merini, Nancy Fraser sono stati i miei ispiratori. Siamo tutti sulle spalle dei giganti”.