GIANNI CAVALLI - Lunedì 4 marzo 2024 nel Museo Civico di Bari verrà presentato alla stampa il “Programma delle iniziative per il centenario della nascita di Vito Maurogiovanni” alla presenza di Michele Emiliano, Presidente Regione Puglia e del Comitato d’onore del Centenario, di Antonio Decaro, Sindaco di Bari, di Corrado Petrocelli, Rettore Università di San Marino e Presidente Comitato Centenario, e di Stefano Bronzini, Rettore Università “Aldo Moro” di Bari: la data del 4 marzo non è stata scelta a caso, perché corrisponde alla data in cui Vito, nel 2009, ha intrapreso «… il suo eterno viaggio verso Itaca» (sono le parole che Vito dedicò alla scomparsa di mio padre Mario).
Le figlie Celeste, Elvira e Genny, fino al 2022 coadiuvate dalla mamma Anna, in questi anni non hanno lesinato energie per fare in modo che il ricordo di Vito fosse non solo sempre vivo, ma avesse i giusti riconoscimenti che l’impegno profuso dal giornalista, scrittore, sceneggiatore e commediografo meritava.
Se mio padre Mario è stato il più convinto ‘sponsor’ di Vito per la pubblicazione di «Cantata per una città», io ho trascorso non pochi sabato e domenica a dialogare - forse non è parola giusta, ma va bene così - con Vito per eliminare alcuni dettagli ininfluenti per il racconto di “Fatti, cose e personaggi del Novecento”, ma che avrebbero potuto ingenerare e scatenare risentimenti di cui non sentivamo necessità.
Fui subito colpito dal racconto che Vito faceva di “Suor Virginia” conosciuta nel periodo in cui era impegnato come bibliotecario presso l’Istituto “Margherita” di Bari. Vi riporto integralmente le parole di Vito che testimoniano l’incontro di due sensibilità: «La buona suora - lo capivo - in realtà veniva in biblioteca per darmi un po’ di coraggio, per farmi vincere la melanconia d’essere stato allontanato dal mondo della carta stampata ed essere finito in quella biblioteca. E aveva parole sempre cortesi mentre tentava di farmi partecipe di quel mondo nuovo nel quale ero stato inserito un po’ a forza, per trovare una nuova maniera di vivere. Il discorrere era quieto come il silenzio che ci avvolgeva e riusciva a far scaturire religiosità anche dagli argomenti più ovvi. Sapeva poi che nutrivo interessi culturali per il cinema e per il teatro, per cui apriva il discorso su quei temi che mi erano congeniali e riusciva di nuovo a farmi coinvolgere nell’amore per la carta stampata ben sapendo che da esso volessi stabilire, invano, chilometriche distanze, nella speranza di immergermi nel compito di bibliotecario. Aveva capito che quell’incarico era per me solo un fatto provvisorio, a quella provvisorietà ella riusciva a dare un significato più profondo, mi faceva toccare con il cuore e con la mente l’infinito esistente anche nelle piccole cose della quotidianità».
Io sono responsabile del termine ‘allontanare’ dal mondo della carta stampata, Maurogiovanni era stato molto più colorito e duro: Vito non era sempre disponibile come l’indole faceva apparire, ma era disposto ad ammettere l’eventuale ‘abbaglio’… cosa che fece in seguito con me.
Il volume «Cantata per una città», dedicato ai nipoti Giuseppe, Francesca, Gianvito e Annabella cela un piccolo retroscena che da me è stato vissuto in prima persona: doveva avere una presentazione illustre, almeno così era stato promesso a Vito e lui così aveva prospettato a noi, che poi non è mai arrivata. Un sabato dell’anno 2002 mio padre dopo aver parlato con Maurogiovanni mi disse «… sono disponibili quattro pagine per scrivere una presentazione al libro, lunedì deve essere pronta».
Ora vi riporto quello che scrissi nell’autunno del 2002 come presentazione del libro di Maurogiovanni “Cantata per una città”: lo ripeto affinché i lettori si spostino con la mente a 22 anni fa.
Il giorno della partita Italia-Croazia, sabato mattina 8 giugno 2002, avevo tre incontri di lavoro in azienda. Il tutto doveva essere concluso entro le ore 10.45, perché l’Italia giocava alle 11. Il primo, alle 7.15 con il prof. Gino Pastore, fu rispettato. Per il resto non si fece vivo nessuno e alle mie chiamate sul cellulare vi era una voce poco suadente … ‘utente non raggiungibile’. La città era avvolta in un silenzio irreale e via Napoli, strada sempre in ‘fermento’ per usare un eufemismo, sembrava un itinerario della Parigi-Dakar. Un particolare preannunciava che doveva essere una giornata di festa: ai balconi vi erano molte bandiere italiane come in quel lontano e magico 1982. Fino alle 10.50 ricevetti una sola telefonata: quella del prof. Antonio Ricci che, fra i tanti meriti, annovera anche quello di essere il marito della scrittrice Maria Marcone. Questa sana atmosfera di gioia e di calma insperata mi fece, difficile spiegare come e perché, pensare al libro di Maurogiovanni ‘Cantata per una città’. Ritrovai velocemente la cartella con scritto ‘in stampa’ e notai l'annotazione che mi aveva fatto andare in ‘depressione’. A settembre 2001 con il libro in fase di pubblicazione Vito aveva portato un pezzo dedicato al prof. Tridente ed una serie di foto mai comparse prima. Al mio rifiuto si impuntò, come è in grado di fare solo la gente della sua generazione, e concluse «per le foto posso trattare, ma per Tridente mi sono impegnato!». Del libro erano stati stampati 7 trentaduesimi e da quel momento fu accantonato. Forse è ora di tornare a quel famoso 8 giugno 2002. Alle 10.45 inserii il fax in azienda e alle 10.50 mia figlia Madia, più per sentirmi che per ricordarmi l'appuntamento delle 11, mi chiamò al telefonino (Questa precisione di orari può stupire solo chi non mi conosce. È risaputo che non porto orologi, al pari di cravatte e qualsiasi cosa ‘avvolgente’, ma sono di una precisione assoluta negli appuntamenti). Nello squallore di tutto il primo tempo della partita il mio pensiero fu per il libro di Vito e quando nella ripresa l'Italia segnò e pareva ormai sicura vincitrice decisi, preso dall'euforia contagiosa che solo il calcio sa regalare, che era il momento giusto per completare ‘Cantata per una città'. Quando, dopo qualche minuto, vi fu il tracollo e l'Italia perse mi convinsi, inutile negarlo, che quel testo portava male. Infatti a settembre 2001, dopo l'incontro con Vito, vi fu l'11 settembre per il mondo e tutta una serie di problemi familiari e soprattutto di salute per i componenti della famiglia Cavalli con parte attiva nell'azienda. Per giunta contemporaneamente. A dicembre 2001 chiamai Vito dicendogli che in futuro prossimo avremmo ripreso il libro e lui doveva avere solo la pazienza di annodare i fili del testo nei limiti del possibile. Se è vero che lo spettacolo continua e anche vero che un'azienda per vivere ha bisogno di tutti e la famiglia Cavalli con l'aiuto di Dio ha ripreso il suo cammino. Domenica 9 giugno 2002 ho chiamato il nostro scrittore al telefono e, dopo qualche breve convenevole con la gentile consorte, di solito loquace e in quell'occasione misurata, ho detto «vieni quando vuoi che ti faccio vedere le foto per mettere le didascalie e sistemiamo la questione Tridente». Il giorno dopo Vito è venuto di buon'ora, cordialissimo come sempre, ha preso tutte le bozze non stampate ed è andato via. Verso la metà di luglio 2002 ha riportato il tutto con le didascalie e solo aggiunte ininfluenti nel testo. Il suo messaggio era evidente e perentorio: il libro esce così punto e basta. Il sabato successivo è venuto con la scusa di parcheggiare la macchina ed ha parlato con mio padre - di solito il sabato viene sempre a dare un'occhiata - ed è andato via per ricomparire verso mezzogiorno. Dopo l’incontro con Vito, mio padre si è avvicinato e con l'aria severa e decisa, che non ammetteva repliche, ha sentenziato «…il libro di Vito deve uscire!”». La frase ‘deve uscire’ è stata detta in dialetto e con l'indice alzato. Ad onor del vero mio padre è sempre stato il più grande ‘sponsor’ di Vito ed è colpa sua - ma fu vera colpa? - se il libro partito intorno ai testi ‘I 5 monaci da fucilare’, ‘I primi 10 anni della Fiera del Levante’, ‘La guerra’, ‘Radio Bari’, nel tempo è diventata la ‘Cantata di Maurogiovanni’. Giunti a questo punto forse conviene spiegare come si è approdati a definire il titolo del volume. Per qualche mese ha prevalso ‘Quando suonavano le fisarmoniche’, scartato perché sembrava un po’ triste e non in sintonia con l'idea della celebrazione gioiosa che era l'intendimento del libro. Si è passati da ‘Vito, il 900 e Bari’ a ‘Le brioches di mia madre’. Ci voleva qualcosa che desse l'idea della forza, di un coro a piena voce, di una cantata: composizione a una o più voci, con l'accompagnamento strumentale. Fermo restando che lo strumento musicale era Bari … è venuto naturale ‘Cantata per una città’. Il titolo riempiva non solo i polmoni di aria - provate a pronunciarlo a fine giornata lavorativa - ma dava la percezione dell'esultanza, del piacere: non fine a se stesso, ma quello che permette di apprezzare il presente e, in maniera semplice, tramanda ai posteri i valori del passato. Si può senz'altro affermare che è un testo scritto più col cuore che con l'intento della pubblicazione, giustamente Vito dice che il suo taccuino è pieno di appunti e lui ‘narra solo quel che ha vissuto’, ma è anche vero che spesso si affida ai ricordi e la memoria non sempre può mettere a fuoco con precisione gli avvenimenti. Vi è una strada di Bari che ricorre sempre nei discorsi dello scrittore, la strada che ha ‘allevato e allattato’ il Maurogiovanni autore teatrale: via De Rossi. In via De Rossi, al n. civico 119, dal 1860 al 1939 è stato ubicato il famoso bar notte e giorno del padre di Vito, il famosissimo ‘Antico caffè’ di G. Maurogiovanni. Per saperne di più della saga familiare di Vito dovete leggervi il libro, io mi sforzerò solo di far capire il significato di via De Rossi per l'uomo di teatro. Immaginate Vito bambino e poi ragazzo girare fra i tavoli del locale paterno dove gli avventori, oltre a consumare il ‘sussurro’, facevano intrattenimento. L'A. che abitava nel retro dell'esercizio familiare - una volta tutte le attività ‘bene’ erano… casa e bottega - passava dal produttore al consumatore e forgiava il suo spirito di osservazione e iniziava a dare corpo a quella passione nota come ‘malattia da palcoscenico’. I fatti narrati dall'A., pur appartenendo alla storia personale della famiglia Maurogiovanni, possono essere benissimo la storia delle nostre famiglie. Una delle pagine più poetiche è quella dedicata alle ‘brioches di mia madre’, lirismo e praticità si fondono e si amalgamano a meraviglia, dando origine ad una libidine olfattiva di cui il lettore non riesce a liberarsi. (A tutti gli studenti di economia e commercio consiglio di leggere questo episodio ... avranno la più completa ed esauriente lezione universitaria ... tenuta inconsapevolmente dai vostri e nostri avi, ora che ci penso può interessare anche il ministro alle Attività Produttive). Nel libro si parla, inoltre, dei mitici cavalli della birra Peroni, del famoso calciatore Cesarino Grossi nato a Bari nel quartiere Carrassi e valutato 500.000 lire dell’epoca, del giornalista Ettore De Marco morto prematuramente ‘anche di Rai’, di Eduardo De Filippo, incontrato a Bari nel 1964, di Gaetano Savelli autore della traduzione in dialetto barese della Divina Commedia, di pane impastato con acqua di mare per risparmiare l'acqua e il sale e dal sapore eccezionale, di ‘fave e cicorie’ che contribuirono a far allentare i cordoni della borsa al Ministro Pastore, del maresciallo Tito a Bari, del cavallo di Piazza Umberto, della libera voce del Governo d'Italia ecc. ecc. Anche quando parla dei ‘potenti’ Vito non si prostra, ma cerca di raccontare quel che ha visto, quel che è riuscito a percepire cercando di mantenere quel distacco che i ‘galantuomini’ non sempre riescono a conservare. Il volume si conclude con una storia del costume popolare pugliese e con una cantata supplementare di riguardo dedicata al professor Nicola Tridente. La consapevolezza che il volume poteva essere pubblicato nel 1990 o nel 2010, senza alterarne il messaggio di amore, spontaneità, istintività di cui è pregno, ci ha convinto a dar ragione all'autore Vito Maurogiovanni e allo ‘sponsor’ Mario Cavalli. Ossia abbiamo riportato i protagonisti del libro sui blocchi di partenza. A tutti coloro che non hanno mai conosciuto il Vito Maurogiovanni uomo, l'autore teatrale lo conoscono tutti, consigliamo, prima di cimentarsi con il presente testo, di leggere il capitolo dedicato a Suor Virginia. Servirà a capire meglio lo scrittore che, pur nella momentanea solitudine cui gli eventi lo hanno portato, coglie l'àncora che la vita riserva sempre a tutti, come ultima chance, e non si vergogna di quella apparente debolezza accettando il sostegno che una suora, intelligente e colta, lascia cadere pur di riportarlo ‘in cattedra’. Il ritratto di un uomo: mite, orgoglioso, testardo, un fratello maggiore, un padre, un nonno di cui ti puoi fidare, a cui puoi dare anche le spalle. Con questo libro ideato e realizzato a ‘spizziche e meddiche’, si apre un periodo in cui tutti ci impegneremo per sapere come ‘eravamo nel secolo scorso’, cosa fosse, la cassarmonica, l'omnibus, la frisola, la scionda. Il direttore del coro, il Maestro Maurogiovanni, appena avrà dato l'attacco ogni cittadino barese, uno per volta, si alzerà e con voce forte e, possibilmente intonata, inizierà a cantare, contribuendo a rendere sempre più efficace il messaggio di ‘Cantata per una città’. Bari, ottobre 2002Vito lesse la presentazione, per sua volontà, solo all’uscita del libro e mi disse che mi era grato per suor Virginia ed anche per le foto…. salvo poi ritrattare sulle ‘fotografie’ per contenere le richieste della dolcissima, innamoratissima, gelosissima consorte Anna (delicata Anna abbiamo al nostro attivo tante ore trascorse al telefono in cui, a volte, smarrivi la tua generosità che ti aiutavo a recuperare; ti assicuro, al mio arrivo, avrai le prove dell’innocenza di Vito, nel caso specifico, in modo che lo lascerai libero di ‘rivivere’… ‘gli anni della speranza’).
Nel volume feci in modo che la pagina dedicata a suor Virginia fosse la 323: il mio numero fortunato da sempre è il numero otto (sono nato in agosto) e per la prova del nove 323 produce il numero otto, mia figlia Madia è nata l’8-8-88, il mio primo nipote Mariolino l’8 luglio e altro… che sfocia nel privato personale. Insomma il pensiero che il libro non fosse di buon auspicio venne subito rispedito al mittente e fu lo stesso scrittore a percepire come anche il metro di giudizio della critica su di lui fosse più equo-imparziale (tanto è vero che nel 2005 fu varato “Come eravamo”) tanto da avvertire di essere amato e, quasi,… ‘venerato’. Per completare questo mosaico vi dirò che nel 2023 mia figlia Madia ha avuto una deliziosa bambina e, tra i tanti nomi presi in considerazione, dopo aver scartato immediatamente quello delle nonne, ha scelto, spero in accordo con il marito, Virginia (sono convinto che Madia non abbia mai letto la storia di suor Virginia di Vito).
L’ultima volta che ho visto Vito in questo mondo mortale mi disse «Ricordati di Suor Virginia»: lo stesso giorno che seppi della sua morte inviai un articolo alla sua Gazzetta del Mezzogiorno in cui, tra le tante cose, citavo proprio l’episodio di Suor Virginia. Il 6 marzo 2009 nella rubrica ‘Lettere e commenti’ il giornale titolò il mio scritto: “Vito Maurogiovanni e la storia di Suor Virginia”. Conoscendo quanto Vito fosse in genere poco soddisfatto, in generale, dei titoli riservati ai suoi scritti… ritengo abbia molto apprezzato il sublime atto d’amore del quotidiano che aveva sempre prediletto svisceratamente: Virginia una suora di nome Provvidenza.
Vito una serie di manifestazioni ti saranno dedicate quest’anno e tanti tuoi amici vecchi e nuovi parleranno della tua opera, io posso solo ricordarti e ringraziarti con quella genuina affettuosa introduzione che dedicasti a mio padre su “Come eravamo” e che concludesti in questo modo: «Un antico uomo di teatro, anzi il più grande uomo del teatro mondiale, scrisse che c’erano più cose in cielo e in terra che l’uomo non sapesse. Veniva da lontano, dunque, Mario Cavalli. E che la terra ora gli sia leggera». Posso solo dirti di mantenere la terra leggera… in attesa dei nuovi arrivi… da noi, purtroppo, è tutto più ‘pesante’.