Quale violenza?

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia quand’ella altrui saluta, / ch’ogne lingua deven tremando muta, / e li occhi no l’ardiscon di guardare. (Dante Alighieri)

Ma davvero si continua a parlare di violenza di genere e non si vede che il problema è la violenza in genere emersa in modo esponenziale? Convegni e incontri su una tematica quale quella della violenza di genere che in tal modo viene negata nella sua più profonda realtà, nelle sue radici. La violenza come tale è parte integrante della natura tutta e noi siamo segno della natura e natura noi stessi, come ebbe a scrivere P. Klee.

Qualcuno può affermare che la tempesta è violenta secondo le connotazioni che noi diamo alla violenza? Un asteroide che precipitasse sulla Terra si potrebbe definire violento? La tempesta e l’asteroide non conoscono il loro essere così rovinosi per gli altri! La loro natura rimane innocente pur generando effetti devastanti. Le catastrofi sono al di là del bene e del male eppure determinano lutti e rovine. Con queste metafore non giustifico ma cerco di comprendere.

L’essere umano, maschio o femmina o di altro genere che sia, dovrebbe aver sviluppato una consapevolezza tale per cui la connaturata violenza dovrebbe e potrebbe essere sublimata. Le straordinarie tragedie greche ci insegnano tante cose compresa la catarsi, la funzione del Coro, la natura dell’essere umano! Non si venga più a parlare di violenza di genere riferendosi al genere femminile perché nel genere esistono tutti i generi e tutte le creature, feti compresi. A volte mi sembra una mercificazione ancora più grave del corpo femminile che diventa così attenzionato come un corpo in frammenti, violato da malcelate morbosità oltre misura proprio da coloro che celano il volto della violenza sotto le mentite spoglie dei benpensanti che usano armi diverse per annientare una persona come può essere per esempio la cosiddetta “macchina del fango".

Dispiace molto che si continui a insistere su questo argomento ghettizzando sempre di più l’essere femminile come se poi le donne non uccidessero a loro volta a cominciare dalle inermi creature che portano in grembo. Medea, per motivi complessi e non certo condivisibili, uccise i figli, Giuditta decapitò Oloferne, episodio ben rappresentato da Artemisia Gentileschi, la straordinaria artista seicentesca ricordata purtroppo anche per lo stupro subito da Agostino Tassi, suo maestro di prospettiva e amico di suo padre e così via. Una vicenda ancora non molto chiara, così come non sono mai del tutto chiare le situazioni in cui al posto della parola, del dialogo si passa all’atto. Assassini tutti, e l’ho affermato più volte.

Nella postfazione da me scritta per l’emblematico libro di Michele Cristallo “Gli ultimi condannati a morte", Adda Editore, ho asserito che "Il cuore umano è un abisso dagli infiniti anfratti dai quali improvvisamente affiorano aspetti inquietanti e inediti: ma solo il perdono per se stessi e per gli altri può trasformare la storia dell’umanità". In realtà la consapevolezza della nostra più arcaica natura non è dato di conoscere fino a quando non ci si libera in maniera catartica del proprio sé più crudele con il quale, lo si voglia o no riconoscere, intratteniamo legami. E a proposito della storia di certo Giacomo Benedetto vissuto a fine Ottocento Michele Cristallo racconta che costui quando dall’Argentina rientrò in Italia “Le violenze in famiglia erano all’ordine del giorno. Alle sevizie e alle minacce si aggiunsero le calunnie e la diffamazione. Per infamare il nome della donna, che godeva unanime stima, il Benedetto giunse a chiedere al Sindaco, per la moglie, "la libretta di meretrice". Non ho avuto alcuna ipocrita reticenza nel dichiarare che “Le storie raccontate da Michele Cristallo in questo suo prezioso libro ci fanno toccare da vicino la natura umana nella sua primordialità, ma non siamo molto lontani da quelli che erano gli uomini di un tempo passato in cui il cervello rettiliano con più facilità si manifestava in tutta la sua perturbante realtà. Non c’erano gli strumenti conoscitivi di questo nostro secolo ancora agli albori, non c’era quella cultura capace di aprire le vie della coscienza e nuovi orizzonti dell’essere umano, L’uomo diventa Uomo soltanto attraverso una serie di percorsi creativi e dialogici". Ecco nel suo inconscio l’essere umano è rimasto inalterato nel corso dei secoli, vale a dire l’uomo della clava, il predatore che oggi usa strumenti bellici diversi oppure tradisce proprio colei o colui che il giorno prima ha elogiato le sue qualità solidaristiche, pur di affermare proditoriamente se stessa. Oggi i mezzi di comunicazione ci pongono in modo eccessivo dinanzi alla voracità senza scrupoli dell’essere umano. Si assiste a filmetti con un eccesso di violenza e di sesso e sul web a video hard ai quali possono accedere i ragazzi e adolescenti. Dagli antropologi (e non solo) apprendiamo che nel corso dei tempi la donna era “oggetto di scambio" tra le tribù e d’altra parte sappiamo bene che molti matrimoni anche fra nobili casati sono stati contratti per motivi che con il sentimento non avevano nulla a che vedere. Non ci stupiamo nemmeno dinanzi all’antico e pur sempre nuovo costume di avere la moglie a casa e l’amante fuori di casa. Il delitto d’onore era ahimé il turpe risultato di ataviche convinzioni circa la donna quale proprietà privata. Oggetto e non Soggetto di storia: una forma molto primitiva per affermare il proprio orgoglio di maschio.

Ad un’analisi attenta, però, e per tutta onestà, è anche la percezione dell’autenticità dell’essere donna che oggi risulta, per motivazioni complesse, a volte sfuggente e confusa. Ma tale mancanza di chiarezza riguarda, in verità, la persona quale insieme di tutto ciò che talvolta purtroppo, semplicisticamente, si colora con alcune categorie dal sapore manicheo: bene e male, buono e cattivo, bello e brutto... In ogni caso, però, si può sicuramente affermare che dall’alba dei secoli la donna ha rappresentato la tentazione e il mistero: ovvero il desiderio e la vita.

L’enigma della vita ha sempre generato inquietudini ed angosce: di qui forse il controllo di colei che vistosamente presiedeva e presiede alla “rinascita”, di qui forse i tentativi di emarginazione attraverso la marginalità storica e sociale, attraverso quell’ affermazione perversa del possesso tramite il cosiddetto “feminicidio”. La donna, dunque, quale simbolo di una donna altra, la madre, oppure quale segno della Natura, da rendere inoffensiva, quasi come un “mobile di casa altrui”, oggetto devitalizzato di godimento, da collocare al di fuori della storia. Come se la Storia non fosse il prodotto della Natura, quale “luogo” ineludibile di ogni cultura.

Simone de Beauvoir ebbe ad affermare che “Donna non si nasce, ma si diventa” perché aveva ben compreso che l’essere umano è maschio e femmina insieme, che la differenza biologica, che pur esiste, è stata strumentalizzata alfine di “relegare” fra le mura domestiche le donne, onde tacitare e contenere le arcane angosce riguardanti l’origine misteriosa della vita. I condizionamenti storici e culturali hanno infine “cristallizzato ruoli e convenzioni” determinando una fissità ossessiva purtroppo talora introiettata dalla donna stessa. Le forze produttive hanno così acquisito una posizione centrale in qualsiasi discorso legislativo, generando determinazioni e pregiudizi.

Per queste ragioni la de Beauvoir aveva intuito che “il femminismo non poteva se non attraversare il campo del politico”, cioè il luogo del “possibile” in cui il limite non era sicuramente dalla parte femminile bensì da quella maschile, ancorata a princìpi feudali, e ormai preda di una “realtà” lontana da qualsiasi desiderio e forza innovatrice. La struttura della famiglia nel corso del tempo è cambiata. Dalla famiglia “patriarcale”, che non vuol dire repressiva o autoritaristica, ma come leggiamo “una famiglia relativa al patriarca, come capo famiglia, di solito il più anziano” si è passati ad una famiglia “ nucleare“: ma non si dimentichi che nella storia c’è stato il matriarcato. Ci sono ancora società che presentano caratteristiche matriarcali come la Tuareg, Irochese, il Minangkabau, in Indonesia, o in alcune popolazioni come quelle delle isole Comore. Nelle Sacre Scritture le “ matriarche” hanno avuto ruoli centrali: ad Eva e a Maria si attribuiscono rispettivamente la perdizione e la salvezza... Certo gli abusi sono stati tanti ma da questo a demonizzare l’autorità di padre o madre poco senso ha perché il termine “autorità“ etimologicamentre significa “far crescere”. La questione è davvero molto articolata e investe molti aspetti della nostra contemporaneità: dai ruoli che sono diventati intercambiabili, alle donne che lavorano fuori casa per vari motivi, ai figli che si affidano a nonni e baby sitter per chi può, ai tablet e al mondo virtuale, a identificazioni diverse e così via discorrendo...

Tutto appare precario , il tempo sembra contratto, il senso di eternità appare vanificato. Tutto e subito: l’amore ha cambiato dimora. Si, Signore e Signori: questo è il problema. Quando tutto viene mercificato, l’Amore, che per sua natura, essendo il risultato della evoluzione della coscienza, non può essere merce, si pone in eclissi con la conseguente emersione degli aspetti più crudeli del nostro essere al mondo… Ma l’ eclissi ha pure astronomicamente un termine...