Il 'Bari così' di Bizzarro celebra due volte Maurogiovanni: tra i personaggi e tra coloro che hanno scritto 'Per Rino'


LIVALCA - Quando l’affezionato Rino Bizzarro mi consegnò i 23 “medaglioni” destinati a illustrare il percorso di vita di personaggi baresi che aveva incontrato nella sua esistenza di studente amante del teatro prima e, in seguito, di attore al servizio di compagnie primarie con cui aveva calcato i più importanti palcoscenici italiani e, per un breve periodo, anche esteri, per un attimo ho pensato… “non avrà sprecato più di 400 parole per ogni personaggio”.

Dopo la verifica, che confermò il sospetto-pregio, avevo già deciso che avrei chiesto a Francesco Bellino, Vincenzo Di Mattia, Daniele Giancane, X ?, Vito Maurogiovanni, Michele Mirabella ed Egidio Pani una testimonianza su Rino e, onde evitare “fastidiose” ripetizioni, avrei assegnato a ognuno un canovaccio. In corso d’opera si è inserito anche Francesco De Martino, a cui non ho mai detto “no” fin dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti: lui è figlio di “gutta cavat lapidem”, ma lo fa con tale insistenza che, se non fosse che “necessitas mater artium”, potresti perdere la calma filologica; poi ti ricordi che è nato a Maglie, città il cui stemma racconta “dalla leggenda alla verità storica”, e concludi che resta un grande AMICO.

L’incontro con il regista, autore, attore di teatro (ci tiene a specificare “di teatro”, la cui precisazione mi fa venire in mente la frase “Il teatro d’avanguardia è quello di domani … ma lo fanno vedere oggi”; scusami direttore constaterai quanti avranno da ridire su questa semplice “amenità”) e fondatore della Compagnia Puglia Teatro, avvenne una domenica di gennaio del 2015: Rino in quell’occasione mi fece i nomi a voce di tutti i protagonisti del suo libro, che io riporto in ordine alfabetico così come decisi di inserirli nel testo che vide la luce a maggio 2015: Giorgio Aldini, Enrico Annoscia, Gina Barbone Toller, Gino Boccasile, Mario Cavalli, Michele De Giosa, Rosa Di Napoli, Matteo Fantasia, Beniamino Finocchiaro, Tommaso Fiore, Vittore Fiore, Pietro Lombardi, Gino Lo Russo Toma, Nicola Manzari, Vito Maurogiovanni, Hrand Nazariantz, Ernesto Quagliarello, Nicola Saponaro, Gaetano Savelli, Armando Scaturchio, Pasquale Sorrenti, Raffaele Spizzico e Carlo Vitale.

Ora vi riporto alcuni sintetici passi del libro scritti per giustificare ai lettori di “Bari così” il mio intervento che intitolai “Per Rino”:

“Quando Bizzarro mi ha consegnato Bari così era proprio una di quelle giornate così così, in cui ritieni, con quella saggezza conquistata con il lavoro quotidiano, che il pareggio sia un risultato appagante… quasi una vittoria. In verità avrei voluto a questo punto inserire un epigramma di mio conio, come afferma nel suo brillante intervento Vincenzo Di Mattia, ma il talentuoso drammaturgo affonda il suo fioretto toccandomi épater le bourgeois, che mi paralizza ben oltre le mie croniche artrosi.

La storia si ripete: gli epigrammi di Plinio e Marx sono summa prudentia, quelli di un Gio.Ca qualsiasi colpi di teatro. Caro Di Mattia, purtroppo ci siamo conosciuti poco e tardi, e anche Chaplin, partito con il cinema muto, dovette ammettere che si poteva approdare al sonoro senza traumi. Comunque, il tuo affettuoso e amichevole, in questi dieci anni siamo diventati Amici, “stravagante” cercherò di meritarlo tutto.

Vincenzo Di Mattia è autore di una geniale e drammatica pièce dal titolo Petruzzelli (i personaggi di questo lavoro in due tempi portano i nomi bizzarri di ALFA, IL MESSAGGERO, L’INNOMINATO e OMEGA che, al termine della rappresentazione, deluso, spegne la candela… in un modo fuori dal comune che a me pare sinonimo di “stravagante”), che è stata pubblicata in un testo, cui il tempo renderà il giusto merito, dal titolo SU IL SIPARIO (Levante, Bari 2005), curato da Bizzarro e che fu presentato due lustri fa presso l’Università di Bari: in quella circostanza ho conosciuto Di Mattia, l’uomo famoso per aver “inventato” per la RAI l’appuntamento degli italiani con il teatro, il favoloso venerdì dedicato a De Filippo, Goldoni, Pirandello ecc. ecc.

Molti si staranno chiedendo perché questo sipario dedicato a un libro d’annata? Nel 2005, anno d’uscita del libro, Rino aveva qualche problema di salute, come tutti. Gli originali erano nelle mie mani da qualche settimana, mancava solo il testo di Giancane. Un pomeriggio Anna, la dolcissima donna che da sempre è moglie-mamma-amica-compagna di lavoro di Rino, venne a trovarmi e, con lo sguardo fiero e luminoso che solo le donne innamorate sanno avere, mi disse: “Gianni, sei tu la medicina di Rino”. La cosa mi spiazzò perché da sempre il mio entourage (dedicato a Di Mattia) mi rimproverava di lavorare per farli andare dal medico, e ora una donna mi diceva che ero il medico: chi mi conosce sa che sono indifeso non per scelta, ma per forma costituzionale.

Velocemente preparammo le bozze e tutti i protagonisti di SU IL SIPARIO ebbero quindici giorni per rivedere i loro lavori: furono tutti molto puntuali, anzi Nicola Saponaro rispose dopo appena 24 ore. Una mattina, incontrato Carlo Fusca in via Villari, luogo in cui è situato lo studio, gli feci finalmente la cortesia di entrare nel suo regno e gli “scippai” il dipinto Cavaliere che apre il sipario, che diventò l’affascinante copertina del libro. Più che un colpo di teatro, un colpo di fortuna: almeno questo è il mio punto di vista ogni volta che il mio sguardo plana sul volume. Tre settimane dopo mandai alcune copie del libro a casa di Rino e una domenica di gennaio 2006 un Bizzarro, sciupato, felice, guarito, mi venne a trovare regalandomi un abbraccio silenzioso, nella sua prorompente innocenza.

Torniamo al libro Bari così, che per Rino era da considerarsi “chiuso” con i 23 protagonisti. Così è se vi piace! Qualcosa non mi convinceva, ma in maggior misura ero persuaso che dovevo cercare qualcuno che fosse in grado di illustrare il percorso di Rino in questi anni. Chiedere all’interessato? Idea da scartare! Da quel tipo di orecchio non ci sente, e non solo in senso metaforico. Ecco allora la decisione di inviare un messaggio, quello che Di Mattia definisce “stravagante”, a coloro che mi risultava avessero condiviso con il Nostro sogni e attese: Francesco Bellino, Vincenzo Di Mattia, Daniele Giancane, Vito Maurogiovanni presso Levante, Michele Mirabella ed Egidio Pani. Il primo a rispondere, entro 48 ore, Mirabella; l’ultimo Bellino.

…………

Molti si chiederanno: “Maurogiovanni, presente sia tra i protagonisti che tra coloro che hai chiamato ad esternare su Bizzarro, come hai fatto a contattarlo… dato che ha abbandonato la vita terrena sei anni fa?” La risposta è stata già elargita nel volume di Vittorio Polito Baresità, curiosità e… (Levante, Bari 2009), ma la ripeto: “…sono in rapporti continui con Vito, grazie a una caravella speciale che due volte al mese fa la spola tra cielo e terra, avendo ai comandi due nocchieri di grande perizia, Coline e Mariette, che hanno sempre goduto della piena fiducia dello scrittore di Come eravamo (Levante, Bari 2005) e personalmente mi hanno sempre affascinato per semplicità e candore. Tramite loro, Vito mi ha segnalato lo scritto dedicato a Rino, che è di una disarmante attualità. In sintesi si tratta di una presentazione stilata da Maurogiovanni per un libro che Rino pubblicò nel 1973 a Pisa, presso Giardini Editori e Stampatori, avente per titolo Il luogo e il tempo.

L’autore di Cantata per una città (Levante, Bari 2002), oltre alla consueta disponibilità verso le nuove generazioni, nel nostro caso, dimostrava di aver captato che al suo cospetto vi fosse un attore con il virus del palcoscenico. Due volte in quegli anni ho accompagnato Maurogiovanni ad assistere a spettacoli di Bizzarro in luoghi che proprio un senso teatrale, per dirla alla Vasco, non avevano… ma avevano il sacro fuoco che la vera passione alimenta. Vito, che in fondo alla ragione si sentiva attore mancato, aveva capito che quel giovane con i capelli lunghi e ben curati avrebbe, comunque, realizzato il suo sogno”.

Fin qui la parte estrapolata dal libro Bari così, ma per la prima volta ammetto che interpellai pure Beppe Lopez, che di Rino come del sottoscritto era amico, per un suo intervento “Per Rino”, anche perché forse era stato quello che, negli ultimi anni ’60 e inizio ’70, aveva frequentato più assiduamente Bizzarro. Beppe era molto occupato e non potevo aspettare i suoi tempi senza scadenza, ma gli riferii che avrei parlato di Moresca, la commedia-show satirica da lui ideata. Onde evitare errori e omissioni gli chiesi di inviarmi la composizione della compagnia che curò la prima assoluta, per cui riporto integralmente il testo della sua mail: “La cooperativa Puglia Teatro ha rappresentato Moresca di Beppe Lopez, giovedì 17 febbraio 1977, nel Teatro Officina di Bari. In scena gli attori: Nico Anelli, Rino Bizzarro, Enzo Cadau, Vittoria De Bellis, Gianni Errico, Tonio Lopez, Francesco Paolo Marazia, Paola Martelli, Francesco Moretti, Teodoro Signorile, Emanuele Valentini, Giulia Veneziano e Nino Blasi. Regia del collettivo”.

Probabilmente i 23 personaggi cui Rino non ha regalato encomi sperticati, ma ha descritto le loro qualità con parsimoniosa obiettività, dal luogo in cui oggi sono confinati, staranno indugiando su un pensiero: mai avrebbero osato immaginare che quel “volenteroso apprendista” un giorno avrebbe reso loro un significativo omaggio.

Concludo con l’intellettuale Vittore Fiore, che, rispondendo a delle precise domande di Bizzarro sul matrimonio, parla di bellezza, richiamo della pelle, figli e poi, con umile equilibrio, afferma: “Adesso parliamo di cose futili, parliamo di poesia; sei venuto per questo, no?...”


Prime de tutte…

M’avita perdonà pe’ chessa mattezze
Jì non so ma’ scritte puasì in dialette,
E ci sape quande me n’hanne discde
Chidde ca ne sapene chiù de me:
M’avonna gastemà pe’ cusse fatte!
Ma la puasì chessa volde,
(ci so puas’, almene nu picche,
chiss’e quatte fascidde de la vita me’)
s’ha presentade adacsì
e jì non so petute fa nudde.
Ava jesse ca stogghe a fa vecchje,
o pot’esse pe’ qualche alda raggione,
non u’sacce: po’esse state pure chessa terre
ca m’ha chiamate a jì non so sapute
starme citte de chiù.
M’avite perdonà: chessa mattezze
remane ddò asselute,
jinde a cusse libbre: v’u ggiureche!

Premessa

Chiedo venia per questa divagazione
Non ho mai scritto poesie in vernacolo
e gli esperti del settore
certo avranno di che lamentarsi
e rimproverarmi aspramente.
Ma la poesia questa volta,
(se sono poesia, almeno un poco,
queste quattro scintille della mia vita)
si è presentata così
e non ho potuto farci niente.
Sarà che sto invecchiando,
o sarà per qualche altra ragione,
non so: forse è stato un estremo
richiamo ancestrale di questa terra
A cui non ho saputo resistere.
Comunque perdonatemi: la divagazione
resterà un caso isolato,
Fra queste pagine: lo giuro!

Da Rino BIzzarro "SPUNDAPETE" - Poesie in vernacolo con traduzione (Levante, 1998 Bari)

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto