BARI - Adesso, dopo questa sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non si può continuare a far finta di nulla… il Governo deve prendere una decisione importante.
Dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea infatti arriva la Sentenza della Corte nella causa C-626/22 | Ilva e a. del 25 giugno 2024 che non può più lasciare nessuno inermi. Lo ha detto Cosimo Borraccino Consigliere del Presidente della Regione Puglia per l’attuazione del Piano Taranto.
Cosa dice in sintesi la sentenza? “Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria Ilva di Taranto, dovrà essere sospeso, spetta al Tribunale di Milano valutarlo”. Questo il sunto della sentenza che non si può non definire storica per Taranto e per i suoi cittadini. Va premesso che già nel 2019 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. La Sentenza odierna - spiega Borraccino - specifica che varie misure per la riduzione del suo impatto sono state previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti. Molti cittadini residenti nelle zone limitrofe alla fabbrica hanno adito il tribunale di Milano a riguardo. Il Tribunale di Milano si è chiesto se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria Ilva, al fine di garantirne la continuità , siano in contrasto con la direttiva. Esso ha quindi adito la Corte al riguardo. Va premesso che il concetto di «inquinamento» ai sensi della direttiva europea delle emissioni industriali include i danni all’ambiente e alla salute umana. La valutazione dell’impatto dell’attività dell’acciaieria Ilva deve costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti dalla direttiva stessa. Nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale. Sino a giungere, nella sentenza ad affermare che in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso. Andando un po’ nello specifico della sentenza la Corte di Giustizia Europea ha sottolineato anzitutto lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto dell’Unione, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; che la direttiva contribuisce al conseguimento di tali obiettivi e alla salvaguardia del diritto di vivere in un ambiente atto a garantire la salute e il benessere. Mentre, secondo il Governo italiano, la direttiva non fa alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, la Corte rileva che la nozione di «inquinamento» ai sensi di tale direttiva include i danni tanto all’ambiente quanto alla salute umana. Secondo il Tribunale di Milano, tale presupposto non è stato rispettato per quanto riguarda il danno sanitario. Il gestore, oggi quindi il Governo, deve valutare tali impatti durante tutto il periodo di esercizio della sua installazione. Inoltre, sempre secondo il Tribunale di Milano, le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale e di riesaminarla senza considerare talune sostanze inquinanti o i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante. La Corte inoltre afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal Governo italiano, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre invece tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile. Ed ecco il passaggio cruciale della sentenza: in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione “deve essere sospeso”. Va comunque doverosamente specificato un elemento IMPORTANTE: la Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale, in tal caso il Tribunale di Milano, risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tuttavia - conclude Borraccino - il Governo nazionale non può far finta di nulla rispetto a questa sentenza per le ricadute sui cittadini di Taranto.
Cosa dice in sintesi la sentenza? “Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria Ilva di Taranto, dovrà essere sospeso, spetta al Tribunale di Milano valutarlo”. Questo il sunto della sentenza che non si può non definire storica per Taranto e per i suoi cittadini. Va premesso che già nel 2019 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. La Sentenza odierna - spiega Borraccino - specifica che varie misure per la riduzione del suo impatto sono state previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti. Molti cittadini residenti nelle zone limitrofe alla fabbrica hanno adito il tribunale di Milano a riguardo. Il Tribunale di Milano si è chiesto se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria Ilva, al fine di garantirne la continuità , siano in contrasto con la direttiva. Esso ha quindi adito la Corte al riguardo. Va premesso che il concetto di «inquinamento» ai sensi della direttiva europea delle emissioni industriali include i danni all’ambiente e alla salute umana. La valutazione dell’impatto dell’attività dell’acciaieria Ilva deve costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti dalla direttiva stessa. Nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale. Sino a giungere, nella sentenza ad affermare che in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso. Andando un po’ nello specifico della sentenza la Corte di Giustizia Europea ha sottolineato anzitutto lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto dell’Unione, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; che la direttiva contribuisce al conseguimento di tali obiettivi e alla salvaguardia del diritto di vivere in un ambiente atto a garantire la salute e il benessere. Mentre, secondo il Governo italiano, la direttiva non fa alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, la Corte rileva che la nozione di «inquinamento» ai sensi di tale direttiva include i danni tanto all’ambiente quanto alla salute umana. Secondo il Tribunale di Milano, tale presupposto non è stato rispettato per quanto riguarda il danno sanitario. Il gestore, oggi quindi il Governo, deve valutare tali impatti durante tutto il periodo di esercizio della sua installazione. Inoltre, sempre secondo il Tribunale di Milano, le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale e di riesaminarla senza considerare talune sostanze inquinanti o i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante. La Corte inoltre afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal Governo italiano, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre invece tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile. Ed ecco il passaggio cruciale della sentenza: in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione “deve essere sospeso”. Va comunque doverosamente specificato un elemento IMPORTANTE: la Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale, in tal caso il Tribunale di Milano, risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tuttavia - conclude Borraccino - il Governo nazionale non può far finta di nulla rispetto a questa sentenza per le ricadute sui cittadini di Taranto.