Processo d'appello per associazione mafiosa: udienza nella ‘aula bunker’ di Bitonto
BARI - Nella giornata di ieri si è svolta, nell'insolita cornice dell'"aula bunker" di Bitonto, la prima udienza del processo d'appello che coinvolge 84 imputati precedentemente condannati in primo grado a pene anche fino a 30 anni di reclusione per una serie di reati, tra cui associazione mafiosa, traffico e detenzione di droga e armi, estorsioni a commercianti, lesioni e partecipazione a una rissa avvenuta nel carcere di Bari nel gennaio 2016, durante la quale 41 detenuti rimasero feriti, alcuni con lamette e taglierini.
Nel corso del primo processo, che si è tenuto sempre nell'"aula bunker" del Tribunale di Bitonto, i pubblici ministeri Iolanda Daniela Chimienti e Marco D'Agostino avevano chiesto la condanna per i 135 imputati che avevano scelto il rito abbreviato (altri 15 sono stati rinviati a giudizio), richiedendo pene che spaziavano dai 20 anni ai 22 mesi di reclusione. La pena più alta, di 30 anni, è stata inflitta a Giuseppe Misceo, noto come 'Peppino il fantasma'. Altri condannati a 20 anni di reclusione includono i boss Vito Valentino, Lorenzo Caldarola, Alessandro Ruta, Saverio Faccilongo, Vito Catacchio e Giacomo Campanale.
L'indagine condotta da polizia e carabinieri, denominata "Vortice maestrale", ha permesso di ricostruire, anche grazie alle testimonianze di 21 collaboratori di giustizia, la gerarchia e le attività illecite del clan a partire dal 2015, con l'obiettivo di controllare il territorio nei quartieri baresi di Libertà, San Paolo, San Pio-Enziteto, Santo Spirito e San Girolamo, nonché nei comuni di Palo del Colle e Conversano.
Tra gli episodi contestati ci sono intimidazioni, aggressioni, ordini di uccidere inviati dal carcere, il traffico di droga e telefonini nelle celle dei detenuti. Gli imputati sono stati anche condannati a risarcire le parti civili, tra cui l'associazione Libera e il Comune di Bari.
Nel corso del primo processo, che si è tenuto sempre nell'"aula bunker" del Tribunale di Bitonto, i pubblici ministeri Iolanda Daniela Chimienti e Marco D'Agostino avevano chiesto la condanna per i 135 imputati che avevano scelto il rito abbreviato (altri 15 sono stati rinviati a giudizio), richiedendo pene che spaziavano dai 20 anni ai 22 mesi di reclusione. La pena più alta, di 30 anni, è stata inflitta a Giuseppe Misceo, noto come 'Peppino il fantasma'. Altri condannati a 20 anni di reclusione includono i boss Vito Valentino, Lorenzo Caldarola, Alessandro Ruta, Saverio Faccilongo, Vito Catacchio e Giacomo Campanale.
L'indagine condotta da polizia e carabinieri, denominata "Vortice maestrale", ha permesso di ricostruire, anche grazie alle testimonianze di 21 collaboratori di giustizia, la gerarchia e le attività illecite del clan a partire dal 2015, con l'obiettivo di controllare il territorio nei quartieri baresi di Libertà, San Paolo, San Pio-Enziteto, Santo Spirito e San Girolamo, nonché nei comuni di Palo del Colle e Conversano.
Tra gli episodi contestati ci sono intimidazioni, aggressioni, ordini di uccidere inviati dal carcere, il traffico di droga e telefonini nelle celle dei detenuti. Gli imputati sono stati anche condannati a risarcire le parti civili, tra cui l'associazione Libera e il Comune di Bari.