SAN PIETRO VERNOTICO – Quattro persone sono state arrestate dai carabinieri, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Lecce, a San Pietro Vernotico, nel Brindisino. Le accuse, contestate a vario titolo, includono associazione mafiosa con l’aggravante della disponibilità di armi, tentata estorsione, porto e detenzione di armi da fuoco, lesioni personali, e danneggiamenti con esplosivi o a seguito di incendio.
L'operazione e le accuse
Secondo quanto emerso dalle indagini, il presunto sodalizio criminale sarebbe stato promosso da un affiliato alla Sacra Corona Unita (SCU), una delle principali organizzazioni mafiose pugliesi. Nonostante fosse già incarcerato, l'indagato avrebbe continuato a esercitare il proprio potere, impartendo ordini all’organizzazione riguardanti attività illecite, controllo del territorio, gestione della cassa comune e supporto economico ai membri del gruppo e alle loro famiglie.
Gli atti intimidatori
Le autorità sostengono che il detenuto avrebbe incaricato gli indagati di compiere una serie di atti intimidatori e danneggiamenti, mirati soprattutto contro imprenditori locali e la sua ex moglie. Quest'ultima sarebbe stata presa di mira poiché l'uomo credeva che avesse iniziato una nuova relazione sentimentale. Le operazioni intimidatorie includevano l'uso di esplosivi e incendi dolosi per seminare il terrore e affermare il controllo del territorio.
Le prove e le indagini
Le prove raccolte dai carabinieri includono intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre a testimonianze dirette che hanno contribuito a delineare il quadro accusatorio. L’indagine ha evidenziato come il potere dell’indagato si estendesse oltre le mura del carcere, dimostrando la capacità di influenzare e dirigere le operazioni criminali all'esterno.
L'operazione e le accuse
Secondo quanto emerso dalle indagini, il presunto sodalizio criminale sarebbe stato promosso da un affiliato alla Sacra Corona Unita (SCU), una delle principali organizzazioni mafiose pugliesi. Nonostante fosse già incarcerato, l'indagato avrebbe continuato a esercitare il proprio potere, impartendo ordini all’organizzazione riguardanti attività illecite, controllo del territorio, gestione della cassa comune e supporto economico ai membri del gruppo e alle loro famiglie.
Gli atti intimidatori
Le autorità sostengono che il detenuto avrebbe incaricato gli indagati di compiere una serie di atti intimidatori e danneggiamenti, mirati soprattutto contro imprenditori locali e la sua ex moglie. Quest'ultima sarebbe stata presa di mira poiché l'uomo credeva che avesse iniziato una nuova relazione sentimentale. Le operazioni intimidatorie includevano l'uso di esplosivi e incendi dolosi per seminare il terrore e affermare il controllo del territorio.
Le prove e le indagini
Le prove raccolte dai carabinieri includono intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre a testimonianze dirette che hanno contribuito a delineare il quadro accusatorio. L’indagine ha evidenziato come il potere dell’indagato si estendesse oltre le mura del carcere, dimostrando la capacità di influenzare e dirigere le operazioni criminali all'esterno.