TARANTO - I Carabinieri del TPC del Nucleo di Bari, in collaborazione con l’Arma territoriale, nell’ambito di un’attività coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto finalizzata al contrasto dei reati contro il patrimonio culturale, rinvenivano e sequestravano all’interno di una abitazione privata 9 reperti archeologici illecitamente detenuti.
I beni databili dal V° al III° sec. a.C. sono risultati privi della documentazione attestante la lecita detenzione e non notificati dalla Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo di Taranto. E’ bene ricordare come la normativa vigente preveda sui beni archeologici provenienti certamente o presumibilmente dal territorio italiano una presunzione di appartenenza allo Stato. Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati dallo Stato in premio per ritrovamento fortuito; o che gli siano stati ceduti sempre dallo Stato a titolo d’indennizzo, per l’occupazione d’immobili; o che siano stati in proprio, o altrui possesso, in data anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 364 del 20 giugno 1909.
Inoltre, per quanto previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti in violazione delle previsioni in materia di tutela, proprietà e circolazione dei beni archeologici indicati nello stesso codice, sono nulli. Il recupero di reperti archeologici facenti parte del patrimonio culturale dello Stato rappresenta una delle direttrici investigative che il Nucleo CC TPC di Bari persegue, attraverso verifiche costanti presso gli esercizi commerciali di settore, mediante l’attenta raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati, grazie alla collaborazione degli uffici del Ministero della Cultura.
La consultazione della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” gestita dal Comando TPC si è rivelata di fondamentale importanza per lo sviluppo delle indagini, raccoglie ed elabora grazie alla comparazione ben oltre 7.900.000 oggetti censiti, e più di 770.000 immagini memorizzate, è il database dedicato ai beni culturali illecitamente sottratti più grande del mondo. E’ importante sottolineare che nei confronti dell’indagato vale la presunzione di innocenza fino a sentenza di condanna definitiva.