Quando Livalca sfiorò Mimmo e il ‘Modugno torna a casa’ di Gianni Torres era ancora una … ‘meravigliosa lontananza’

LIVALCA - Penso fosse l’agosto del 1979 - mi ero sposato a giugno con Angela e avevamo fatto un viaggio di nozze brevissimo e pur bellissimo … per la statistica sono ancora sposato con la stessa donna e a settembre nascerà a Bari il quarto nipote (a Roma due maschi, a Bari due femmine) - e, su pressione di mia moglie, ero alla ricerca di alcuni giorni di vacanza, possibilmente in un luogo di mare. Mi rivolsi alla mia agenzia che mi confermò che i primi posti liberi erano a settembre, salvo rinunce sempre possibili … cosa che avvenne: vi erano cinque giorni disponibili in un buon albergo di Montecatini, luogo oggi, come ieri, poco adatto ad una coppia giovane.

Memore del fatto che Montecatini, in provincia di Pistoia, distava una trentina di minuti di macchina da Castiglione della Pescaia, rinomata località balneare, accettai e convinsi mia moglie che sarebbe stata una vacanza unica… sul tipo delle mie. Premesso che le Terme di Montecatini non le abbiamo mai visitate, la direzione dell’albergo ci donò due biglietti per uno spettacolo che andava in onda presso il teatro cittadino (forse perché nonostante fossimo in regime di pensione completa, onoravamo la tavola solo la sera essendo il giorno impegnati in località di mare). Niente sapevamo di questo spettacolo, tanto è vero - questi sono i miei ricordi - che scelsi un posto defilato alla sinistra del palcoscenico. A luci spente entrò in scena un signore con pantaloni e camicia scura: “ E’ vero, credetemi, è accaduto/ di notte su di un ponte/ guardando l’acqua scura,/ con la dannata voglia,/ di fare un tuffo giù…”.

Mi sembrava incredibile che Mimmo Modugno volesse ‘festeggiarmi’ - sono nato in agosto - e subito mia moglie “lo sapevi ?”… io invece sono convinto che tutto accade nella vita se hai la capacità di farti coinvolgere: su Mimmo Modugno avevo scritto molto e, probabilmente, ricordavo più cose io della sua strepitosa carriera che lo stesso artista. Più volte, quella sera, gli ho gridato “sono di Bari” e lui la quarta mi ha risposto “ti credo”. Nelle piccole pause che si concedeva per fumare, gli rivelai che volevo intervistarlo per un settimanale locale e gli ricordai che nei primi anni ’60 lo avevo visto al teatro Petruzzelli di Bari, quale interprete principale con Delia Scala, della commedia musicale “Rinaldo in campo”. Subito Modugno mi precisò che le musiche originali erano sue, cosa che io sapevo benissimo e gli aggiunsi che ero al corrente che suonava ad orecchio e che non sapeva scrivere la musica e gli rivelai che non ignoravo che si era fatto ‘raccomandare’ presso la SIAE in modo da poter firmare le sue musiche: per esempio “La donna riccia” risulta attribuita ad un altro musicista e non a lui. Lui puntualizzò che il suo caso fu sollevato in SIAE e vi fu delibera di apposita commissione che stabilì che Modugno Domenico potesse firmare le sue creazioni musicali pur non essendo in grado di redigere musica, come prevedevano le norme all’epoca vigenti. A fine serata, nonostante l’assalto del pubblico, parlammo a lungo e ci ripromettemmo che il giorno dopo avremmo fatto l’intervista con foto.

La mattina successiva nessuno seppe darmi notizie di Modugno, qualcuno mi riferì che si era ritirato in una villa in Toscana, ma io il giorno dopo tornai a Bari. Modugno era un animale da palcoscenico, dominava la scena con la sicurezza di chi sa quello che vuole il pubblico e con la sincerità di chi è nato respirando l’aria marina della splendida Polignano. Rimembro che provai a chiedere a Modugno se conosceva la famiglia Capobianco di Polignano, non mi pare vi fu risposta. Al mio Amico Savino Capobianco nel famoso ’68 feci cantare “Resta cu’mme’, accompagnato dalla sua chitarra. Riuscì a portare a termine l’esibizione, ma non volle più ripeterla. Si trattava di uno dei tanti numeri ideati dagli studenti di “Crescamus in illo per omnia”, spettacoli andati in scena nella sempre incantevole- stupenda-generosa Conversano, spesso anche in piazza. Questa divagazione mi consente di chiarire che non si tratta di errata notizia quella che rivela che l’intuizione-illuminazione-folgorazione per la canzone “Vecchio frac” sia venuta a Modugno ascoltando la mamma che raccontava di un fantasma che la notte abbandonava il castello Conti Acquaviva d’Aragona di Conversano per girare negli incantevoli vicoli della Norba apula, in cerca di cittadini appellati norbanenses (nel Lazio si trova una Norba latina i cui abitanti si chiamano norbani).

Non a caso la mamma di Modugno, la signora Pasqua Lorusso, era nativa di Conversano: posso solo aggiungere che il cognome Lorusso a Conversano è molto diffuso (Nel 1985 lo studioso prof. Antonio Fanizzi pubblicò un libro molto interessante dal titolo “ARMI E BARONI Controversie e duelli degli Acquaviva d’Aragona dal 1636 al 1723”- Levante Bari).

In quel fugace ma indimenticabile incontro appresi che aveva fatto il militare a Bologna nell’anno in cui sono nato io e che aveva frequentato Ragioneria in una città che non ricordo: avevo tantissime domande da rivolgergli e lo stupii affermando di conoscere che Dino Verde (Edoardo Verde, nato a Napoli alcuni anni prima di Modugno, è stato non solo paroliere di successo, ma sceneggiatore e scrittore) aveva scritto il testo di ‘Piove’ e anche di ‘Romantica’, la canzone che, cantata da Dallara e Rascel, vinse il Sanremo del 1960 relegando al secondo posto il motivo ‘Libero’, che vedeva Modugno affiancato da Teddy Reno.

In questo modo Modugno perse la possibilità di essere il primo cantautore a vincere tre Festival di Sanremo consecutivi.

Certo avrei potuto chiedergli se fosse vera la storia che Verde gli propose di cantare Romantica con Rascel e lui, non per essere fedele a Migliacci che aveva scritto il testo di Libero ma perché non ‘legava’ con Renato Ranucci, non accettò… cosa confermata undici anni dopo quando, nonostante si fosse già impegnato con Garinei e Giovannini per “Alleluja brava gente”, di cui aveva scritto le musiche, lasciò il testimone a Gigi Proietti che, colse al volo l’occasione della vita, e fu un magnifico interprete (Forse la protagonista femminile della commedia la showgirl Giuditta Saltarini, compagna di Rascel e madre del figlio Cesare, potrebbe rivelare da dove nascevano le incomprensioni dei due grandi artisti); il perché nel 1968 la commissione di Sanremo scartò una canzone come “Meraviglioso”, obbligando Modugno a cantare “Il posto mio” , una canzone con testo di Testa su musica di Renis; come mai decise di incidere nei primi anni ’70 “La lontananza” su testo di Enrica Bonaccorti (… nel 1979 non si sapeva quello che poi ha raccontato la conduttrice televisiva); i suoi reali rapporti con il padre Vito Cosimo che, verso la fine degli anni ’50, lasciò la moglie per unirsi ad un’altra donna: quel padre morto suicida il 30 dicembre 1964… l’anno in cui a Sanremo trionfava ‘Non ho l’età’ di Gigliola Cinquetti” e Modugno cantava, in coppia con Frankie Laine ‘Che me ne importa a me’, mentre Gino Paoli ci avvertiva “Ieri ho incontrato mia madre”; come mai nel 1967 si era rifiutato di cantare a Sanremo la canzone “Sopra i tetti azzurri del mio pazzo amore” con il francese Christophe e fece giungere da Trepuzzi un cantante di nome Giuseppe Gidiuli, di cui pochi ricordano il percorso artistico; di quel Dario Fo che lo accusò di plagio presso il Tribunale di Milano per Malarazza, canzone che si rifaceva a canti popolari siciliani, imputazione da cui fu assolto; e ancora del suo rapporto d’amicizia con Adriano Aragozzini, Franco Migliacci e Riccardo Pazzaglia e magari particolari inediti su brani come ‘L’anniversario’, ‘Il maestro di violino’ e ‘Il vecchietto’; qualche chiarimento su quella ‘chiacchierata’ serata-concerto del 1977, presso la Sala del Monte di Conversano, cui alcuni amici mi avevano invitato e che non vennero mai a prendermi perché rinunciarono a parteciparvi per motivi che ignoro, come faccio finta di essere all’oscuro di sapere che l’evento non fu un successo per gli organizzatori.

Sono convinto che Modugno con me in quel mese di agosto del 1979 si sarebbe ‘aperto’ e, probabilmente, avrebbe confessato che si può essere Domenico Modugno, amare la vita, essere un numero uno e, magari, ammettere che l’esistenza, anche per gli uomini di successo, richiede una grande applicazione e non sempre ‘desiderare’ fa rima con quell’umiltà che tutti abbiamo, anche quando riteniamo di esserne privi. Modugno qualche anno dopo accetta la corte di Canale 5 (Italia 1 ?) e decide di presentare ‘La Luna nel pozzo’, dietro un compenso che ritengo lauto.

Tra gli autori del programma Anna Tortora, la sorella di Enzo, il quale per i noti problemi giudiziari non potette presentare il programma, mentre regista era Cino Tortorella, il famoso Mago Zurlì, e valletta una giovanissima Susanna Messaggio. Gli studi televisivi erano quelli di Cologno Monzese, comune di circa 50.000 abitanti a 10 chilometri da Milano, e i ritmi di registrazione non erano certo quelli di ‘mamma Rai’: Modugno oltre a presentare cantava la sigla finale “Pazzo amore”. Nella seconda settimana del giugno del 1984 Modugno ebbe un ictus, non subito diagnosticato, e fu ricoverato al San Raffaele. Il resto è storia che tutti sappiamo: il suo impegno politico con il Partito Radicale di Marco Pannella e la sua elezione a deputato nel 1987; anni dopo si dimise per subentrare al Senato al posto di Spadaccia Gianfranco.

Nel 1967 nasceva in Polignano, esattamente 39 anni dopo Domenico Modugno, un bambino che nel tempo si è dimostrato una ‘capatosta’ al pari del Mimmo, ricco di inventiva-creatività e sogni che ha cercato di realizzare e che sta ancora alimentando: il suo nome Gianni Torres.

Chi scrive ha potuto constatare di persona la determinazione di Gianni: una delle prime volte che ho parlato con lui siamo finiti a discutere del film “Capriccio all’italiana”, commedia del 1968; pellicola in sei episodi che ha visto alla regia Steno (il padre dei fratelli Vanzina), Monicelli, Zaccaria, Bolognini e Pasolini. Torres aveva un anno quando è stata girata la pellicola, ma dell’episodio che vede protagonisti Modugno e Pasolini con ‘Che cosa sono le nuvole’ sapeva più cose di me… evento non normale.

Torres nasce come autore e speaker radiofonico, ma si è occupato anche di pubblicità ad alto livello ideando la campagna pubblicitaria dell’azienda svedese della telefonia Ericsson, ha fondato e diretto Dilectus, mensile di appuntamenti per lo spettacolo, produce e dirige grandi eventi … ma prevedere che avrebbe firmato la riappacificazione tra Modugno e la sua gente era da … visionari: non quelli che governano il mondo, ma quelli che fanno in modo che la giustizia vinca su tutto… non quella dei tribunali, ma quella che ci fa affrancare dall’opinione altrui. Torres il 26 agosto del 1993, appena venticinquenne, ideò e realizzò l’evento “Modugno torna a casa” che segnò la consacrazione di Mimmo Modugno nella sua Polignano: un ritorno in famiglia in piena regola, una riconciliazione-pacificazione con i suoi concittadini che erano stanchi di sentire che il loro Mimmo fosse siciliano o brindisino, il tutto fu ratificato dalla frase dell’artista: ”Mi scuso, ma per fame avrei dichiarato anche di essere giapponese”.

Mi sarebbe piaciuto quella sera essere con il sindaco Simone Di Giorgio (era stato eletto ai primi di giugno, grazie alle legge n. 81 del 25-3-1993, primo sindaco scelto direttamente nella cittadina della Lama Monachile) e la moglie Marisa Cipollino, vecchi amici di un tempo ‘volato’, a rendere omaggio a Mister Volare, ma non fu possibile. Le cronache parlarono di quasi centomila persone, ma nulla cambia perché fu un bagno di folla, quella folla che faceva sembrare Mimmo eterno non solo per i suoi cari, ma per tutti noi.

Torres ricorda un uomo con la barba bianca, senz’altro provato fisicamente, che accettò di percorrere la costa di Polignano su una barca, seguito da altri natanti e poi non rinunciare ad attraversare il suo paese all’interno di una Lancia Aurelia come segno di perenne amore per la sua terra; Livalca nel 1979 incontrò un uomo vitalissimo che forse era provato ‘internamente’, ma che non risparmiò canzoni e sigarette, battute e bis: lo stesso uomo, in epoche diverse, con le stesse gioie e dolori che rendono il percorso di tutti ‘MERAVIGLIOSO’: al cospetto del sole, la luce, l’amore … perfino il tuo dolore ti può apparire …

Livalca è nato il 6 agosto del 1949, Mimmo Modugno è morto il 6 agosto del 1994: stessi numeri con una sola cifra spostata prima dell’ultimo. Il bersagliere Livalca nel 1976, impiegato nell’ufficio maggiorità del 1° Reggimento Bersaglieri Corazzato di stanza ad Aurelia, nella festa di addio al periodo di leva ha intonato con gli amici di tutta la penisola “… penso che un sogno così non ritorni mai più…’: il magnifico coro fu sentito fino a Civitavecchia. Mimmo questo non ho fatto in tempo a dirtelo in quel lontano agosto del 1979.

Carissimo Mimmo,

in una ‘Notte di luna calante’, dimenticasti ‘Amara terra mia’ e seguisti ‘La donna riccia’ dal ‘Musetto’ irresistibile e ti avventurasti per una ‘Strada ‘nfosa’; non era una ‘Lazzarella’ per cui gli chiedesti ‘Che cosa è un bacio’ e ti lasciasti andare a ‘Dio, come ti amo’, precisando ‘Tu sì ‘na cosa grande’, improvvisamente quel cielo da ‘Nel blu dipinto di blu’ perse tutti i colori dell’arcobaleno e tu chiedesti alla tua Franca ‘Come stai?’, ma ‘Come si fa a non volerti bene’ e non sarà ‘La lontananza’ ad impedirti di ‘Resta cu’mme’ e a ‘Chi si vuol bene come noi’ basta ‘La cicoria’. Da uomo nato ‘Libero’ sei passato da ‘Pasqualino maragià’ a ‘Vecchio frac’ e lasciasti ‘Tre briganti e tre somari’ per inseguire ‘Ciao ciao bambina’, la ragazzina di ‘Io, mammeta e tu’ e ribadendo ‘Questa è la mia vita’ hai voluto ‘Il posto mio’ adducendo una ‘Sbandata’ da ‘Che me ne importa … a me’; certo ‘Piove’ ma nel tuo ‘Meraviglioso’ mare vi è posto ora per ‘Pisci spada’ e ‘Delfini’ e potrai esercitare il mestiere di ‘Maestro di violino’, rispettare ‘L’anniversario’, abbandonare ‘La sveglietta ‘ e aspettare il prossimo ‘Vecchietto’. Dove tu sei ora non ti serve ‘Piange … il telefono’ e nemmeno ‘Il processo all’amore’, ti basta una ‘Ninna nanna’ del tipo ‘Addio…addio…’.