BARI - Un'inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Bari ha messo in luce un sofisticato sistema di evasione fiscale orchestrato da 80 odontoiatri tra Puglia e Basilicata. Di questi, 47 sono attualmente sotto indagine, con la maggioranza proveniente da Bari.
L'operazione ha rivelato un intricato meccanismo che ha portato a un'evasione fiscale stimata intorno ai 33 milioni di euro, con il conseguente sequestro di beni per un valore di circa 5 milioni di euro. Le indagini sono ancora in corso per ricostruire il modus operandi dei professionisti coinvolti, i quali avrebbero fatto pagare in nero cure dentistiche a almeno 200 pazienti, per cifre che spesso raggiungevano decine di migliaia di euro.
Le indagini non si limitano solo a Puglia e Basilicata, ma potrebbero presto estendersi ad altre regioni d'Italia. Gli inquirenti stanno cercando di raccogliere il maggior numero possibile di testimonianze, tra cui quella di un paziente di Noci che ha dichiarato di aver corrisposto 8mila euro senza ricevere alcuna fattura, e di un altro paziente che ha pagato circa 10mila euro tra il 2016 e il 2018, ma ha ricevuto solo alcune fatture con importi inferiori rispetto a quelli versati, ancora in attesa della fattura finale.
All'origine di questa maxi evasione fiscale c'era un software gestionale che favoriva la rendicontazione di compensi non ufficiali e ostacolava l'attività di controllo dell'Amministrazione Finanziaria. Il software consentiva la creazione di "schede cliente" in cui, premendo un tasto e inserendo una password, i dentisti potevano registrare compensi non dichiarati. Inoltre, memorizzava una contabilità "parallela" su supporti esterni facilmente rimovibili in caso di ispezioni, e manteneva due distinti archivi informatici, uno ufficiale e uno esterno contenente i dati completi, compresi quelli non registrati ufficialmente e non dichiarati al Fisco.
L'inchiesta continua a mettere in luce la complessità e l'estensione del fenomeno dell'evasione fiscale nel settore odontoiatrico, evidenziando la necessità di rafforzare i controlli e le misure per contrastare questa pratica illegale.
L'operazione ha rivelato un intricato meccanismo che ha portato a un'evasione fiscale stimata intorno ai 33 milioni di euro, con il conseguente sequestro di beni per un valore di circa 5 milioni di euro. Le indagini sono ancora in corso per ricostruire il modus operandi dei professionisti coinvolti, i quali avrebbero fatto pagare in nero cure dentistiche a almeno 200 pazienti, per cifre che spesso raggiungevano decine di migliaia di euro.
Le indagini non si limitano solo a Puglia e Basilicata, ma potrebbero presto estendersi ad altre regioni d'Italia. Gli inquirenti stanno cercando di raccogliere il maggior numero possibile di testimonianze, tra cui quella di un paziente di Noci che ha dichiarato di aver corrisposto 8mila euro senza ricevere alcuna fattura, e di un altro paziente che ha pagato circa 10mila euro tra il 2016 e il 2018, ma ha ricevuto solo alcune fatture con importi inferiori rispetto a quelli versati, ancora in attesa della fattura finale.
All'origine di questa maxi evasione fiscale c'era un software gestionale che favoriva la rendicontazione di compensi non ufficiali e ostacolava l'attività di controllo dell'Amministrazione Finanziaria. Il software consentiva la creazione di "schede cliente" in cui, premendo un tasto e inserendo una password, i dentisti potevano registrare compensi non dichiarati. Inoltre, memorizzava una contabilità "parallela" su supporti esterni facilmente rimovibili in caso di ispezioni, e manteneva due distinti archivi informatici, uno ufficiale e uno esterno contenente i dati completi, compresi quelli non registrati ufficialmente e non dichiarati al Fisco.
L'inchiesta continua a mettere in luce la complessità e l'estensione del fenomeno dell'evasione fiscale nel settore odontoiatrico, evidenziando la necessità di rafforzare i controlli e le misure per contrastare questa pratica illegale.