FRANCESCO GRECO - “Aprì, e la stanza di riempì di un sole limpido…”. A volte gli incontri ci segnano più di quel che non siamo disposti ad ammettere a noi stessi. Perché il caso ci fa “inciampare” nei grandi e si è ammessi nella loro officina, nel sottosuolo, nel background dove sono nate opere immortali divenute ormai dei classici.
“Mi girai emozionato verso quel volto, finalmente in piena luce…”.
Primavera 1982, Franco (alter ego di Giuliano Pavone, Taranto 1970, rione Tamburi, figlio sedicenne di un operaio del Siderurgico) vince una borsa di studio e potrà trascorrere una settimana a Roma per intervistare Eduardo De Filippo (che se ne andò due anni dopo, il 31 ottobre sono 40 anni dalla morte).
“Lo vedevo per la prima volta, ma lo conoscevo bene, come tutti. Ne ricavai un’impressione ambigua…”.
Ecco dunque il ragazzo di fronte al grande De Filippo in un incontro da cui nasce un romanzo (i virgolettati sono frasi dette dal grande autore di teatro) che diviene di formazione per il giovane ospite. Ma anche di testimonianza di un tempo che si reggeva su diversi paradigmi culturali e storici, ma che rispetto al nostro ha molti punti di contatto analitici di grande spessore. Ed è qui l’immortalità dei classici a cui attingono le generazioni successive con la decodificazione e l’appropriazione delle infinite interfacce della loro opera.
Una declinazione che per Franco rappresenta una crescita e la coscienza dei propri obiettivi: giornalista e scrittore fra Taranto, Roma, Milano e Napoli.
“…di familiarità e insieme di mistero… Era increspato da un manto di rughe…”.
L’input è la corrispondenza del padre con De Filippo, a cui Franco non crede (lo ritiene un mitomane) finché non sarà Eduardo stesso ad accennarne.
Potrebbe optare per un viaggio in Grecia, oppure restare in classe, fra gli sfigati che non vanno in gita. Ma il Siderurgico assegna una borsa di studio all’articolo più bello dei figli dei suoi dipendenti, che sarà pubblicato sul giornale locale. E lui vuole fare il giornalista. Così accontenta il padre, che per un periodo ha lavorato anche all’Italsider di Bagnoli ed è “vicino al prepensionamento”. Così eccolo a Roma per l'intervista a “una delle persone più importanti del secolo, un faro della cultura… Chi poteva restare indifferente davanti all’aura quasi soprannaturale che lo circondava?... dal suo contorno sembrava promanare una strana energia… Era fermo e insieme in movimento, come il mare… Non sono né un prete né un camorrista…”.
“Che gli devi chiedere?” vuole sapere Carmela, la sua prima ragazza. Già , che cosa gli chiederà “protetto” dalla onnipresente Isabella alla vigilia dei suoi 82 anni (24 maggio 1900)?
Eduardo lo gela subito: “Se mi vuoi intervistare, devi darti una mossa, perché io sono vecchio, non mi resta tanto tempo da vivere… Ci ho messo una vita a diventare Eduardo… Avanti, mettiamoci al lavoro”. Un anno prima Sandro Pertini lo ha nominato senatore a vita.
Il resto bisogna leggerlo in proprio. Una omaggio dovuto a un grande.
Giuliano Pavone
“Per diventare Eduardo”
Laurana Editore, Milano 2024
pp. 264, € 18
Collana “Rimmel”, narrativa italiana.