Respinta la richiesta di riapertura delle indagini sulla morte di Ciccio e Tore

BARI - La Procura di Bari ha respinto la richiesta di riapertura delle indagini per il caso di Salvatore e Francesco Pappalardi, noti come Ciccio e Tore, i due fratellini di Gravina in Puglia scomparsi il 5 giugno 2006 e trovati tragicamente morti in una cisterna del rudere noto come la "Casa delle Cento Stanze" nel febbraio 2008.

La decisione, firmata dal procuratore aggiunto Ciro Angelillis, stabilisce che non sussistono i presupposti per riaprire il caso. Nel provvedimento si legge infatti che “difettano le nuove fonti di prova o i nuovi elementi probatori” e “difettano le esigenze di nuove investigazioni anche nel senso della rivalutazione delle indagini espletate”.

La richiesta di riapertura era stata presentata il 29 marzo scorso dalla madre dei bambini, Rosa Carlucci, e dalla sorella Filomena, assistite dall’avvocato Giovanni Ladisi e dal consulente Rocco Silletti. La famiglia chiedeva una rivalutazione di vari aspetti, tra cui l’orario esatto della caduta nella cisterna e alcune testimonianze contraddittorie, oltre a fare chiarezza su un farmaco tranquillante trovato nelle vicinanze dei corpi dei fratellini.

Un drammatico errore giudiziario

Dopo quasi un anno e mezzo dalla scomparsa dei due bambini, il 27 novembre 2007, fu arrestato il padre, Filippo Pappalardi, con l'accusa di duplice omicidio e occultamento di cadavere. Tuttavia, l’uomo fu rilasciato cinque mesi dopo, a seguito di un errore giudiziario, e la sua posizione fu archiviata.

Il ritrovamento dei corpi dei fratellini avvenne il 25 febbraio 2008, quando un dodicenne cadde accidentalmente nello stesso punto del rudere mentre giocava con degli amici. La scoperta fu resa possibile grazie all'intervento dei soccorsi, chiamati dai giovani presenti, che riuscirono a salvare il ragazzo e portarono alla macabra scoperta.

L'iter giudiziario

Negli anni successivi, sono state avviate altre indagini per cercare di far luce su tutti i dettagli della tragedia, ma tutte le inchieste si sono concluse con l'archiviazione, confermata dalla Corte di Cassazione. Attualmente, sempre in Cassazione, è pendente una richiesta di risarcimento danni avanzata dalla madre e dalla sorella dei fratellini nei confronti del Comune di Gravina e della società proprietaria del rudere. Questa richiesta, però, è stata già respinta sia in tribunale che in corte d'appello a Bari.

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