Chi sta meglio il celibe o il vedovo?

VITTORIO POLITO - Tempi addietro matrimonio e vedovanza avevano valori diversi rispetto ai nostri. L’uomo che non si sposava faceva qualcosa di normale, essendo il matrimonio non sempre possibile per ragioni economiche. Per il figlio unico o primogenito, il matrimonio era quasi d’obbligo per avere una donna che pensava alla casa, figli per ottenere un lavoro, come un podere a mezzadria, o anche la continuazione del nome di una casata, la conservazione di un matrimonio.

Una volta sposato e aveva figli, era quasi impossibile rimanere nella condizione di vedovanza e, nel caso concreto, si imponeva la necessità di risposarsi entro breve tempo.

Ma vediamo che differenza c’è tra il celibe, il vedovo e il matrimonio. Il celibe è chi non ha preso moglie, il vedovo è l’uomo che ha perso la moglie, mentre il matrimonio è l’istituto giuridico (per la Chiesa cattolica, sacramento), mediante il quale si dà forma legale all’unione tra un uomo e una donna che stabiliscono di vivere insieme e di fondare la famiglia. Vediamo invece chi sta peggio fra celibi e vedovi.

Secondo un’indagine francese di qualche decennio fa, il matrimonio rappresenta una “garanzia” di longevità. Nubili e vedovi hanno meno probabilità di sopravvivenza, mentre la categoria più a rischio è rappresentata dai divorziati. Le statistiche ci informano che i celibi muoiono circa 6 volte in più con una incidenza per i maschi di 2,7 volte superiore rispetto alle donne, ma colpisce i celibi più precocemente (tra i 35 ed i 44 anni) degli sposati (tra 55 e 64 anni). Peggio dei celibi stanno i vedovi, la cui percentuale di rischio è 8 volte superiore a quella dei coniugati e 5 volte superiore a quella dei senza moglie. Nulla cambia per le consorti, anche se nel confronto di coppia le donne escono vincitrici: il 75% degli uomini, infatti, lascia la terra prima della adorata metà!
Le cause? Non ancora note, ma sta di fatto che un gruppo di ricercatori dell’Università di Los Angeles, che si è interessata al problema, prima di giungere a conclusioni, ha sottoposto dei soggetti a una dieta ipocalorica (da 2500 a 1600 calorie pro/die), anticipandoci sostanzialmente che una delle cause di mortalità è rappresentata anche dall’alimentazione. I genetisti, dal canto loro si sono prefissi di elevare a 120 anni il limite massimo di esistenza per l’uomo, ma allungare la durata della vita non basta: arrivare ad oltre un secolo d’età bloccati a letto o dovendo dipendere da altri è una prospettiva che non interessa nessuno. In ogni caso iniziamo ad assicurarci una buona fetta di longevità con il matrimonio, auspicando che gli scienziati ci “regalino” il resto!