FOGGIA - Serata di violenza e tensione nel carcere di Foggia, dove una rivolta scoppiata sabato 19 ottobre ha messo a dura prova le già precarie condizioni dell'istituto penitenziario. L'episodio ha avuto inizio intorno alle 22, quando alcuni detenuti, insoddisfatti della rapidità dell’intervento di un infermiere, hanno reagito con furia, scardinando il cancello di una stanza e dando il via a un’escalation di caos.
I detenuti, dopo aver lanciato un letto di ferro contro il cancello, sono riusciti a uscire nei corridoi, scatenando un pandemonio. Altri prigionieri hanno iniziato a colpire le inferriate con pentole, creando un baccano assordante e rendendo l'atmosfera ancor più tesa. Nonostante il poliziotto in servizio sia riuscito a chiudere tempestivamente il cancello di sbarramento, i rivoltosi hanno utilizzato un carrello di acciaio come ariete, sfondando anche questa barriera e avanzando fino alla rotonda del primo piano.
Fortunatamente, l’agente è riuscito a chiudere un ulteriore cancello, impedendo così ai detenuti di uscire dalle sezioni detentive. Il loro tentativo di fuga è stato quindi bloccato, ma la situazione ha richiesto l'intervento di rinforzi per riportare l'ordine, anche se il personale, ridotto rispetto alle esigenze, ha dovuto fare i conti con difficoltà operative enormi. Alla fine, i poliziotti penitenziari sono riusciti a riprendere il controllo della situazione, nonostante i danni considerevoli a diverse stanze e sezioni del carcere.
Problemi di sovraffollamento e mancanza di personale
Il carcere di Foggia ospita attualmente circa 700 detenuti, quasi il doppio rispetto alla sua capacità di 360 posti. A ciò si aggiunge una grave carenza di personale, con un centinaio di poliziotti in meno rispetto alle necessità . Queste condizioni non fanno che peggiorare una situazione già estremamente critica, in cui il sovraffollamento e l’impunità sembrano alimentare un clima di costante tensione e prepotenza tra i detenuti.
Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE) ha denunciato a più riprese la mancata applicazione di leggi che permetterebbero di limitare le violenze e il disprezzo delle regole. In particolare, viene sottolineata l'inefficacia di misure come l'articolo 14 bis dell'ordinamento penitenziario, che prevede regimi di detenzione più duri per i detenuti più violenti, e l’articolo 32, che permette il trasferimento in altre strutture per motivi di sicurezza.
L'impunità dei detenuti e l'abbandono delle istituzioni
Il SAPPE ha espresso il suo sdegno per quella che definisce l'impunità con cui i detenuti possono agire violando le regole e mettendo a rischio la vita del personale penitenziario. Secondo il sindacato, mentre i poliziotti penitenziari vengono spesso puniti severamente anche per minimi episodi, i detenuti violenti non subiscono adeguate conseguenze, neanche in caso di aggressioni fisiche.
Le violenze all'interno del carcere non sono un caso isolato. I dati parlano chiaro: nel 2023 si sono registrati 1.760 episodi di violenza e oltre 8.000 casi di minacce, ingiurie e resistenza. Nei primi cinque mesi del 2024, sono già stati segnalati 708 casi di aggressioni e oltre 3.000 atti di resistenza.
Le richieste del SAPPE e l'appello alle istituzioni
Di fronte a una situazione ormai fuori controllo, il SAPPE ha rivolto un appello alle istituzioni, chiedendo interventi urgenti da parte del governo e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP). Il sindacato non esclude forme di protesta dure, come quelle attuate dai colleghi francesi, per denunciare l’abbandono delle carceri e la mancanza di tutela per i poliziotti penitenziari.
La gravità della situazione non può più essere ignorata, conclude il SAPPE, che richiama la politica e l'opinione pubblica a non voltare lo sguardo di fronte a quella che viene definita "l'inferno delle carceri italiane", un luogo dove, al momento, le vittime principali sono proprio quei detenuti che vorrebbero reinserirsi nella società ma sono soggiogati dai più violenti.