Past Lives: la recensione

FREDERIC PASCALI - C’è un tributo che ognuno di noi deve alla propria aspirazione d’amore, quella legata al “per sempre”, al legame voluto, rincorso, idealizzato. È il contatto con la realtà di tutti i giorni, con il Destino che apre e chiude porte e costringe a fare delle scelte, anche inaspettate.

La pellicola di Celine Song, alla sua prima regia di lungometraggio, opera in questa direzione ripercorrendo una storia dalle venature autobiografiche. I suoi due protagonisti, Nora e Hae Sung, tracciano una di quelle linee indelebili che uniscono i ricordi di ognuno di noi. La storia d’amore che nasce sui banchi di scuola e diventa il proselito di tutti quelli amori adolescenziali che portano con sé la nostalgia e la malinconia di sentimenti immediati e scevri dalla necessità di diventare adulti, con la conseguenza di scegliere e decidere i propri punti di svolta, anche a dispetto dei propri sogni.

Ambientato tra la Corea del Sud, il passato, e New York, il presente, Past Lives, grazie anche a una grande eleganza di scrittura, è una lunga e delicata riflessione sulla vita che si ottempera nei numerosi primi piani dei suoi personaggi. Si forgia all’interno di una finta patina di suspense, una tensione narrativa artificiosa per un racconto che in realtà, fin dall’inizio, già esprime il suo significato e le sue decisioni. Ma la vita separa quelli che si amano, dolcemente, senza far rumore, le parole della celeberrima Les Feuilles Mortes, scritta da Jacques Prévert e musicata da Joseph Kosma, sono una buona sintesi della forza dell’ideale amoroso rappresentato da Celine Song e illuminato dalla fotografia essenziale di Shabier Kirchner. Gli eccellenti interpreti principali, Greta Lee e Teo Yoo, concorrono all’impatto emotivo della pellicola, trasmettendo la forza realistica necessaria al coinvolgimento empatico dello spettatore.

Candidato agli Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura originale, Past Lives è anche il frutto dell’iconico montaggio di Keith Fraase.