VITTORIO POLITO – La Puglia, una delle più belle Regioni italiane, è coronata da una catena di monti che si eleva ad oltre mille metri d’altezza, bagnata dall’Adriatico e dallo Ionio, circondata da spiagge, murge e foreste, arricchita da Cattedrali, Castelli, Masserie, Trulli e civiltà contadina. La Puglia è anche depositaria degli splendori del barocco e del romanico che rappresentano la sua punta di forza. A tutto ciò fa bella mostra di sé il Gargano, brulla e selvaggia montagna a strapiombo sull’Adriatico con Peschici, una delle perle.
Aneddoti, ricordi e storie di Peschici è il titolo di un interessante libro di Angela Campanile dedicato alla sua città, posta sulla roccia, bella da vedere di giorno e soprattutto di notte. Un pittoresco e caratteristico paese del Gargano, dall’aspetto orientale culminante in un castello che si erge sul ciglio della rupe a picco sopra il mare.
Angela Campanile ha insegnato per 26 anni materie letterarie alle scuole medie, dirigente scolastico, appassionata di tradizioni e storia locale, autrice dei testi “Peschici nei ricordi”, “Il trabucco – Storia e Leggenda”, “Dizionario del dialetto peschiciano”, scrive commedie in vernacolo che rappresentano storie di vite vissute. Le è stato conferito a Roma il premio “Menzioni speciali” al concorso nazionale “Vivi la tua lingua locale” e non tralascia la raccolta di usi e costumi e dialetto affinché ne rimanga traccia per i posteri. Cosa che ha fatto anche nel testo del quale parliamo, dedicando alla sua bella città, una perla del Gargano, Peschici appunto, nel quale descrive con dovizia di particolari arti e mestieri, soprattutto di quelli scomparsi. Un esempio? Il trabucco, congegno ben ancorato sulla roccia, a picco sul mare della costa garganica. Un insieme di corde, fili di ferro, antenne protese e argani che la fantasia e l’esperienza dei “trabucchisti” o “trabuccolanti” (così si chiamano a Vieste), create allo scopo di pescare più pesci possibili. Il trabucco nasce per motivi di sicurezza, poiché si pescava senza essere sorpresi dalle tempeste e dalle mareggiate e senza correre il rischio di perdere le reti. Attualmente ne sono efficienti solo alcuni.
L’autrice ricorda anche una antica tradizione di Peschici, il “Sant’Elia”. Cos’era? Una volta i tempi erano difficili e, non avendo molta disponibilità economica, si ricorreva al baratto, uno scambio di doni reciproco: il vicino di casa o l’amico che aveva l’orto regalava verdura, chi aveva alberi di olive regalava olive o anche olio nel periodo della molitura, il pescatore, specialmente in occasione di grandi pescate, regalava il pesce al vicinato, chi aveva galline regalava uova ai vicini e così via. Grazie a tali scambi molte famiglie riuscivano ‘ad andare avanti’. Le disponibilità economiche erano riservate all’organizzazione dell’evento più importante del paese, la festa di Sant’Elia del 20 luglio, con la solenne processione, l’orchestra, le luci e i fuochi d’artificio. Non sono dimenticati i corteggiamenti e le serenate in omaggio alle fidanzate con alcune curiosità come l’accettazione o meno della richiesta del pretendente. Chi poteva permetterselo quando portava serenate alla ragazza, capiva se la sua corte era gradita oppure no. Se il padre della ragazza usciva con la brocca del vino per offrire da bere al pretendente ed alla sua compagnia, la corte era accettata, se porte e finestre di casa rimanevano chiuse allora non era gradita, almeno alla famiglia. Allora il ragazzo si rassegnava e cercava un’altra ragazza, ma c’era anche chi si ostinava fino al punto di rapire la ragazza, non consenziente, con l’aiuto di amici e mettere così tutti davanti al fatto compiuto, la cosiddetta ‘fuitina’.
Consuetudini, credenze, malocchio, superstizioni completano il testo, da non perdere, con tante curiosità, arricchite con il dialetto di Peschici che contribuisce a rendere il saggio prezioso ed a rendere la pubblicazione interessante non solo per i peschiciani, ma anche per i cultori delle tradizioni e del dialetto di uno dei paesi più belli del Gargano.
Il testo sarà presentato domani, 8 agosto alle ore 21,30 sul Sagrato della Chiesa di Sant’Antonio di Peschici, con l’intervento di Luigi D’Arenzo, sindaco, Leonardo Di Miscia, assessore alla cultura, Teresa Rauzino, presidente Centro Studi “Martella”, Stefano Biscotti, attore e musicista, Michela Tavaglione e Paola Martella, interpreti della scenetta dialettale “Chi na tàine che fa, pèttine i cane”, Vincenzo Ferrone. Conduce la serata Michele Lauriola, giornalista. Ovviamente sarà presente l’autrice che, lodevolmente, ha pubblicato un testo finalizzato a recuperare e divulgare tradizioni, usi, costumi e lingua materna che il tempo tende inesorabilmente a cancellare.