FRANCESCO GRECO. ROMA – Scusa Ameri... Milan in vantaggio, gol
di testa di Pierino Prati su cross di Rivera... A te
Ciotti! 89mo minuto, calcio di rigore per la
Roma... Lo Bello inflessibile... Sul dischetto c’è
De Sisti...
Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, Mazzola... Erano gli autografi di tutti i giocatori sui quadratini bianchi del pallone di Italia Germania 4-3: la partita di tutti i tempi, la favola, il mito. Alla radio Enrico Ameri. Gli avevano regalato quel pallone icona immortale.
Ero a casa sua a Monteverde (via dei Giornalisti!) e me lo stava mostrando, lo teneva con delicatezza, come una reliquia sacra. Vent’anni sono passati dalla morte di Enrico Ameri (2004), il “principe” dei radiocronisti dell’altro secolo e ci manca la sua voce calda, la sua umanità, la grande professionalità, l’imparzialità: anche se era toscano (Lucca, 1926) tifava il vecchio Genoa, ma mai lo fece trasparire nelle radiocronache di mezzo secolo.
Nel suo soggiorno luminoso, in una radiosa mattinata di primavera, mi regalò i ricordi di una carriera strepitosa, gli esordi difficili, le partite più belle, l’aria che si respirava alla Rai. Avuto il numero, avevo telefonato e mi aveva dato appuntamento subito. Oggi tutti fanno preziosi e meno valgono più se la tirano. La gente pensava a una rivalità con Sandro Ciotti: non glielo chiesi perché non su irritasse ma io stesso non ci credevo: erano grandi amici.
A un certo punto fece capolino una bellissima ragazza bionda, era la figlia Elisabetta. Con dolcezza la invitò a tornare in camera sua perché era occupato.
Lei obbedì e richiuse la porta con discrezione. Ogni volta che capito a Monteverde mi ricordo del radiocronista gentiluomo che mi fece rivivere la mitica partita Italia-Germania 4-3, facendomi entrare nella leggenda, nell’epopea, nel mito, la Storia del pianeta Eupalla, direbbe Gianni Brera.
Tutto il calcio minuto per minuto... Dallo studio centrale Roberto Bortoluzzi... Gentili ascoltatori buon pomeriggio... Scusa Ameri... A te Luzzi!
Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, Mazzola... Erano gli autografi di tutti i giocatori sui quadratini bianchi del pallone di Italia Germania 4-3: la partita di tutti i tempi, la favola, il mito. Alla radio Enrico Ameri. Gli avevano regalato quel pallone icona immortale.
Ero a casa sua a Monteverde (via dei Giornalisti!) e me lo stava mostrando, lo teneva con delicatezza, come una reliquia sacra. Vent’anni sono passati dalla morte di Enrico Ameri (2004), il “principe” dei radiocronisti dell’altro secolo e ci manca la sua voce calda, la sua umanità, la grande professionalità, l’imparzialità: anche se era toscano (Lucca, 1926) tifava il vecchio Genoa, ma mai lo fece trasparire nelle radiocronache di mezzo secolo.
Nel suo soggiorno luminoso, in una radiosa mattinata di primavera, mi regalò i ricordi di una carriera strepitosa, gli esordi difficili, le partite più belle, l’aria che si respirava alla Rai. Avuto il numero, avevo telefonato e mi aveva dato appuntamento subito. Oggi tutti fanno preziosi e meno valgono più se la tirano. La gente pensava a una rivalità con Sandro Ciotti: non glielo chiesi perché non su irritasse ma io stesso non ci credevo: erano grandi amici.
A un certo punto fece capolino una bellissima ragazza bionda, era la figlia Elisabetta. Con dolcezza la invitò a tornare in camera sua perché era occupato.
Lei obbedì e richiuse la porta con discrezione. Ogni volta che capito a Monteverde mi ricordo del radiocronista gentiluomo che mi fece rivivere la mitica partita Italia-Germania 4-3, facendomi entrare nella leggenda, nell’epopea, nel mito, la Storia del pianeta Eupalla, direbbe Gianni Brera.
Tutto il calcio minuto per minuto... Dallo studio centrale Roberto Bortoluzzi... Gentili ascoltatori buon pomeriggio... Scusa Ameri... A te Luzzi!