Quell’operaio comunista 'scomunicato' dal Papa

FRANCESCO GRECO - A quel tempo, in Russia i comunisti “mangiavano bambini”. Non si sa se con le patate, il primo maggio, per fare festa. In America erano più raffinati, scenografici: i comunisti li mettevano all’indice, nelle liste di proscrizione, all’ingrosso, tipico della cultura USA.

L’idea fu del senatore repubblicano (del Wisconsin) Joseph McCarthy (1908-1957). Era il secondo dopoguerra e gli americani vedevano comunisti ovunque. Anche al cinema. Infatti ci finì Charlie Chaplin: aveva girato “Il grande dittatore” e “Tempi moderni”. Prove inconfutabili del comunismo di Charlot. In Italia, eredi di Machiavelli, superammo USA e URSS: i comunisti furono “scomunicati” in blocco. L’idea venne a Sua Santità Giovanni XXIII (1881-1963, Pontefice dal 1958 al 1963), il “Papa buono” (e meno male!). Cose dell’altro secolo. 

Subito dopo la guerra, a Montesardo (Lecce), paese aggrappato con le unghie e con i denti alle ultime, aspre serre del Salento che poi vanno a bagnarsi nell’Adriatico. C’era un gruppo di cavatufi che lavoravano alle cave di tufo dette “Matine”, nella vicina Alessano. Prima gli “zoccaturi” avevano lavorato a Macurano, agli “Spisciani” (fra Ruggiano e Presicce). Le macchine appena arrivate facilitavano un lavoro durissimo.

Tutti comunisti “spietati”, come si diceva all’epoca e grandi amici fra di loro: condividevano tutto, anche la passione politica. Qualcuno è ancora vivo.

Il giorno al lavoro sotto il sole cocente, la sera all’osteria per un bicchiere di vino. La domenica con vespe e lambrette sulla litoranea adriatica (o delle Terme) a mangiare cozze tarantine e bere vino nero.

Insomma, una bella compagnia. Non c’era all’epoca la sezione del Pci. Per cui, non si sa chi scelse Domenico “Mimmi” Lecci detto il “Morcianese” (proveniva da Morciano di Leuca), si era sposato con Annunziata, abitava in una casa all’ombra della chiesa del paese, aveva avuto 8 figli (quattro maschi e quattro femmine) e mandava avanti la famiglia lavorando alle cave di tufo.

Insomma, un giorno arriva la notizia: il compagno “Mimmi” è stato “scomunicato”. I passaggi burocratici prevedevano che dopo il Pontefice la news passasse ai Vescovi e infine ai sacerdoti. Quello del posto, don Giovanni, cominciò ad apostrofarlo come “demonio”. Non si sa bene perché solo lui e non anche gli altri comunisti “spietati” del paese. Qualcuno lo avrà “segnalato”? “E’ tutto vero – ricorda oggi la famiglia Lecci – gli tolsero la cotta della Confraternita del Cuore di Gesù a cui papà apparteneva. Solo che alle processioni lui andava lo stesso, vestito normalmente, ma ci andava…”.

Il paese comunque visse la “scomunica” come un affronto nella sua anima contadina più profonda. Lunghe discussioni nelle case, i luoghi di lavoro, le osterie, i negozi, i frantoi, i palmenti, i magazzini del tabacco.

Durò qualche anno, poi “Mimmi” il comunista fu riammesso in chiesa e poté vestire di nuovo la “divisa” di “fratello” della Confraternita. Fino alla morte. I tempi intanto erano cambiati: ricevette l’estrema unzione. Ironia della sorte: dallo stesso prete che lo chiamava “diavolo”.