Turismo in Salento, l'incanto è finito?


FRANCESCO GRECO
- “Spiagge vuote!”, David da Leuca. Da Gallipoli Paola manda foto di arenili vuoti alle 10 del mattino. “Nessun pienone come negli altri anni, molte case sono sfitte...” (Davide da Pescoluse).

Ma a leggere i giornali locali c’è il sold out. Non sanno che anni fa, un’inchiesta del “Quotidien du tourism” (in Francia hanno un quotidiano che parla solo di turismo), appurò che come offerta di strutture ricettive eravamo sottodimensionati 1 a 10. Detta meglio: abbiamo un albergo e ce ne vorrebbero altri 9.

E’ l’effetto G7 masseria di Bruno Vespa, ma al contrario. Nonostante i suddetti giornali prevedevano un effetto “trascinamento” , ma era tutta enfasi: in quei giorni di giugno già a Brindisi non gliene poteva fregar di meno dei “grandi”.

Ave Cesare, morituri te salutant! Il turismo mica lo fanno i nuovi ricchi che comprano e ci si chiudono dentro. Violentando l’etimo del termine. Perché le masserie furono luoghi di lavoro operoso nell’altro secolo, intere famiglie andavano a lavorare impegnate in tante coltivazioni. E ora riecheggiano di noia, come direbbe Bukowski “chiacchiere brillanti e fregnacciose”.

Turismo anno zero: l’incanto è finito? Bisogna rimodulare tutto. Scendere dal piedistallo di autoreferenzialità dove ci siamo arrampicati, sgonfiare l’ipertrofia dell’io, con i media a creare bolle di suggestione: basta selfie, occorre riposizionarsi nel mercato delle vacanze.

Di chi la colpa? Non siamo esperti del settore, però qualche causa possiamo azzardarla. I politici convinti che basta il sussidio, a pioggia, per fare turismo. E quando finisce? Servizi approssimativi, trasporti nulli (in Spagna ogni cittadina ha il suo aeroporto) e senza coordinamento. Marketing zero. La schizofrenia dei territori: i Briatore e i Colaninno non li hanno voluti. Temevano che facessero sfracelli. Ma da mezzo secolo gli indigeni cosa fanno con l’abusivismo selvaggio? E poi a controllare non ci sono le istituzioni?

Gli imprenditori: c’è molta professionalità, ma anche tanta improvvisazione e analfabetismo. Non fanno mai formazione. A Roma anche il ragazzo magrebino che vende pagliette contro il sole cocente parla perfettamente l’inglese.

Tutto è andato avanti col massimo dello spontaneismo. Avete mai sentito dire una parola, ai sindacati, sul lavoro nero, sugli “stipendi” dei camerieri?

Non facciamo turismo d’élite. Non facciamo turismo popolare, siamo un gigante di carta, un ircocervo con i piedi d’argilla.

Sarebbe il caso di convocare, a fine stagione, gli stati generali, ma senza i politici: le loro giaculatorie vuote e inutili hanno stancato.