MOLFETTA - Inaugurata lo scorso 3 maggio, in prossimità del decimo anniversario della morte dello scultore molfettese, la mostra “Vito Zaza, dal Silenzio al Mistero” si avvia alla conclusione prevista per l’8 settembre, data non casuale per via della Festa di Maria SS.ma dei Martiri, patrona di Molfetta e della Diocesi. Per l’occasione, sarà visibile dal 3 all’8 settembre con aperture dalle 18 alle 21 e dal 6 all’8 settembre anche dalle 10 alle 13 con ingresso libero e gratuito.
Il tema delle “maternità violate”, che l’artista affronta in una serie di venti bassorilievi in terracotta di straordinaria potenza, è sicuramente radicato alle vicende umane che hanno contrassegnato gli ultimi anni della sua esistenza e della carriera artistica, a partire dalla scomparsa delle due figlie Mara e Diana. Ma è ancor più legato alla terribile realtà che Vito Zaza scopre attraverso alcune inchieste giornalistiche, ripugnando le pratiche disumane in cui alcune donne sono costrette a difendere il proprio diritto alla maternità, ai quattro angoli del mondo.
«Queste sono le storie di maternità che voglio raccontare con la scultura – scriveva lo stesso artista – perché queste sono le vere, le autentiche funzioni che l’arte, oggi più di prima, è chiamata ad assolvere; il resto è tutta retorica, leziosità, sciocco edonismo, preziosismo, piacevolezza – che non serve a nessuno, se non ad incantare salotti bene della terra».
Una serie pressoché inedita al grande pubblico che non ha mancato però di destare l’attenzione di un grande storico dell’arte quale il prof. Antonio Paolucci, già direttore dei Musei Vaticani, che ebbe modo di visionare la rassegna delle opere sul “pianeta donna” giunte alla Trappa delle Tre Fontane di Roma, sollecitando – come scrive nel catalogo Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani – l’attenzione del cardinale Gianfranco Ravasi e del prof. Fonseca, “per una iniziativa che intenda far conoscere e valorizzare l’artista”.
Da qui l’urgenza di organizzare una rassegna, atipica e molto peculiare per Zaza, che contribuisse ad umanizzare l’esistenza di quella porzione di umanità che non ha voce in capitolo, condannata a vivere una vita in clandestinità e precarietà perenne. L’ambizione dichiarata era trovare spazio presso le Scuderie del Quirinale o i Musei Vaticani stessi per veicolare un messaggio di tale rilevanza. Purtroppo la morte dell’artista, il 4 maggio 2014, ne ha interrotto il progetto che in qualche modo riparte da Molfetta e dagli ambienti museali diocesani.
«Le opere sono disposte nei nuovi ambienti ristrutturati del Seminario vescovile di Molfetta – afferma il direttore don Michele Amorosini – a suggellare la profonda relazione del maestro Zaza con il Museo Diocesano».
La mostra, impreziosita dagli scatti fotografici di Roberto Lusito, dai testi critici di Anna d’Elia e dai versi poetici di Enzo Quarto, è promossa dalla Fondazione Museo Diocesano con il patrocinio e sostegno della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e dell’Amministrazione Comunale della Città di Molfetta e realizzata dalla ati “Arte in Arte” di cui la FeArT società cooperativa è capogruppo.
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Soc. Coop. FeArT a r.l.
Il tema delle “maternità violate”, che l’artista affronta in una serie di venti bassorilievi in terracotta di straordinaria potenza, è sicuramente radicato alle vicende umane che hanno contrassegnato gli ultimi anni della sua esistenza e della carriera artistica, a partire dalla scomparsa delle due figlie Mara e Diana. Ma è ancor più legato alla terribile realtà che Vito Zaza scopre attraverso alcune inchieste giornalistiche, ripugnando le pratiche disumane in cui alcune donne sono costrette a difendere il proprio diritto alla maternità, ai quattro angoli del mondo.
«Queste sono le storie di maternità che voglio raccontare con la scultura – scriveva lo stesso artista – perché queste sono le vere, le autentiche funzioni che l’arte, oggi più di prima, è chiamata ad assolvere; il resto è tutta retorica, leziosità, sciocco edonismo, preziosismo, piacevolezza – che non serve a nessuno, se non ad incantare salotti bene della terra».
Una serie pressoché inedita al grande pubblico che non ha mancato però di destare l’attenzione di un grande storico dell’arte quale il prof. Antonio Paolucci, già direttore dei Musei Vaticani, che ebbe modo di visionare la rassegna delle opere sul “pianeta donna” giunte alla Trappa delle Tre Fontane di Roma, sollecitando – come scrive nel catalogo Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani – l’attenzione del cardinale Gianfranco Ravasi e del prof. Fonseca, “per una iniziativa che intenda far conoscere e valorizzare l’artista”.
Da qui l’urgenza di organizzare una rassegna, atipica e molto peculiare per Zaza, che contribuisse ad umanizzare l’esistenza di quella porzione di umanità che non ha voce in capitolo, condannata a vivere una vita in clandestinità e precarietà perenne. L’ambizione dichiarata era trovare spazio presso le Scuderie del Quirinale o i Musei Vaticani stessi per veicolare un messaggio di tale rilevanza. Purtroppo la morte dell’artista, il 4 maggio 2014, ne ha interrotto il progetto che in qualche modo riparte da Molfetta e dagli ambienti museali diocesani.
«Le opere sono disposte nei nuovi ambienti ristrutturati del Seminario vescovile di Molfetta – afferma il direttore don Michele Amorosini – a suggellare la profonda relazione del maestro Zaza con il Museo Diocesano».
La mostra, impreziosita dagli scatti fotografici di Roberto Lusito, dai testi critici di Anna d’Elia e dai versi poetici di Enzo Quarto, è promossa dalla Fondazione Museo Diocesano con il patrocinio e sostegno della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e dell’Amministrazione Comunale della Città di Molfetta e realizzata dalla ati “Arte in Arte” di cui la FeArT società cooperativa è capogruppo.
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Soc. Coop. FeArT a r.l.
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Cultura e Spettacoli