TARANTO- Nella Casa Circondariale “Carmelo Magli” di Taranto è atteso per il prossimo 13 agosto il sottosegretario al Ministero della Giustizia on. Andrea Delmastro Delle Vedove, e così la CGIL di Taranto, insieme alla locale Funzione Pubblica non perde occasione per rimarcare il clima di emergenza in cui la struttura ormai vive da tempo.
I temi sono oggetto di una lettera aperta che il segretario generale della CGIL, Giovanni D’Arcangelo e quello della FP CGIL, Mimmo Sardelli, rivolgono proprio all’esponente parlamentare.
“La sua visita ci fa piacere – dicono - ma soprattutto, riteniamo che questa sia una propizia occasione per farle toccare con mano lo stato di emergenza totale della struttura e del modello organizzativo in atto”.
E sono gli spietati numeri a dare il senso dell’ordigno sociale, culturale e occupazionale pronto a deflagrare se non interverranno soluzioni concrete.
A fronte di una capienza regolamentare di 500 persone, il carcere di Taranto ne ospita 960. Quasi il doppio. Emergenziale anche la condizione di lavoro e vita degli agenti penitenziari. Pochi (170 sui circa 400 previsti per un carcere di primo livello) e costretti a muoversi in una struttura enorme, compreso il nuovo padiglione “Jonio” che dista dal padiglione centrale di quasi 200 metri.
Risulta evidente che il sovraffollamento dei detenuti e la condizione di lavoro degli agenti determina una condizione esplosiva che tradisce la vera mission delle strutture di detenzione.
“E questo tradimento è tutto dello Stato – sottolinea il segretario generale della CGIL di Taranto, Giovanni D’Arcangelo – perché in quella condizione è impossibile esercitare la funzione tipica di un carcere, cioè quella di rieducare le persone, riportarle alla coscienza del loro errore e finalmente reinserirle in una società pronti al cambiamento radicale delle loro vite”.
I detenuti e le detenute, per cui purtroppo come dimostra la denuncia di questi giorni dell’Associazione “Luca Coscioni”, è difficile anche assicurare il diritto alla salute fisica e psichica, vivono in celle con a disposizione meno di 3 mq, in totale contrasto con quanto sancito dall’art. 2 comma 2 del DM Ministero della Sanità del 5 luglio 1975. In questa condizione appare assai difficile pensare che venga rispettato anche l’art. 27 della Costituzione Italiana in merito agli obiettivi di recupero della pena detentiva.
C’è la missione fallita, ma c’è anche il tema dei lavoratori abbandonati a loro stessi.
“In quella polveriera, in cui i detenuti sono stipati l’uno sopra l’altro, sono sempre più frequenti le aggressioni al personale, vittime sacrificali di un sistema che non solo non rieduca ma punisce addirittura i lavoratori – dice Mimmo Sardelli, segretario della FP CGIL di Taranto – ed è come se in quel micro-cosmo tutti i diritti costituzionali fossero violati e rinnegati”.
“Abbiamo affrontato questi problemi all’interno di due incontri istituzionali con la Prefettura e il provveditorato di Puglia eBasilicata Ministero della Giustizia. Incontri nei quali abbiamo chiesto con forza la dotazione di personale e lo sfollamento del carcere. Ma ad oggi i problemi rimangono tutti lì, irrisolti – scrivono ancora nella lettera D’Arcangelo e Sardelli - Pertanto, alla luce di quanto sopra espresso, nel metterLe in evidenza le storture della Casa Circondariale del nostro territorio, Le chiediamo un intervento immediato, mediante le competenze ministeriali, almeno nella risoluzione dell’emergenza legata alla penuria di agenti penitenziari e al sovraffollamento delle detenute e dei detenuti.”
“Se questo non accadrà – terminano nella nota stampa – sarà mera passerella e quella mina non sarà disinnescata”.
I temi sono oggetto di una lettera aperta che il segretario generale della CGIL, Giovanni D’Arcangelo e quello della FP CGIL, Mimmo Sardelli, rivolgono proprio all’esponente parlamentare.
“La sua visita ci fa piacere – dicono - ma soprattutto, riteniamo che questa sia una propizia occasione per farle toccare con mano lo stato di emergenza totale della struttura e del modello organizzativo in atto”.
E sono gli spietati numeri a dare il senso dell’ordigno sociale, culturale e occupazionale pronto a deflagrare se non interverranno soluzioni concrete.
A fronte di una capienza regolamentare di 500 persone, il carcere di Taranto ne ospita 960. Quasi il doppio. Emergenziale anche la condizione di lavoro e vita degli agenti penitenziari. Pochi (170 sui circa 400 previsti per un carcere di primo livello) e costretti a muoversi in una struttura enorme, compreso il nuovo padiglione “Jonio” che dista dal padiglione centrale di quasi 200 metri.
Risulta evidente che il sovraffollamento dei detenuti e la condizione di lavoro degli agenti determina una condizione esplosiva che tradisce la vera mission delle strutture di detenzione.
“E questo tradimento è tutto dello Stato – sottolinea il segretario generale della CGIL di Taranto, Giovanni D’Arcangelo – perché in quella condizione è impossibile esercitare la funzione tipica di un carcere, cioè quella di rieducare le persone, riportarle alla coscienza del loro errore e finalmente reinserirle in una società pronti al cambiamento radicale delle loro vite”.
I detenuti e le detenute, per cui purtroppo come dimostra la denuncia di questi giorni dell’Associazione “Luca Coscioni”, è difficile anche assicurare il diritto alla salute fisica e psichica, vivono in celle con a disposizione meno di 3 mq, in totale contrasto con quanto sancito dall’art. 2 comma 2 del DM Ministero della Sanità del 5 luglio 1975. In questa condizione appare assai difficile pensare che venga rispettato anche l’art. 27 della Costituzione Italiana in merito agli obiettivi di recupero della pena detentiva.
C’è la missione fallita, ma c’è anche il tema dei lavoratori abbandonati a loro stessi.
“In quella polveriera, in cui i detenuti sono stipati l’uno sopra l’altro, sono sempre più frequenti le aggressioni al personale, vittime sacrificali di un sistema che non solo non rieduca ma punisce addirittura i lavoratori – dice Mimmo Sardelli, segretario della FP CGIL di Taranto – ed è come se in quel micro-cosmo tutti i diritti costituzionali fossero violati e rinnegati”.
“Abbiamo affrontato questi problemi all’interno di due incontri istituzionali con la Prefettura e il provveditorato di Puglia eBasilicata Ministero della Giustizia. Incontri nei quali abbiamo chiesto con forza la dotazione di personale e lo sfollamento del carcere. Ma ad oggi i problemi rimangono tutti lì, irrisolti – scrivono ancora nella lettera D’Arcangelo e Sardelli - Pertanto, alla luce di quanto sopra espresso, nel metterLe in evidenza le storture della Casa Circondariale del nostro territorio, Le chiediamo un intervento immediato, mediante le competenze ministeriali, almeno nella risoluzione dell’emergenza legata alla penuria di agenti penitenziari e al sovraffollamento delle detenute e dei detenuti.”
“Se questo non accadrà – terminano nella nota stampa – sarà mera passerella e quella mina non sarà disinnescata”.