ROMA - Pugno duro contro i furbetti del reddito di cittadinanza. Rischia una condanna da due a sei anni di reclusione chi falsifica i documenti per incassare il reddito di cittadinanza e la pena così alta, conforme alla nostra Carta fondamentale, è giustificata dalla facilità con la quale il reato può essere commesso. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 7528/24 del 21 febbraio 2024, ha respinto il ricorso di un uomo che aveva indebitamente percepito il contributo.
Per questo, spiega ancora il Collegio di legittimità , di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “ Giustamente l'articolo 7 del d.l. 4 del 2019 punisce con la reclusione da due a sei anni chi, al fine di ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere ovvero omette informazioni dovute e con la reclusione da uno a tre anni chi, fruendo già del beneficio, non comunica le variazioni del reddito o del patrimonio (anche se provenienti da attività irregolari) e le altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio stesso nei termini previsti dall'art. 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11. C'è di più.
Per gli Ermellini queste norme non vanno in attrito né prevedono una pena troppo alta rispetto all'art. 316-ter cod. pen. (Indebita percezione di erogazioni pubbliche) secondo cui, «Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640 c.p., chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.
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