TARANTO - Esce nelle sale il documentario Toxicily che nasce per dare voce alle persone che resistono e vivono la loro quotidianità accanto alle fabbriche. A Taranto si potrà vedere il 2 maggio alle ore 20 al Cinema Teatro Orfeo. Prima della visione del film ci sarà un incontro con Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink, Massimo Moretti avvocato delle azioni risarcitorie dei cittadini del quartiere Tamburi, Lunetta Franco, Presidente del Circolo Legambiente di Taranto e Leonardo La Porta di Giustizia per Taranto. Il dibattito sarà moderato dal giornalista Luciano Manna e potrà essere ascoltato anche su RadioVera in streaming.
Nella costa orientale della Sicilia, tra uliveti e agrumeti, litorali con acque trasparenti e siti archeologici, sorge uno dei più grandi poli petrolchimici d’Europa che dal 1949 avvelena l’ambiente e le persone: quale coesistenza può esserci tra le promesse del mondo industrializzato in cui siamo tutti immersi e la salute di noi umani? In questo territorio, tra Augusta, Priolo, Gargallo e Melilli, fino alle porte di Siracusa, si concentrano quantità elevatissime di sostanze chimiche tossiche che hanno contaminato il suolo, l’aria, l’acqua e compromettono la salute degli abitanti.
Realizzato dal regista francese Francois Xavier Destors e dal geografo palermitano Alfonso Pinto, il film è prodotto da Elda Productions (Francia) e da Ginko Film (Italia), con il sostegno di Eurimages, del fondo Francia Italia CNC MIC, Sicilia Film Commission, Rai Cinema e il patrocinio di Legambiente. Selezionato al Fipadoc di Biarritz, menzione speciale al Festival dei Popoli di Firenze, dopo le prime date in Sicilia il film arriva anche in Puglia.
Afferma Ginko Film: “La nostra linea editoriale riguarda la produzione di documentari che affrontino questioni globali, tra cui anche il rapporto dell'uomo con l'ambiente. Toxicily di è un film sui limiti dell'Antropocene e sui costi del progresso che racconta un territorio devastato dall'impatto ambientale a causa della presenza di un polo petrolchimico sulla costa siciliana. Stiamo portando il film in sala in alcune città italiane con il patrocinio di Legambiente”. Secondo Ginko Film per Taranto si tratta di “una tappa importante in un luogo che sta vivendo le simili conseguenze drammatiche dell’area industriale dell’Ilva e che stimolerà una riflessione profonda su questioni ambientali e socioeconomiche”.
In Toxicily, a settant’anni dall’arrivo delle prime raffinerie, i due autori esplorano i temi del sacrificio ambientale e sanitario, restituendo la pluralità dei punti di vista degli stessi abitanti: se questa impresa industriale ha permesso di superare le miserie di un’economia agricola precaria, trasformando pescatori, contadini e pastori in operai, ha creato però un’emergenza sia sanitaria, con aumento di malattie e malformazioni, sia ambientale, con l’inquinamento. Di fronte a questo scempio, la maggior parte dei cittadini sembra essere rassegnata, ancora stretta in un ricatto occupazionale. «Meglio morire di cancro che di fame» è una delle frasi che ritorna spesso nel film. Altri invece resistono e lottano affinché questa ingiustizia non sia più taciuta e sia finalmente riconosciuta dalle istituzioni.
Come Don Palmiro, sacerdote, che oggi paga il prezzo del suo impegno per la salute dei suoi concittadini, Lina e sua figlia Chiara che dall’età di 7 anni lotta contro una rara malformazione congenita, Andrea che ha tentato durante la sua vita di operaio di limitare, nel suo piccolo, i danni dell’industria su ambiente e salute. E ancora Nino che malgrado la sua cecità condivide i ricordi di un mondo perduto e Giusi che dopo la perdita di suo padre a causa di una malattia professionale, si batte contro tutto e contro tutti in nome della giustizia ambientale. Attraverso la complessità dei rapporti fra abitanti, territorio e industrializzazione, emergono gli interrogativi, i dubbi e i limiti del mondo che verrà .
Note di regia
Il destino tragico del territorio di Augusta-Priolo-Melilli-Siracusa che ospita uno dei più grandi centri di produzione petrolchimica d’Europa rimane ancora in larga parte sconosciuto al grande pubblico. Eppure, da quelle parti le cose si sanno, si sentono, si vedono. L’inquinamento è ovunque. Scorre dai rubinetti, rende l’aria irrespirabile, contamina i suoli. Il cancro e le malformazioni abbondano ben oltre le medie. Eppure, tanti continuano ad andare in fabbrica.
In questo contesto dove talvolta si preferisce «morire di cancro che di fame» il film rivela una Sicilia invisibile, inedita, fatta di contrasti e paradossi. Esso si insinua nel cuore di un silenzio pesante al fine di liberare la voce di quelle e di quelli che cercano di aprire gli occhi davanti a tutto questo, davanti al sacrificio di un intero territorio e dei suoi abitanti destinati a una distruzione latente. Ostinandosi a vivere lì, questi uomini e queste donne hanno in un certo modo determinato il loro destino.
Ma è ancora possibile un futuro in un momento in cui le fabbriche sono ormai vetuste e talvolta in rovina, in cui i costi delle bonifiche sono troppo elevati, e in cui le malattie e le malformazioni aumentano ancora e ancora? Che altro fare se non rassegnarsi ad accettare la realtà di un ecocidio in corso di cui si fa fatica a misurarne le conseguenze sull’aria che si respira, sull’acqua che si beve o sulla terra che si coltiva.
Questa zona ci offre forse la prova ultima delle illusioni spezzate del liberalismo del dopoguerra, di quell’ideale globalizzato ormai agli sgoccioli, dell’assenza di giustizia, della scienza e della politica in materia ambientale e, in ultimo, di quella coesistenza tossica fra uomo e fabbrica. Lo scopo di questo film è quello, dunque, di fornire il ritratto di un territorio sacrificato che in un certo senso sintetizza le problematiche di tanti altri. Attraverso la complessità dei rapporti fra abitanti, territorio e industrializzazione, emergono gli interrogativi, i dubbi e i limiti del mondo che verrà .
Gli autori
François-Xavier Destors è un regista i cui film si concentrano sul lato nascosto dei crimini di massa. È autore di numerosi documentari storici e film per la televisione che esplorano territori e collettività sacrificate. Il suo primo lungometraggio documentario, Rwanda, la surface de réparation (86’, 2014) racconta la storia del genocidio attraverso il ruolo sociale, politico e culturale dello sport in Ruanda. Norilsk, l’étreinte de glace (2018) è un’esplorazione cinematografica della nostra capacità di adattarci e sopravvivere alla storia collettiva delle nostre società industriali. François-Xavier Destors continua la sua esplorazione cinematografica dei territori sacrificati realizzando Toxicily (2023) su uno dei più grandi ecocidi alle porte dell’Europa.
Alfonso Pinto è ricercatore in geografia e culture visuali presso l’Università di Poitiers. Dal 2018 al 2022 ha diretto il Polo Immagini dell’École Urbaine de Lyon. Le sue ricerche riguardano i rapporti fra scienze umane e sociali e pratiche audiovisive. Dal 2018 si occupa di immaginari, estetiche e esperienze dell’antropocene con un’attenzione particolare al tema delle catastrofi ambientali e industriali. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative e nel 2021 ha pubblicato presso Armillaria il saggio L’accendino dell’Antropocene. Brevissima storia del disastro industriale. Toxicily è la sua prima esperienza cinematografica.
Nella costa orientale della Sicilia, tra uliveti e agrumeti, litorali con acque trasparenti e siti archeologici, sorge uno dei più grandi poli petrolchimici d’Europa che dal 1949 avvelena l’ambiente e le persone: quale coesistenza può esserci tra le promesse del mondo industrializzato in cui siamo tutti immersi e la salute di noi umani? In questo territorio, tra Augusta, Priolo, Gargallo e Melilli, fino alle porte di Siracusa, si concentrano quantità elevatissime di sostanze chimiche tossiche che hanno contaminato il suolo, l’aria, l’acqua e compromettono la salute degli abitanti.
Realizzato dal regista francese Francois Xavier Destors e dal geografo palermitano Alfonso Pinto, il film è prodotto da Elda Productions (Francia) e da Ginko Film (Italia), con il sostegno di Eurimages, del fondo Francia Italia CNC MIC, Sicilia Film Commission, Rai Cinema e il patrocinio di Legambiente. Selezionato al Fipadoc di Biarritz, menzione speciale al Festival dei Popoli di Firenze, dopo le prime date in Sicilia il film arriva anche in Puglia.
Afferma Ginko Film: “La nostra linea editoriale riguarda la produzione di documentari che affrontino questioni globali, tra cui anche il rapporto dell'uomo con l'ambiente. Toxicily di è un film sui limiti dell'Antropocene e sui costi del progresso che racconta un territorio devastato dall'impatto ambientale a causa della presenza di un polo petrolchimico sulla costa siciliana. Stiamo portando il film in sala in alcune città italiane con il patrocinio di Legambiente”. Secondo Ginko Film per Taranto si tratta di “una tappa importante in un luogo che sta vivendo le simili conseguenze drammatiche dell’area industriale dell’Ilva e che stimolerà una riflessione profonda su questioni ambientali e socioeconomiche”.
In Toxicily, a settant’anni dall’arrivo delle prime raffinerie, i due autori esplorano i temi del sacrificio ambientale e sanitario, restituendo la pluralità dei punti di vista degli stessi abitanti: se questa impresa industriale ha permesso di superare le miserie di un’economia agricola precaria, trasformando pescatori, contadini e pastori in operai, ha creato però un’emergenza sia sanitaria, con aumento di malattie e malformazioni, sia ambientale, con l’inquinamento. Di fronte a questo scempio, la maggior parte dei cittadini sembra essere rassegnata, ancora stretta in un ricatto occupazionale. «Meglio morire di cancro che di fame» è una delle frasi che ritorna spesso nel film. Altri invece resistono e lottano affinché questa ingiustizia non sia più taciuta e sia finalmente riconosciuta dalle istituzioni.
Come Don Palmiro, sacerdote, che oggi paga il prezzo del suo impegno per la salute dei suoi concittadini, Lina e sua figlia Chiara che dall’età di 7 anni lotta contro una rara malformazione congenita, Andrea che ha tentato durante la sua vita di operaio di limitare, nel suo piccolo, i danni dell’industria su ambiente e salute. E ancora Nino che malgrado la sua cecità condivide i ricordi di un mondo perduto e Giusi che dopo la perdita di suo padre a causa di una malattia professionale, si batte contro tutto e contro tutti in nome della giustizia ambientale. Attraverso la complessità dei rapporti fra abitanti, territorio e industrializzazione, emergono gli interrogativi, i dubbi e i limiti del mondo che verrà .
Note di regia
Il destino tragico del territorio di Augusta-Priolo-Melilli-Siracusa che ospita uno dei più grandi centri di produzione petrolchimica d’Europa rimane ancora in larga parte sconosciuto al grande pubblico. Eppure, da quelle parti le cose si sanno, si sentono, si vedono. L’inquinamento è ovunque. Scorre dai rubinetti, rende l’aria irrespirabile, contamina i suoli. Il cancro e le malformazioni abbondano ben oltre le medie. Eppure, tanti continuano ad andare in fabbrica.
In questo contesto dove talvolta si preferisce «morire di cancro che di fame» il film rivela una Sicilia invisibile, inedita, fatta di contrasti e paradossi. Esso si insinua nel cuore di un silenzio pesante al fine di liberare la voce di quelle e di quelli che cercano di aprire gli occhi davanti a tutto questo, davanti al sacrificio di un intero territorio e dei suoi abitanti destinati a una distruzione latente. Ostinandosi a vivere lì, questi uomini e queste donne hanno in un certo modo determinato il loro destino.
Ma è ancora possibile un futuro in un momento in cui le fabbriche sono ormai vetuste e talvolta in rovina, in cui i costi delle bonifiche sono troppo elevati, e in cui le malattie e le malformazioni aumentano ancora e ancora? Che altro fare se non rassegnarsi ad accettare la realtà di un ecocidio in corso di cui si fa fatica a misurarne le conseguenze sull’aria che si respira, sull’acqua che si beve o sulla terra che si coltiva.
Questa zona ci offre forse la prova ultima delle illusioni spezzate del liberalismo del dopoguerra, di quell’ideale globalizzato ormai agli sgoccioli, dell’assenza di giustizia, della scienza e della politica in materia ambientale e, in ultimo, di quella coesistenza tossica fra uomo e fabbrica. Lo scopo di questo film è quello, dunque, di fornire il ritratto di un territorio sacrificato che in un certo senso sintetizza le problematiche di tanti altri. Attraverso la complessità dei rapporti fra abitanti, territorio e industrializzazione, emergono gli interrogativi, i dubbi e i limiti del mondo che verrà .
Gli autori
François-Xavier Destors è un regista i cui film si concentrano sul lato nascosto dei crimini di massa. È autore di numerosi documentari storici e film per la televisione che esplorano territori e collettività sacrificate. Il suo primo lungometraggio documentario, Rwanda, la surface de réparation (86’, 2014) racconta la storia del genocidio attraverso il ruolo sociale, politico e culturale dello sport in Ruanda. Norilsk, l’étreinte de glace (2018) è un’esplorazione cinematografica della nostra capacità di adattarci e sopravvivere alla storia collettiva delle nostre società industriali. François-Xavier Destors continua la sua esplorazione cinematografica dei territori sacrificati realizzando Toxicily (2023) su uno dei più grandi ecocidi alle porte dell’Europa.
Alfonso Pinto è ricercatore in geografia e culture visuali presso l’Università di Poitiers. Dal 2018 al 2022 ha diretto il Polo Immagini dell’École Urbaine de Lyon. Le sue ricerche riguardano i rapporti fra scienze umane e sociali e pratiche audiovisive. Dal 2018 si occupa di immaginari, estetiche e esperienze dell’antropocene con un’attenzione particolare al tema delle catastrofi ambientali e industriali. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative e nel 2021 ha pubblicato presso Armillaria il saggio L’accendino dell’Antropocene. Brevissima storia del disastro industriale. Toxicily è la sua prima esperienza cinematografica.