FRANCESCO GRECO. ROMA – Giò Stajano torna a grande
richiesta. Dopo le due emozionanti serate
del dicembre scorso alla “Cappella Orsini”, salutate da altrettante, commosse standing-
ovation, stavolta “Polvere di Giò” andrà in scena il 10 maggio al Teatro Flavio
(quartiere San Giovanni), sipario ore 20.30
(col sostegno di alcune associazioni, fra cui il
Rotaract Distretto 2080).
La compagnia è stata rinnovata, molte le facce nuove. Il testo invece è immutato e porta la firma della nipote Francesca Stajano Sasson, che cura anche la regia. E propone la sfaccettata parabola dell’omosessuale che fece outing sulla sua identità quando il clima culturale e politico era estremamente chiuso e bigotto.
Partendo dalla provincia meridionale (il sud della Puglia), alla Roma del dopoguerra, la sua effervescenza, la creatività, nell’Italia che vuole lasciarsi la guerra alle spalle per rimodulare il proprio futuro entrando nella modernità.
Il conflitto con la famiglia aristocratica, l’intelligenza della madre, Fanny Starace, che capisce e non vuole soffocare il primo dei sei figli del conte Riccardo, agrario, nipote del gerarca Achille Starace segretario del PNF.
Il mondo borderline della Roma ruggente, quella di Cinecittà in riva al Tevere, le feste trasgressive, il jazz sincopato come colonna sonora. Sino alla fine della vita in un convento piemontese con gli abiti della suora laica, da “convertita”. Gioacchino “Giò” Stajano (Sannicola, 1931 – Alezio 2011) allora si trasfigura, diventa un’icona di libertà, di autenticità, di coraggio contro ogni apparenza, ipocrisia, perbenismo. Non per niente Federico Fellini lo intuisce e la vuole nella sua “Dolce Vita” e, si dice, gli ispira il personaggio della contessa.
“Era dal 2011 – osserva Francesca - che desideravo fare qualcosa su mia zia, un ricordo, un omaggio, qualcosa che rendesse giustizia alla sua incredibile vita che io vedo attraverso gli occhi dello sconfinato amore che provo da sempre per lei. Doveva essere un libro o un film: alla fine ne ecco lo spettacolo teatrale. Se mi chiede chi è stato – aggiunge l’attrice - la mia risposta è, forse: chi non è stato? Zia è stata tutto quello che un essere umano può immaginare di essere su questa terra.
Nascere uomo, poi diventare donna e infine suora laica non è un percorso comune: credo sia unico e in questo c’è la sua grandezza, quella che le ha impedito di sostare a lungo in una zona di confort e le ha permesso di scavare a fondo dentro di sé tracciando un solco che ancora oggi molti seguono e ammirano...".
Nuovo cast si diceva all’inizio: Sebastian Gimelli Morosini, consulenza di Willy Vaira, con Giuseppe Amelio, Roberto Bobbi, Antonio Corazza, Isabella Deiana, Nino Mallia. Nell’occasione ci sarà la premiazione del concorso “Follow your Rainbow”.
La compagnia è stata rinnovata, molte le facce nuove. Il testo invece è immutato e porta la firma della nipote Francesca Stajano Sasson, che cura anche la regia. E propone la sfaccettata parabola dell’omosessuale che fece outing sulla sua identità quando il clima culturale e politico era estremamente chiuso e bigotto.
Partendo dalla provincia meridionale (il sud della Puglia), alla Roma del dopoguerra, la sua effervescenza, la creatività, nell’Italia che vuole lasciarsi la guerra alle spalle per rimodulare il proprio futuro entrando nella modernità.
Il conflitto con la famiglia aristocratica, l’intelligenza della madre, Fanny Starace, che capisce e non vuole soffocare il primo dei sei figli del conte Riccardo, agrario, nipote del gerarca Achille Starace segretario del PNF.
Il mondo borderline della Roma ruggente, quella di Cinecittà in riva al Tevere, le feste trasgressive, il jazz sincopato come colonna sonora. Sino alla fine della vita in un convento piemontese con gli abiti della suora laica, da “convertita”. Gioacchino “Giò” Stajano (Sannicola, 1931 – Alezio 2011) allora si trasfigura, diventa un’icona di libertà, di autenticità, di coraggio contro ogni apparenza, ipocrisia, perbenismo. Non per niente Federico Fellini lo intuisce e la vuole nella sua “Dolce Vita” e, si dice, gli ispira il personaggio della contessa.
“Era dal 2011 – osserva Francesca - che desideravo fare qualcosa su mia zia, un ricordo, un omaggio, qualcosa che rendesse giustizia alla sua incredibile vita che io vedo attraverso gli occhi dello sconfinato amore che provo da sempre per lei. Doveva essere un libro o un film: alla fine ne ecco lo spettacolo teatrale. Se mi chiede chi è stato – aggiunge l’attrice - la mia risposta è, forse: chi non è stato? Zia è stata tutto quello che un essere umano può immaginare di essere su questa terra.
Nascere uomo, poi diventare donna e infine suora laica non è un percorso comune: credo sia unico e in questo c’è la sua grandezza, quella che le ha impedito di sostare a lungo in una zona di confort e le ha permesso di scavare a fondo dentro di sé tracciando un solco che ancora oggi molti seguono e ammirano...".
Nuovo cast si diceva all’inizio: Sebastian Gimelli Morosini, consulenza di Willy Vaira, con Giuseppe Amelio, Roberto Bobbi, Antonio Corazza, Isabella Deiana, Nino Mallia. Nell’occasione ci sarà la premiazione del concorso “Follow your Rainbow”.