TARANTO - Negli ultimi mesi, una crescente preoccupazione sta agitando il mondo dei pubblici esercizi italiani: il prezzo della tazzina di caffè al bar è destinato a subire un ulteriore aumento significativo, mettendo a dura prova il potere d’acquisto dei consumatori. Ne abbiamo parlato con Francesca Intermite, presidente di Confesercenti Taranto, che ci ha spiegato le dinamiche di questo rincaro e le sue conseguenze per il settore.
Secondo la Intermite, finora i pubblici esercizi hanno tentato di contenere gli aumenti, assorbendo i forti rincari delle miscele di caffè, determinati dal continuo aumento delle materie prime. Il caffè, infatti, è la seconda commodity più scambiata al mondo dopo il petrolio, e l’Italia, patria della classica tazzina di espresso, è uno dei maggiori consumatori di questa bevanda. Si stima che nei locali pubblici italiani vengano serviti circa 6 miliardi di caffè all’anno, generando un giro d’affari di 7 miliardi di euro. Tuttavia, l’imminente aumento del prezzo della tazzina potrebbe comportare un notevole aggravio di spesa per i cittadini, per i quali il caffè rappresenta un rito quotidiano.
Negli ultimi sei mesi, le quotazioni di borsa delle principali varietà di caffè hanno subito aumenti significativi: la qualità “robusta” ha visto un incremento di oltre il 90%, mentre la qualità “arabica” è cresciuta del 60%. Questa situazione sta portando i gestori dei bar a un punto di rottura, dove non sarà più possibile assorbire ulteriormente tali aumenti senza ricorrere a misure drastiche.
Una delle opzioni per i bar sarebbe quella di ridurre i margini di guadagno o, in alternativa, optare per miscele di qualità inferiore, rischiando però di compromettere l’esperienza del cliente. Diversi fattori hanno contribuito a questa escalation di costi: una contrazione dell’offerta da parte del Vietnam, condizioni meteorologiche avverse in Brasile e problemi legati al trasporto, aggravati dalla difficoltà di attraversamento del Mar Rosso. Questi elementi hanno causato un aumento dei costi di importazione del caffè fino al 50% rispetto a sei mesi fa.
Attualmente, il prezzo medio di una tazzina di caffè nelle principali città italiane è di €1,18, rispetto a €1,03 di tre anni fa, un aumento del 14,9%. Nonostante l’inflazione generale sia stata del 16%, il costo del caffè è stato finora contenuto, ma la situazione potrebbe cambiare presto. Si stima infatti che un ulteriore aumento del 15% sul prezzo della tazzina potrebbe essere inevitabile per permettere alle aziende del settore di continuare a operare senza ulteriori perdite di posti di lavoro.
"La tazzina di caffè è un simbolo dell’identità e dei valori della socialità italiana", sottolinea Intermite. Proprio per questo, è fondamentale adottare politiche internazionali che possano, ad esempio, ridurre i costi di trasporto, i quali sono aumentati del 300% negli ultimi sei mesi. Interventi in questa direzione potrebbero portare un sensibile sollievo ai consumatori finali.
Nel frattempo, per affrontare la questione e discutere delle possibili soluzioni, giovedì 5 settembre alle 16:00, presso la sede di Confesercenti Casaimpresa, si terrà un incontro con gli operatori dei pubblici esercizi, volto a trovare risposte concrete per garantire la sostenibilità del settore e preservare un simbolo della cultura italiana come il caffè.
Secondo la Intermite, finora i pubblici esercizi hanno tentato di contenere gli aumenti, assorbendo i forti rincari delle miscele di caffè, determinati dal continuo aumento delle materie prime. Il caffè, infatti, è la seconda commodity più scambiata al mondo dopo il petrolio, e l’Italia, patria della classica tazzina di espresso, è uno dei maggiori consumatori di questa bevanda. Si stima che nei locali pubblici italiani vengano serviti circa 6 miliardi di caffè all’anno, generando un giro d’affari di 7 miliardi di euro. Tuttavia, l’imminente aumento del prezzo della tazzina potrebbe comportare un notevole aggravio di spesa per i cittadini, per i quali il caffè rappresenta un rito quotidiano.
Negli ultimi sei mesi, le quotazioni di borsa delle principali varietà di caffè hanno subito aumenti significativi: la qualità “robusta” ha visto un incremento di oltre il 90%, mentre la qualità “arabica” è cresciuta del 60%. Questa situazione sta portando i gestori dei bar a un punto di rottura, dove non sarà più possibile assorbire ulteriormente tali aumenti senza ricorrere a misure drastiche.
Una delle opzioni per i bar sarebbe quella di ridurre i margini di guadagno o, in alternativa, optare per miscele di qualità inferiore, rischiando però di compromettere l’esperienza del cliente. Diversi fattori hanno contribuito a questa escalation di costi: una contrazione dell’offerta da parte del Vietnam, condizioni meteorologiche avverse in Brasile e problemi legati al trasporto, aggravati dalla difficoltà di attraversamento del Mar Rosso. Questi elementi hanno causato un aumento dei costi di importazione del caffè fino al 50% rispetto a sei mesi fa.
Attualmente, il prezzo medio di una tazzina di caffè nelle principali città italiane è di €1,18, rispetto a €1,03 di tre anni fa, un aumento del 14,9%. Nonostante l’inflazione generale sia stata del 16%, il costo del caffè è stato finora contenuto, ma la situazione potrebbe cambiare presto. Si stima infatti che un ulteriore aumento del 15% sul prezzo della tazzina potrebbe essere inevitabile per permettere alle aziende del settore di continuare a operare senza ulteriori perdite di posti di lavoro.
"La tazzina di caffè è un simbolo dell’identità e dei valori della socialità italiana", sottolinea Intermite. Proprio per questo, è fondamentale adottare politiche internazionali che possano, ad esempio, ridurre i costi di trasporto, i quali sono aumentati del 300% negli ultimi sei mesi. Interventi in questa direzione potrebbero portare un sensibile sollievo ai consumatori finali.
Nel frattempo, per affrontare la questione e discutere delle possibili soluzioni, giovedì 5 settembre alle 16:00, presso la sede di Confesercenti Casaimpresa, si terrà un incontro con gli operatori dei pubblici esercizi, volto a trovare risposte concrete per garantire la sostenibilità del settore e preservare un simbolo della cultura italiana come il caffè.