Intervista a Frate Marco Asselle: 'L’importanza di avere uno scopo nella vita…e nel lavoro'

PERUGIA - Nella meravigliosa cornice dell’Hotel Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli, in provincia di Perugia, abbiamo avuto il piacere di intervistare frate Marco Asselle, ideatore del Progetto  Sorella Economia, il percorso di formazione per manager, amministratori e imprenditori interessati alla #leadership in chiave #francescana.

Marco Asselle è nato a Torino nel maggio del 1970. Dopo la laurea in Economia e commercio presso l’Università degli studi di Torino e dopo aver lavorato per alcuni anni è entrato nei Frati Minori della Provincia dell’Umbria-Sardegna. Qui, dopo aver conseguito la laurea in Teologia ha proseguito gli studi in Scienze sociali presso l’Università Pontificia San Tommaso d’Aquino – Angelicum a Roma conseguendo il dottorato. Nel 2022 ha conseguito il diploma da coach e attualmente frequenta un corso per diplomarsi in Team – coaching.

È stato  vice economo e responsabile delle attività commerciali dei Frati Minori della Provincia Umbria-Sardegna e attualmente si occupa di formazione e consulenza su temi legati alla leadership, al lavoro e all’economia con un’attenzione alla sostenibilità e ad una governance etica. Ha pubblicato Messaggeri di perfetta letizia (2019), Sorella economia con A. Piccaluga (2020) e Tutti in paradiso! (2024)

Frate Marco, ci racconti dei progetti di «Sorella economia» e di «Leadership francescana» in cosa consistono.

Il progetto di Sorella economia e di Leadership francescana sono nati dal desiderio di aiutare i laici a vivere la fede e la spiritualità nel mondo dell’economia, del lavoro e della cittadinanza attiva. Nell’incontrare e ascoltare numerose persone ho percepito la difficoltà a testimoniare nell’attività lavorativa, che coinvolge buona parte della giornata e della vita, il loro essere cristiani. Non vedono la ricchezza che può offrire la fede nel dare senso e profondità alla propria vita, sia personale che professionale. Spesso ci si concentra sulle competenze da acquisire, sul “come” svolgere una determinata mansione, attraverso corsi di formazione di ogni tipo, ma si perde di vista il “perché” (e il “per chi”) svolgiamo quel determinato lavoro. E questo ci depotenzia, non ci permette di tirare fuori il meglio di noi. L’essere umano è prima di tutto un “cercatore di senso”. Come ebbe a dire il famoso filosofo Friedrich Nietzsche: «Quando si ha un perché sufficientemente forte, si trova qualsiasi come». La fede e la spiritualità francescana sono in grado di offrire questo sguardo.

Gli imprenditori più illuminati hanno capito che, se vogliono che le loro aziende continuino a prosperare, devono dare una vision e una mission alla loro attività e coinvolgere i loro collaboratori. Se vogliono avere personale qualificato non basta offrire loro solo “motivazioni hard” come un adeguato stipendio, ma devono dare anche le cosiddette “motivazioni soft”: renderli partecipi degli obiettivi che l’azienda si propone di raggiungere, e che vadano al di là del mero, se pur necessario, profitto. 

Così da alcuni anni ho deciso di tenere dei brevi corsi sulla leadership “francescana” e, in quelli di Sorella economia, affrontare argomenti legati agli ESG. Il tutto coadiuvato da una équipe di laici francescani e da religiose, che hanno una formazione sul piano sia economico-aziendalistico, che psicologico e di coaching. 

Questi corsi vengono tenuti alla Domus Pacis, solitamente durano dai due ai tre giorni e prevedono momenti di ascolto, di visita ad alcune aziende per incontrare imprenditori che portano avanti delle best practices, e di condivisione in forma laboratoriale da parte dei partecipanti. Per questo motivo il numero di iscritti per ogni corso è contenuto ad un massimo di cinquanta persone. Il fatto poi che si tengano ad Assisi permette di sentirsi immersi nella spiritualità francescana. 

A questi corsi partecipano persone provenienti da tutta Italia e dall’estero, di ogni età con formazione accademica e tipologia di lavoro molto variegata, anche se preferibilmente vengono persone che lavorano in ambito aziendale. 

Ha ricevuto anche delle critiche? 

Solitamente no! Diciamo che talvolta ci può essere una sorta di diffidenza nel venire ad ascoltare un religioso che parla di questioni economiche e lavorative, perché si pensa che sia poco esperto in materia e che dia un taglio troppo spirituale e disincarnato. Questo può succedere, ed è successo, quando vengo invitato nelle aziende per parlare di questi temi. È vero che gli occhiali con cui leggo le dinamiche lavorative sono quelli dei valori cristiani e francescani, ma ciò non significa che non diano criteri di valutazione e azione per le scelte concrete della vita.


Torniamo un po' indietro nel passato, quando ha iniziato il percorso vocazionale?

Sono stato molto lontano dalla fede e dalla Chiesa fino all’età di ventisei anni. Durante delle ferie da lavoro mia sorella mi suggerì di andare a frequentare un corso per i giovani tenuto dai frati di Assisi. Cosa che aveva fatto anche lei e ne aveva trovato grande giovamento. Con molte perplessità ci andai e fu l’occasione di fare un incontro significativo con Dio. Questo mi diede un nuovo modo di leggere la mia vita, di darle un senso e un orientamento più profondo. Affascinato da questa scoperta, e guidato da un frate sapiente, decisi di lasciare il lavoro e la fidanzata e di entrare in convento. Oramai metà della mia vita l’ho passata tra i frati. 

Che ruolo ha avuto la Chiesa nella crescita e nell'evoluzione della cultura italiana recente?

Per quel che posso vedere essa ha un ruolo importante, ma non sempre riesce ad esercitarlo al meglio, anche per mancanza di opportunità. Oggi viviamo in una cultura post-cristiana con sfide culturali molto importanti. La Chiesa, in dialogo con le altre realtà civili, si sente chiamata a dare il proprio contributo per una riflessione che sia rispettosa di ogni uomo e donna. 

Cosa pensa dell’epoca che stiamo vivendo e della nuova generazione?

Come ebbe a dire qualche anno fa Papa Francesco: «Non stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca». Questa situazione può portare, da una parte, ad un senso di disorientamento perché si capisce che le soluzioni di ieri non vanno bene per i problemi di oggi; dall’altra c’è la voglia di mettersi in gioco nel trovare nuovi modi di vivere per questo tempo. La mia generazione rischia di essere più incline allo sconforto per la mancanza di categorie utili a capire il mondo attuale, mentre i giovani li trovo più propensi a trovare nuove soluzioni. Sono molto sensibili ai valori legati alla cura dell’ambiente e al rispetto delle diversità. Non è una sfida facile per loro che talvolta si sentono insicuri e fragili di fronte ad un mondo esigente e competitivo, che sembra dare spazio solo alle persone più performanti. Per questo motivo sono alla ricerca di una spiritualità che aiuti loro a dare un senso e una speranza al loro vivere…o per usare le parole che il giovane san Francesco fece davanti al crocifisso di san Damiano: Dammi una speranza certa! 

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