Bari, un'area verde intitolata a Tina Anselmi
BARI - Su proposta dell’assessore alla Toponomastica Eugenio Di Sciascio, nella mattinata di giovedì 8 febbraio 2024, la giunta ha approvato l’intitolazione dell’area verde priva di denominazione, in corso Alcide De Gasperi tra il civico 379 e 381, sul territorio del Municipio II, a Tina Anselmi, partigiana e prima donna a ricoprire la carica di ministra della Repubblica italiana.
L’iniziativa nasce a seguito delle istanze presentate da molti cittadini baresi in favore di Tina Anselmi, figura di spicco nella storia della nostra Repubblica non solo per la sua attività politica ma anche per l’impegno profuso a promuovere una cultura di pace e di giustizia sociale. Anselmi era nota per la dirittura morale e l’intransigenza istituzionale e per aver esaltato il ruolo della donna nella politica e nella società, attraverso il suo esempio di vita e la sua attività politica: a lei si deve l’istituzione della legge sulle pari opportunità. Tina Anselmi rappresenta la memoria dell’antifascismo, un valore fondamentale su cui si è costruita la storia dell’Italia contemporanea.
“Intitolare uno spazio pubblico alla memoria di Tina Anselmi significa colmare un vuoto, riconoscendo a una delle madri della Repubblica italiana uno spazio nella toponomastica cittadina - commenta Eugenio Di Sciascio -. Parliamo di una donna che non solo ha contribuito alla lotta di Liberazione nazionale tra le fila dei partigiani, ma che è stata il primo ministro donna della storia italiana testimoniando in ogni sua azione, pubblica e privata, un impegno civile e una passione etica fortissimi. Molte conquiste sul piano del lavoro e della salute non sarebbero state possibili senza il suo impegno, volto a riconoscere il ruolo delle donne nella società e a chiedere il riconoscimento di pari diritti.
Il suo resta un esempio fulgido di servizio alle istituzioni svolto sempre nel rispetto dei valori fondanti della nostra Repubblica: antifascismo, costituzione e democrazia. Per questo crediamo che la sua storia possa e debba essere d'ispirazione specie per le nuove generazioni”.
CENNI BIOGRAFICI
Tina Anselmi nacque a Castelfranco Veneto il 25 marzo 1927 in una famiglia cattolica: il padre era aiuto-farmacista di idee socialiste, motivo per cui fu perseguitato dai fascisti, e la madre gestiva un’osteria assieme alla nonna.
Frequentò il ginnasio nella città natale, quindi l’istituto magistrale a Bassano del Grappa. Qui il 26 settembre 1944 i nazifascisti costrinsero lei e altri studenti ad assistere all’impiccagione di trentuno prigionieri per rappresaglia: in quel momento decise di prendere parte attivamente alla Resistenza. Con il nome di battaglia di “Gabriella”, ispirato all’arcangelo Gabriele, divenne staffetta della brigata Cesare Battisti al comando di Gino Sartor, per poi passare al comando regionale veneto del Corpo volontari della libertà. Nel dicembre del ‘44 si iscrisse alla Democrazia Cristiana e partecipò attivamente alla vita del partito.
Dopo la seconda guerra mondiale si laureò in lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, diventando insegnante elementare. Nel dopoguerra si impegnò nell’attività sindacale con la CGIL e poi, dalla sua fondazione nel 1950, con la CISL. Fu dirigente del sindacato dei tessili dal ‘45 al ‘48 e del sindacato degli insegnanti elementari dal ‘48 al ‘55. Dal 1958 al ‘64 ricoprì un incarico nazionale tra i giovani nella DC, mentre nel ‘63 venne eletta componente del comitato direttivo dell’Unione europea femminile, della quale divenne vicepresidente nello stesso anno. Nel 1959 entrò nel consiglio nazionale della DC. In seguito, dal 1968 al 1992, fu eletta alla Camera dei Deputati: nel corso del suo lungo mandato parlamentare fece parte delle commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali. Si occupò molto dei problemi della famiglia e della donna, come dimostra l’approvazione della legge sulle pari opportunità.
Per tre volte sottosegretaria al ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, dal 29 luglio ‘76 fu ministra del Lavoro e della Previdenza sociale nel governo Andreotti III: un fatto dalla portata storica perché Tina Anselmi è stata la prima donna a ricoprire l’incarico di ministra. Nel ‘75 presiedette la delegazione italiana alla World Conference on Women promossa dall’ONU a Città del Messico, presenziando ai successivi eventi di Nairobi nel 1985 e di Pechino nel 1995. Nel ’77 fu tra i primi firmatari della legge italiana che apriva alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro, nell’ottica di abolire le discriminazioni di genere fra uomo e donna.
Divenne anche ministra della Sanità nei governi Andreotti IV e V: nel 1979, con la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (L. 23 dicembre 1978, n. 833) di cui era firmataria, si decise il ritiro dal mercato di migliaia di farmaci giudicati da una commissione tecnica inutili o addirittura pericolosi. L’anno dopo subì anche un attentato in casa propria.
Fu considerata una “madre della Repubblica” al punto che, prima del ’92 e poi nel 2006, fu proposta la sua candidatura a Presidente della Repubblica.
Nel 1981, nel corso della VIII legislatura, venne nominata presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2, che terminò i lavori nel 1985.
Nel 2004 promosse la pubblicazione di un libro intitolato “Tra città di Dio e città dell’uomo. Donne cattoliche nella Resistenza veneta”, di cui scrisse l’introduzione e un saggio.
Morì nella sua abitazione di Castelfranco Veneto il 1° novembre 2016: dal 2001 era affetta dal morbo di Parkinson e negli ultimi anni un ictus aveva contribuito ad aggravare il suo stato di salute.
L’iniziativa nasce a seguito delle istanze presentate da molti cittadini baresi in favore di Tina Anselmi, figura di spicco nella storia della nostra Repubblica non solo per la sua attività politica ma anche per l’impegno profuso a promuovere una cultura di pace e di giustizia sociale. Anselmi era nota per la dirittura morale e l’intransigenza istituzionale e per aver esaltato il ruolo della donna nella politica e nella società, attraverso il suo esempio di vita e la sua attività politica: a lei si deve l’istituzione della legge sulle pari opportunità. Tina Anselmi rappresenta la memoria dell’antifascismo, un valore fondamentale su cui si è costruita la storia dell’Italia contemporanea.
“Intitolare uno spazio pubblico alla memoria di Tina Anselmi significa colmare un vuoto, riconoscendo a una delle madri della Repubblica italiana uno spazio nella toponomastica cittadina - commenta Eugenio Di Sciascio -. Parliamo di una donna che non solo ha contribuito alla lotta di Liberazione nazionale tra le fila dei partigiani, ma che è stata il primo ministro donna della storia italiana testimoniando in ogni sua azione, pubblica e privata, un impegno civile e una passione etica fortissimi. Molte conquiste sul piano del lavoro e della salute non sarebbero state possibili senza il suo impegno, volto a riconoscere il ruolo delle donne nella società e a chiedere il riconoscimento di pari diritti.
Il suo resta un esempio fulgido di servizio alle istituzioni svolto sempre nel rispetto dei valori fondanti della nostra Repubblica: antifascismo, costituzione e democrazia. Per questo crediamo che la sua storia possa e debba essere d'ispirazione specie per le nuove generazioni”.
CENNI BIOGRAFICI
Tina Anselmi nacque a Castelfranco Veneto il 25 marzo 1927 in una famiglia cattolica: il padre era aiuto-farmacista di idee socialiste, motivo per cui fu perseguitato dai fascisti, e la madre gestiva un’osteria assieme alla nonna.
Frequentò il ginnasio nella città natale, quindi l’istituto magistrale a Bassano del Grappa. Qui il 26 settembre 1944 i nazifascisti costrinsero lei e altri studenti ad assistere all’impiccagione di trentuno prigionieri per rappresaglia: in quel momento decise di prendere parte attivamente alla Resistenza. Con il nome di battaglia di “Gabriella”, ispirato all’arcangelo Gabriele, divenne staffetta della brigata Cesare Battisti al comando di Gino Sartor, per poi passare al comando regionale veneto del Corpo volontari della libertà. Nel dicembre del ‘44 si iscrisse alla Democrazia Cristiana e partecipò attivamente alla vita del partito.
Dopo la seconda guerra mondiale si laureò in lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, diventando insegnante elementare. Nel dopoguerra si impegnò nell’attività sindacale con la CGIL e poi, dalla sua fondazione nel 1950, con la CISL. Fu dirigente del sindacato dei tessili dal ‘45 al ‘48 e del sindacato degli insegnanti elementari dal ‘48 al ‘55. Dal 1958 al ‘64 ricoprì un incarico nazionale tra i giovani nella DC, mentre nel ‘63 venne eletta componente del comitato direttivo dell’Unione europea femminile, della quale divenne vicepresidente nello stesso anno. Nel 1959 entrò nel consiglio nazionale della DC. In seguito, dal 1968 al 1992, fu eletta alla Camera dei Deputati: nel corso del suo lungo mandato parlamentare fece parte delle commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali. Si occupò molto dei problemi della famiglia e della donna, come dimostra l’approvazione della legge sulle pari opportunità.
Per tre volte sottosegretaria al ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, dal 29 luglio ‘76 fu ministra del Lavoro e della Previdenza sociale nel governo Andreotti III: un fatto dalla portata storica perché Tina Anselmi è stata la prima donna a ricoprire l’incarico di ministra. Nel ‘75 presiedette la delegazione italiana alla World Conference on Women promossa dall’ONU a Città del Messico, presenziando ai successivi eventi di Nairobi nel 1985 e di Pechino nel 1995. Nel ’77 fu tra i primi firmatari della legge italiana che apriva alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro, nell’ottica di abolire le discriminazioni di genere fra uomo e donna.
Divenne anche ministra della Sanità nei governi Andreotti IV e V: nel 1979, con la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (L. 23 dicembre 1978, n. 833) di cui era firmataria, si decise il ritiro dal mercato di migliaia di farmaci giudicati da una commissione tecnica inutili o addirittura pericolosi. L’anno dopo subì anche un attentato in casa propria.
Fu considerata una “madre della Repubblica” al punto che, prima del ’92 e poi nel 2006, fu proposta la sua candidatura a Presidente della Repubblica.
Nel 1981, nel corso della VIII legislatura, venne nominata presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2, che terminò i lavori nel 1985.
Nel 2004 promosse la pubblicazione di un libro intitolato “Tra città di Dio e città dell’uomo. Donne cattoliche nella Resistenza veneta”, di cui scrisse l’introduzione e un saggio.
Morì nella sua abitazione di Castelfranco Veneto il 1° novembre 2016: dal 2001 era affetta dal morbo di Parkinson e negli ultimi anni un ictus aveva contribuito ad aggravare il suo stato di salute.