BARI - Un nuovo episodio di violenza si è verificato all'interno del carcere di Bari, dove un detenuto nigeriano di circa trent’anni, affetto da gravi problemi psichiatrici, ha aggredito senza alcun motivo un agente di polizia penitenziaria, fratturandogli il setto nasale mentre quest’ultimo stava aprendo la porta della sua cella. Questo evento inquietante si inserisce in un contesto già segnato da un precedente attacco avvenuto circa quattro mesi fa, sempre ad opera dello stesso detenuto.
Ciò che rende la situazione ancora più grave è il fatto che il detenuto in questione non dovrebbe trovarsi nel carcere di Bari. L’uomo, infatti, è un internato in attesa da mesi di essere trasferito in una REMS (Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza), struttura più adeguata alla gestione dei suoi disturbi psichiatrici. Tuttavia, a causa della mancanza di posti disponibili, il suo trasferimento è stato costantemente rinviato, lasciandolo in una struttura inadeguata per le sue condizioni.
La Direzione del carcere ha più volte sollecitato l’ASL, la Regione e le altre autorità competenti affinché si trovasse una soluzione rapida a questo problema. Tuttavia, le richieste sono rimaste inascoltate, contribuendo così a una situazione che il SAPPE (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria) definisce inaccettabile. Il sindacato denuncia che la responsabilità di queste aggressioni ricade su chi, per legge, avrebbe dovuto garantire una sistemazione appropriata al detenuto.
Il rischio di tragici epiloghi è tutt'altro che remoto. A inizio anno, un internato con problemi psichiatrici, anch’egli in attesa di essere trasferito in una REMS, si è suicidato nel carcere di Torino. La magistratura del capoluogo piemontese sta attualmente indagando per individuare eventuali responsabilità legate a questa vicenda, portando sotto i riflettori l’urgenza di affrontare il problema della gestione dei detenuti con disturbi mentali.
L'agente aggredito a Bari era appena arrivato in servizio nella struttura e, come "benvenuto", ha subito un’aggressione che gli ha causato una prognosi di venti giorni. A complicare ulteriormente la situazione, sembra che il detenuto sia stato "premiato" per la sua condotta con alcune ore di lavoro settimanale pagato e la possibilità di passeggiare all’aperto dalle 8 alle 17.
Il SAPPE esprime la propria indignazione per il trattamento riservato al detenuto, che invece di essere ricoverato sotto stretto controllo specialistico presso un centro clinico, è stato inserito nella seconda sezione del carcere insieme agli altri detenuti, con la sola prescrizione di colloqui psicologici tre volte alla settimana. Il sindacato ritiene intollerabile che i poliziotti penitenziari vengano esposti a tali rischi senza che vengano adottate le misure necessarie per tutelare la loro sicurezza.
Il SAPPE auspica un intervento immediato da parte della magistratura per sbloccare questa situazione pericolosa, che rischia di avere conseguenze drammatiche sia per la salute del detenuto, sia per la sicurezza degli agenti penitenziari. Nei prossimi giorni, il sindacato ribadirà con forza la necessità di un intervento politico sulla questione durante gli incontri previsti presso il carcere di Taranto e quello di Brindisi con il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro. L’obiettivo è quello di porre fine alla trasformazione delle carceri in veri e propri manicomi, dove i detenuti psichiatrici vengono abbandonati senza cure adeguate, con conseguenze disastrose per tutti gli operatori coinvolti.