MILANO – Emergono nuovi e inquietanti dettagli sull’inchiesta della Procura di Milano riguardante una presunta organizzazione criminale responsabile di furti di dati da banche dati riservate. Il gruppo, composto da hacker ed ex membri delle forze dell’ordine, avrebbe agito con appoggi di alto livello in ambienti della criminalità mafiosa e dei servizi segreti, anche stranieri. Questo è quanto emerge dalle dichiarazioni del pm della Dda, Francesco De Tommasi, che descrive come “la rete di contatti del gruppo permettesse loro di vantarsi di poter intervenire su indagini e processi”.
Secondo le indagini, l’organizzazione era legata alla società Equalize e strutturata in una configurazione “a grappolo”, in cui ogni componente aveva a sua volta contatti nelle forze dell’ordine e nelle amministrazioni pubbliche, funzionali alla raccolta illecita di dati sensibili. La Procura ha avviato approfondimenti per verificare la possibilità che queste informazioni siano state vendute all’estero, alimentando un traffico internazionale di dati.
Le intercettazioni con Calamucci: rapporti con i servizi segreti
Dalle intercettazioni emerge il ruolo di Nunzio Calamucci, considerato il braccio destro dell’amministratore delegato di Equalize, Carmine Gallo. Ex poliziotto, Calamucci affermava di avere contatti sia con i servizi segreti “deviati” che con quelli “ufficiali”, sottolineando la necessità di camuffare le fonti dei dati raccolti. In un’intercettazione, Calamucci afferma: “Abbiamo la fortuna di avere clienti top in Italia, contatti tra i servizi deviati e i servizi segreti seri ce li abbiamo, di quelli lì ti puoi fidare un po’ di meno... ma fanno chiacchiere che devono diventare prove, e quando cresci, crei invidia.”
Calamucci, arrestato nell’ambito dell’inchiesta, è emerso come figura centrale nella gestione e nello sfruttamento dei dati raccolti.
Il “buco” nei server del Ministero dell’Interno
In una intercettazione dell’ottobre 2022, Calamucci rivela la possibilità che il gruppo avesse violato i sistemi del Ministero dell’Interno attraverso un virus informatico e l’infiltrazione di persone di fiducia. Secondo Calamucci, tale accesso sarebbe stato garantito per un periodo limitato: “Ancora per poco per noi è un vantaggio enorme... scarichiamo più dati possibile”, lasciando intendere una corsa contro il tempo per acquisire informazioni prima che il sistema venisse aggiornato. La presunta infiltrazione sarebbe stata agevolata dai “fabbri”, ossia tecnici che avrebbero fornito le chiavi d’accesso necessarie.
Il deposito di dati riservati
Calamucci aveva a disposizione un hard disk contenente 800mila dati Sdi, ossia informazioni sensibili acquisite dalle banche dati delle forze dell’ordine. “Ottocentomila Sdi, c’ho di là”, afferma Calamucci in un’intercettazione, riferendosi a una mole di dati pari a circa 15 terabyte, che comprendeva anche “sei, sette milioni di chiavette”. Secondo quanto riportato dagli inquirenti, si tratta di una mole di informazioni straordinariamente ampia, con contenuti potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale.
Il riferimento all’email del Presidente Mattarella
Un dettaglio ancor più grave emerge da un’altra intercettazione: nell’ottobre 2022, Calamucci avrebbe alluso alla possibilità di aver intercettato, o addirittura clonato, un indirizzo email appartenente al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Abbiamo spedito a venti persone, più tre mail, una intestata a Mattarella con nome e cognome”, afferma Calamucci. Sebbene questa intercettazione sia l’unica agli atti a fare riferimento al Presidente, gli investigatori stanno vagliando attentamente ogni aspetto.
L’inchiesta, portata avanti dalla Dda di Milano, cerca ora di fare luce sui legami e sulle collaborazioni dell’organizzazione, determinata a sfruttare falle nei sistemi informatici e contatti privilegiati per ottenere e utilizzare dati sensibili su larga scala.